domenica 18 dicembre 2011

Il Natale si avvicina...

...ma davvero di soppiatto, tanto è vero che a malapena me ne accorgo. Non bastano il CD natalizio, le due (2) palline appese ai cassetti del mobiletto della zia e i vari knicks knacks da assemblare in strenne. Non mi sento proprio nello spirito festivo. Fuori snevischia, nemmeno un tentativo serio di neve (stamattina c'era il sole)... ci sarebbero i rami da sgomberare dal giardino, ma figuriamoci se mi metto a farlo ora!
So solo che ho voglia di tornare a Bologna, di staccare davvero per un po', per dichiarare ufficialmente chiuso il 2011. Voglio stare stare un po' con la mamma, con la famiglia, con gli amici. Chissà come mai, non riesco mai a concedermi di essere stanca - mi sembra sempre di fare molto meno di quello per cui avrei energia sufficiente, ma in realtà questa fine di anno è stata pesantuccia emotivamente. Avrei bisogno di qualcosa di bello e luminoso, che non abbia ombre, per ricaricarmi un po', ma, ahimè, per ora non sembra esserci granchè che si qualifichi... Per fortuna, dosi massicce di tortellini sono sempre la mia migliore cura palliativa.

lunedì 12 dicembre 2011

Denver

The Brown Palace

Elway's in the Ritz Carlton


The Capitol of Colorado

Il DAM di Giò Ponti

Il DAM di Libeskind

La galleria Olivetti
Finalmente, alla mia terza visita, sono riuscita a vedere il centro di Denver. Beh, diciamo che non è che valga il viaggio, ma ha qualche pregio: ad esempio il Denver Art Museum (segnalatomi da Michele) - a parte i due edifici, disegnati rispettivamente da Giò Ponti e da Daniel Libeskind, le collezioni sono molto belle: i dipinti (un po' romanticoni) degli artisti innamorati del mito del Selvaggio West, ma anche la collezione orientale, con bellissimi accostamenti fra le rappresentazioni di GuanYin, Avalokiteshvara e Kannon... Da ricordare l'angoletto di omaggio al design della Olivetti...
Dopo una settimana di galera ad Highlands Ranch, mi ha fatto proprio piacere che il mio capo proponesse di trasferirci in un hotel, il Brown Palace, nella downtown. Venerdì sera, dopo l'ultima giornata di battaglia in ufficio, a pranzo saltato, ci siamo trattati bene cenando da Elway's, steakhouse molto trendy di proprietà dell'omonimo quarteback dei Broncos. La carne era davvero stupenda, l'ambiente, molto ganzo, il livello dei decibel, spaventoso.
Al sabato mattina, colazione veloce, prima che iniziasse in hotel (uno degli hotel storici d'America) Breakfast with Santa, attrazione natalizia per grandi e piccini (penso a prezzi tutt'altro che popolari, visto quanto ho pagato per un paio di crepes...) - quando già la densità di dipendenti e fiancheggiatori vestiti in rosso e bianco era pericolosamente alta, sono uscita per la mia passeggiata.
Non tanta gente in giro di sabato mattina: il luogo degli acquisti nella downtown è un tristanzuolo 16th Street Mall, che pullula di negozi di souvenir. Per gli acquisti di taglio un po' più Europeo, bisogna andare in taxi a Cherry Creek, non esattamente a quattro passi. Ho potuto ammirare il "Campidoglio" del Colorado, la City Hall e uno sparuto gruppo di indignati di Occupy, sorvegliati a distanza da un gruppo quasi altrettanto numeroso di poliziotti in bicicletta. La temperatura era fortunatamente risalita, il cielo era di un azzurro stupendo, le Montagne Rocciose emergevano coperte di neve in distanza... una bella giornata, dopo una settimana di grande tensione.
Tornare a casa, mai stato così bello.

venerdì 9 dicembre 2011

Squartamento

Chissa’ come mai, ma a volte mi vengono acuti attacchi di riflessivita’ che mi sprofondano in elucubrazioni anche piu’ involute e melmose del solito. Niente di triste, questa volta, ma sicuramente alcuni leitmotiv cominciano ad emergere dalla visione della mia vita finora, che comincia ad essere gia’ piuttosto lunga – lo dico senza patemi, tipo: oddio sto invecchiando, la pelle del collo non e’ piu’ quella di una volta, etc.
Ho sempre detto che negli eventi ci sono schemi piu’ o meno ripetitivi che mi balzano agli occhi con una tale evidenza, da farmi pensare di soffrire di qualche disturbino alla John Nash. Non mi riempo la casa di ritagli di giornale, non vedo Men in Black dappertutto, ma sicuramente individuo meccanismi che collegano situazioni apparentemente slegate.
Prendiamo il mio caso, la mia vita: lo schema ripetitivo si chiama Squartamento.

  • Ho lavorato quasi tutta la mia vita in ambienti Corporate – ma se c’e’ un modello in cui non mi riconosco e che mi ripugna, ho scoperto, e’ proprio quello della Corporation.
  • Ho passato la maggior parte della vita con il lavoro e la carriera come guida e mi accorgo adesso che non me ne frega proprio niente sia dell'uno, sia dell'altra.
  • Non ho mai sopportato la Sinistra, ma la Destra mi disgusta al punto tale, che preferisco farmi dare della sinistrorsa (bleah).
  • Adoro viaggiare, vedere posti nuovi e prendere aerei, ma sento una nostalgia bruciante di ogni luogo in cui ho vissuto (Bologna, Ravenna, Legnano, Ruesselsheim, Utrecht)
  • Mi piace sentirmi estranea, ma mi fa piacere se la cameriera in hotel si ricorda di come voglio il caffe’ e provo gusto a ritornare nei luoghi e ricordare la strada.
  • Tutta la mia vita infantile (e probabilmente un bel pezzo di quella da adolescente) e’ stata basata sulla frustrazione di non potere seguire la carriera militare, ma posso tranquillamente dire di nutrire una totale indifferenza (disprezzo?) verso la gerarchia.
  • Ho idee precise sul tipo di relazione/partner che vorrei, ma ho continui battibecchi con me stessa perche’ mi inchiodo sempre su lampanti esempi di negazione del modello.
  • L’idea di essere intrappolata in un matrimonio mi fa genuinamente orrore, ma darei un braccio perche’ qualcuno mi guardasse dritto negli occhi e mi dicesse “Voglio proprio te”.
  • Sono sempre proiettata verso il futuro, il domani sempre meglio dell'oggi, ma ho un culto quasi religioso del passato. La memoria troppo buona e' una zavorra insopportabile, a volte.
E via cosi’, allegramente strattonata in direzioni opposte, al limite della tortura – e talvolta, ben oltre il limite medesimo.
Quanta energia costi il bilanciare tutte queste spinte contrastanti, lo lascio immaginare. A volte mi rendo conto di aspettare che un lato finalmente prevalga e che lo strazio di tener duro finisca.

L’unico aspetto della mia vita che di contrastato non ha nulla, e’ il Kendo. Piu’ di una volta mi sono detta: Voglio vivere esattamente come faccio Kendo – e in realta’ ci provo seriamente. Quello che mi manca ancora pero’ e’ la percezione emotiva delle cose, il kimochi del Kendo. Se potessi sentire la vita come sento il Kendo, ci sarebbe ancora spazio per la fede, per l’ottimismo, per il progresso continuo, per l’amicizia distaccata e sincera, per il gusto di dare illimitatamente, con la certezza che non il singolo, ma l’intero insieme sara’ beneficiato e riconoscente. La visione sarebbe chiara, limpida e, mi vengono i brividi a dirlo, gioiosa. Non c’e’ da stupirsi se continuo a fare Kendo da 27 anni. Grazie al Kendo, conto di riuscire a “riunificarmi”, ben prima di andare in mille pezzi, come fa tanta gente della mia eta’, esplodendo con, o senza, il botto.

Le gioe del digiuno

Qualche mese fa, ricordo di aver avuto una conversazione (in un luogo abbastanza incongruo, in un'auto parcheggiata davanti alla stazione di Bologna) riguardo agli Stati Uniti. Diciamo che le posizioni non potevano essere piu' lontane: il mio interlocutore si diceva affascinato o perlomeno interessato alla cultura americana, alla sua grande capacita' di osare, di credere, di realizzare. Io negavo addirittura che di cultura si trattasse. Un canovaccio abbozzato di pratiche raccogliticce, di ipersemplificazioni enfatiche, di superficialita' cosparse di porporina: ecco la "s-cultura" americana per me. L'arrivo della persona che stavamo aspettando interruppe le nostre considerazioni, ma certamente non saremmo riusciti a trovare un punto di accordo su questo specifico argomento (nemmeno su altri, probabilmente, ma quella e' un'altra storia).
Standomene qui nel nulla pneumatico di Highlands Ranch, gli Stati Uniti continuano ad manifestarsi come la Terra dei Nessuno. Gli atteggiamenti da cowboy di certi managers di qui, o l'orrido taglio della giacca della (simpatica) collega Legal, o l'odiosa ostentazione di familiarita' del personale dell'hotel - mi fanno raccapricciare. E poi, su tutto, l'Immondo Estremo: il cosiddetto cibo americano. Voglio tornare a casa, davvero.
Non parliamo delle quantita' da camallo che componevano le insalate o i sandwich che la segretaria (dal sorriso sintetico) ci procacciava all'ora di pranzo. Non cito nemmeno i bidoni di insapore Diet Coke, talmente foderati di ghiaccio da fare affondare il Titanic. Stendo un velo pietoso sulle Buffalo Wings di due sere fa, che mi hanno fatto gonfiare le labbra che nemmeno Alba Parietti...
Ieri sera, cena nel miglior ristorante della zona, Indulge. Carino, niente da dire. Cibo, piu' che decente. Ospiti di un collega un po' agee', un gentiluomo del Sud, ci siamo lanciati sul menu' da quattro portate, con accompagnamento di vino al calice per ogni piatto.
Si inizia con un bisque. Delizioso. Arriva il vino: un Pinot Grigio AMABILE. Spaventoso. Ok, arriva il secondo, un'insalata, io salto, ma mi arriva lo stesso un bicchiere di bianco che si potrebbe tagliare con una motosega - per Bacco, che gli hanno fatto mai? un vino puo' essere un OGM? o un figlio di Frankenstein?
Arrivano le mie cappesante, adagiate su un fondo di cous cous profumato di arancio. Succulente e squisite. Cosa mi ci portano insieme? un Cabernet Sauvignon duro come il carbonio, cosi', senza nemmeno un moto di vergogna!
Chiudiamo con il dessert: una torta al cioccolato a cinque strati da far ingolosire persino Nigella Lawson, porzione sufficiente per quattro persone. Che ci accompagnano? un Brachettino sbiavdo e tristanzuolo. Indulge e' si definisce un tapas bar, ma esibisce con orgoglio la propria riserva di vini come pièce de résistance - avrei voluto piangere.
A parziale consolazione, la collega Legal di oggi mi ha portato a pranzo (in realta' la segretaria dal sorriso polimerizzato mi aveva gia' portato una zuppina a base formaggio che avrebbe fatto la felicita' di qualunque tappezziere). Visto che lo stomaco era gia' impermeabilizzato al silicone grazie alla zuppina, ho preso solo un dessert: una specie di Ringo palestrato al sapore di zucca. Lo chiamano Whoopie Pie. Non era male. Quando ho raccontato a Doran della cena della sera prima, mi ha servito un succulento pezzo di gossip locale: pare che Indulge sia un notorio swingers' club. Wow, non male per essere nel mezzo del niente, Highlands Ranch si qualifica vicino a Sodoma e Gomorra, nel ranking americano.
Fatte le dovute considerazioni sul mio ranking personale, sono contenta che stasera si stia in hotel. E che si digiuni. Con gusto.

giovedì 8 dicembre 2011

La sindrome di Lady Hawke

E cosi' io mi sveglio e gia' la giornata e' passata, si e' gia' oltre l'ora di pranzo - in un batterdocchio sono le sette di sera e ormai tutti sono andati a casa. Arrivo in hotel ed e' notte fonda. Quando torno dal ristorante, probabilmente tutti sono gia' in strada per andare a lavorare.
Otto ore di fuso di differenza sono un vero incubo - i ritmi fra America e Europa sono sfasati in un modo cosi' perverso che la distanza sembra ancora piu' grande. Niente di tutto cio' in Brasile o in Cile, che continuano a rimanermi piu' simpatici di questo paese a stelle e strisce, che davvero esercita su di me lo stesso fascino di un tupperware.
E cosi mi dibatto nella sindrome di Lady Hawke, condannata a essere me stessa quando quel bel fustacchione di Navarre diventa lupo, ed essere falco quando lui riprende forma umana. Ora, bei fustacchioni intorno non ce ne sono tanti, ma almeno quella compagnia che posso farmi i miei amichetti di Facebook, quella si' che viene a mancare di schianto!

In ufficio, Facebook non funziona. Per fortuna che c'e' Skype, per un saluto veloce alla Livia, per i mille messaggi di Dina o per le chiacchiere con Paolino (che a volte fa il furbo) - ma la finestra fra la notte e il giorno e' limitata e piu' in la' di un rapido scambio non si puo' andare.

Quindi in questi giorni in cui avrei bisogno di vigorose coccole almeno virtuali, ho intorno solo il mio capo (un altro tupperware) che perlomeno, va detto, ha cambiato drasticamente atteggiamento nei miei confronti - sembra quasi che il colloquio fatto con lui abbia avuto un esito positivo. Quanto durera', non lo so, ma adesso ho una chiave di lettura e so come raddrizzare la situazione, se dovesse riprendere una brutta piega.

Domani, ultimo giorno completo di lavoro: venerdi' abbiamo la riunione di wrap up e poi a mezzogiorno siamo liberi. Sabato, shopping. Domenica alle 14, Schiphol. Mi frego il fine settimana, ma e'  meglio che fregarsi tutta la settimana dopo!

martedì 6 dicembre 2011

Sia dannato Farenheit (con un'acca sola, per sfregio!)

 



Cinque minuti secchi di strada fra hotel e ufficio; una passeggiatina da niente, ma che lascia a bocca aperta la segretaria americana, che cinguetta "Oh, siete cosi' Europei!", solo perche' ci rifiutiamo di prendere un taxi o noleggiare un'auto per questo micropezzetto di strada.
Io sapevo che le temperature sarebbero arrivate verso i meno 20 centigradi (che sarebbero i meno 6 Farenheit), quindi non temo niente: scarponi da lumberjack, piumone con cappuccio, sciarpa, guanti. Certo il ghiaccione non mette voglia di correre, ma almeno non dover dipendere dal taxi e' una bella cosa.
Che si fa dopo una giornata noiosa in ufficio (doveva scoppiare la terza guerra mondiale, ma non essendoci il cane piu' grosso in circolazione, tutto si e' accomodato nella calma piatta)? sapendo che con buona probabilita'  ce ne torneremo una settimana prima, mica mi lamento, se si tratta di cenare in camera. Usciremo domani sera, con un paio di colleghi (se il loro managers li autorizzano a parlare con noi, sic!) - in qualche ristorante piu' o meno insignificante della zona. E stasera, cosa scelgo dal menu'? Fettuccine Alfredo? Chicken wings con tre tipi diversi di salsa? Roba chicana? Veramente la scelta mi fa scappare la fame, vediamo se davvero mi convinco a ordinare qualcosa.
E' una buona occasione per studiare - in televisione, football americano. E' lunedi'...

lunedì 5 dicembre 2011

In volo verso Denver


Uno dei lati piu’ piacevoli della business class British Airways e’ la buffa disposizione dei sedili. Se si conquista al check in un posto vicino al finestrino, si ha la possibilita’ di creare il proprio angolino privato. Manca uno specchio o un gancio per la giacca o un piccolo ripiano per mettere gli occhiali al sicuro mentre si dorme, ma per il resto uno schermo ti separa dal vicino e almeno tre finestrini offrono luce in abbondanza. Il poggia piedi e’ comodo, il comando dell’entertainment system e’ un agile touch screen, il cassettino per le scarpe e’ un plus. Ci si sistema con coperte e cuscini e via, il nido e’ fatto.
Sotto, un mare di ghiaccio e di neve. Ci hanno detto che la rotta sarebbe stata molto settentrionale, per evitare i venti sull’Atlantico: infatti l’Islanda e la Groenlandia sono sfilate sotto l’aereo. A Denver troveremo un freddo polare. OK, sono attrezzata, o almeno lo spero.

Mi sono vista Cowboys and Aliens (Daniel Craig e Harrison Ford completamente sprecati), un estratto da Golfing World, un episodio di Blackadder... ho cominciato a razionalizzare lo studio delle Sacre Regole, me le lavorero’ una per una, da The Game a Disputes and Decisions. Il manzo del pranzo era ottimo, accompagnato da un discreto Saint-Emilion, conto molto sulla colazione che arrivera’ fra poco.

Tutto bene finora. Peccato che le prossime giornate lavorative saranno tutto tranne che riposanti. Non siamo nemmeno certi riguardo a quando torneremo: potrebbero augurarci buon viaggio prima delle due settimane previste – e se questo accadesse, certo non avremmo una grande motivazione a rimanere del mezzo del nulla, dove ufficio e hotel si trovano. E’ una situazione a dir poco interessante: mi trovo tutto sommato in seconda linea in una bella guerra di potere, sono curiosa di vedere come si sviluppera’. Dubito possano esserci vittime permanenti, ma la mia posizione e’ comunque defilata e per una volta, questo mi sta bene.

Una cosa e’ certa: due settimane di pena, forse meno, non potranno cancellare il fatto che Natale e’ dietro l’angolo: me ne torno a Bologna, vedo amici e famiglia, e soprattutto chiudo quest’anno cosi’ complicato: iniziato in un alone trionfale, precipitato in delusione e rabbia, terminato in sottotono, per quanto con qualche piccolo acuto. Mi piace l’idea che con l’anno si chiuda formalmente un periodo (alla faccia della assoluta mancanza di significativita’ del calendario, con buona pace dei Maya) e che si possa tirare una riga. Per il 2012, ho piani precisi, ma anche desideri precisi. Non vedo l’ora.

sabato 3 dicembre 2011

Sinterklaas



Oggi bel sabato in giro per spese. Fleur mi è venuta a prendere, siamo andate insieme a Spakenburg, dove si trova lo showroom di uno degli installatori di finestre che mi ha fatto un preventivo. Ne ho visti 4, mi sono resa conto che la cosa costa e quindi adesso mi prendo il tempo per decidere a chi voglio far fare le mie quattro belle finestre del piano di sopra. Una mezza idea comincio ad averla, non sono sicura di voler pagare quasi 450 euro in più per fare una perfetta riproduzione delle finestre tradizionali, ci penserò intensamente e terrò gli occhi saldamente sul conto.
Comunque, dopo aver visto cosa in concreto significavano le diverse opzioni disponibili e aver bevuto il cappuccino con gli amaretti offerto dal signore delle finestre, Fleur ed io ci siamo avviate verso il centro di Spakenburg. Un grazioso villaggio di pescatori, che una volta fronteggiava il tempestoso Zuiderzee, ora se ne sta appollaiato sulla riva del largo canale che lo separa dalla provincia del Flevoland, l'isola che non c'era e che adesso c'è. Questa cosa della provincia artificiale, che non era nemmeno sui miei libri di scuola quando facevo le elementari, mi fa impazzire ogni volta: ho una ammirazione sconfinata per quello che gli Olandesi riescono a fare quando si mettono in testa qualcosa.
Abbiamo passeggiato per il mercato e abbiamo incontrato Sinterklaas accompagnato da un paio di Zwarte Piet. Stasera è Pakjesavond, ma io ho avuto un anticipo giovedì da Jennie e Monique e stasera me ne sto sola soletta a casa. Mi guarderò Alles is Liefde in televisione. In fondo ho portato a casa qualche pacchetto anche io: due paia di pantaloni (carucci, anche se in saldo) taglia 40 (quaranta) - le taglie olandesi sanno regalare delle emozioni... - e un bel router per avviare il wireless in casa, così elimino il cavo e inauguro una stagione di chat direttamente dal letto (visti gli orari che faccio di solito)... 
La valigia deve essere ancora chiusa, traboccante come è di abiti pesanti per affrontare i -17 C (meno diciassette centigradi) di Denver: ho deciso quali libri portare con me: la biografia di Judi Dench e le Regole del Golf rinnovate. Che poi io resca a leggere e a studiare, questo è un altro conto e dipenderà da quanto spirito serale mi resterà dopo le lunghe ore di ufficio con gli ostili colleghi americani.

martedì 29 novembre 2011

Domani meglio di oggi

Dopo la conversazione con il mio capo – che ha detto che mi dara’ un giudizio BUONO (e che quindi non ha alcuna intenzione di farmi fuori) – diciamo che il futuro mi pare gia’ piu’ roseo. So benissimo che e’ una pura illusione, che avro’ altri momenti di grave insofferenza, perche’ non si drizzano le gambe ai cani, ma il fatto di avere il mio posto di lavoro stabile e garantito per almeno un altro annetto e’ una realta’ incontrovertibile. Almeno mi sento piu’ incoraggiata ad essere me stessa e qualche paletto mi sento piu’ autorizzata a metterlo, capo o non capo. Avrei dovuto farlo molto prima, ma sono diventata molto prudente. Posso confidare sul fatto che so bene come funziono, quando tutte le mie molecole si orientano magneticamente in una certa direzione, qualcosa succede e di solito e’ quello che voglio che succeda.


Ora, come il condannato a morte che viene improvvisamente graziato, il futuro si allunga di nuovo davanti a me e ovviamente tutti i miei piani diventano improvvisamente progetti concreti, a cui posso attribuire una data, un costo, un pool di risorse. E poche cose mi danno soddisfazione come i piani, consapevole restando che oggi sono qui e domani, chi lo sa?

Allora, scatta l’operazione Aumentiamo il valore della casa.

1) Nuove finestre con i doppi vetri (due preventivi richiesti, altri due in arrivo) per stare piu’ al caldo e piu’ in silenzio.

2) La finestra (piu’ correttamente, all’olandese, un dakkapel) in soffitta, per poter avere piu’ luce, piu’ aria e piu’ spazio e per stivare oggetti e cianfrusaglie, ma anche abiti fuori stagione, valige e chissa’ che altro.

3) Il giardino ridisegnato – il papa’ di Fleur, che e’ in pensione, ma che lo faceva di mestiere, potrebbe disegnarmi qualche opzione e aiutarmi a realizzarlo. E qui la cosa si fa eccitante, perche’ fra le possibilita’ che sto valutando ci sono:
a) il giardino a bassa manutenzione
b) il giardino giapponese
c) il micro campo da golf (visto che il signore in questione e’ non solo un giocatore, ma di buche ne ha pure disegnate per dei veri campi da golf). Eh, voi pensavate che stessi scherzando, quando parlavo del Bramasole Golf Club!

Gia’ con questi tre progetti, il mio carnet sarebbe pieno. Ma chi puo’ accontentarsi? Nulla ha piu’ valore di cio’ che si fa per migliorare se’ stessi, e quindi:

1) NT2 = Nederlands als Tweede Taal – l’esame di Stato di Olandese, tanto per avere un altro diplomino che si mette da parte per i tempi in cui possa tornare utile

2) GVB = GolfVaardigheidsBewijs – il patentino per giocare a golf assieme ai “grandi”, il cui esame, almeno qui in Olanda, non e’ mica paglia: le regole sono solo un piccolo terzo del tutto e piu’ di una persona che conosco mi ha detto di averlo cannato piu’ di una volta (a 75 euro a botta)

3) Da giugno in avanti, maturo anche l’anzianita’ per provare (magari passare, ma quella e’ un’altra storia) il settimo dan. A novembre un saltino in Giappone?

E naturalmente, l’auto: meglio se il BUONO del capo si traduce in un aumento di stipendio, ma comunque ho in mente una piccola (ma cattiva) MiTo nera con gli interni beige e il motore diesel. A gennaio, test drive e si decide.

Avevo pensato di inserire nella lista anche la ricerca del Vero Amore, ma non so se mi avanza tempo. Ciononostante, ho avuto una di quelle straordinare epifanie (sic!) che ogni tanto mi aprono gli occhi e ho pensato che e’ opportuno che io cambi i miei criteri di selezione. Basta farsi abbacinare da uomini brillanti, intelligenti, colti, spiritosi e disgraziatamente anche belli: il primo criterio su cui fare screening deve essere necessariamente una totale, fedele, assoluta dedizione alla sottoscritta (io, poi, sono una brava persona e so che non riuscirei ad approfittarmene). Prima mettiamo sul tavolo quella, poi andiamo a vedere il resto. Sono certa che cosi’ non si puo’ sbagliare. E’ una rivoluzione copernicana, per me. Ma, cavolo, era ora di arrivarci.

sabato 26 novembre 2011

Sabato al campo

Oggi ho davvero messo le tende ad Amelisweerd. La giornata prometteva di essere asciutta, anche se non proprio soleggiatissima, quindi sono partita da casa ben coperta, ma piena di ottimismo. Sulla ciclabile che porta al campo si incrociano tutti gli sportivi: runners, amazzoni, ciclisti e giocatori di hockey che vanno in bici alla loro partitella, brandendo la mazza. Non mi sento affatto fuori posto a pedalare con i bastoni da golf sulla schiena.
Il primo cestino di palline mi ha ricordato subito che era da un pochino che non mi allenavo - ma alcuni tiri volano alti e dritti come non mai, probabilmente mi sento un po' meno legata a tutte le nozioni delle lezioni di Annemieke, cerco di mantenere la base, ma cerco anche di non farmi troppi pensieri. Se scarpazzo, cerco di non rimproverarmi, se colpisco bene, mi godo la mia bella soddisfazione. I miei putt stanno migliorando - un po' più di confidenza l'ho messa insieme, mi sforzo anche di allineare la freccina (o lo scarabocchio facente funzioni di freccina) tutte le volte ed effettivamente qualche risultato si vede.
Il giro del 9 buche non è andato niente male. Comincio a fare par (il mio record: 3 volte su 9 buche), più spesso arrivo sul green con il primo colpo (poi pasticcio con il gioco corto): se canno il primo swing, poco male, a volte sono riuscita ugualmente a fare 3 o 4. Oggi, per un pelo, non ho avuto il mio primo birdie - ma so che arriverà!
Un bel cappuccino di Filicori-Zecchini è stato il mio unico pranzo: ma dopo il primo giro, un po' di calore ci voleva. Sono ripartita subito per il secondo, che è stato meno brillante come punteggio, ma che mi ha regalato qualche bel tiruccio. Tanto per chiudere, un altro cestino di palline: e l'ultimo tiro è stato il più bello di tutti.
Oh, un bel pomeriggio: un po' di freddo, ma neanche tanto - la testa lontana dal lavoro, da qualunque tristezza. Le cose possono andare bene, prendendo la vita a piccole dosi.

Seratona

Che c'è di meglio di una bella serata con i Pirati dei Caraibi in TV e lo Statuto della mia azienda da leggere? tutti quei deliziosi articoli su capitale ed azioni, Consiglio di Amministrazione e Consiglio di Sorveglianza, Assemblea degli Azionisti e compagnia cantante?
Le giornate passate a casa a lavorare continuano a non piacermi. Non sono produttive nei momenti giusti e comunque sia non si sa quando inizino e quando finiscano, per quanto subiscano frequenti interruzioni per il pranzo, per la spesa, per il postino che fa una consegna etc... tutto il giorno sul divano, più o meno, a controllare la posta e a ricevere buffe telefonate dalla segretaria più confusa del mondo...
Fra poco rimpiangerò questa quiete, lo so... in mezzo alle nevi del Colorado con quello yeti del mio capo...

mercoledì 23 novembre 2011

Passi avanti

Oggi ho fatto un altro decisivo passo avanti secondo un piano che ho stilato da tempo e che, per mancanza di tempo, ma anche per sana pigrizia, ha avuto qualche significativo rallentamento.
Rifare le finestre del piano di sopra e mettere i doppi vetri, per isolare contro freddo e rumore: avrei dovuto farlo molto prima, ma poi mi sono lasciata travolgere dagli eventi. Oggi l'omino della ditta che Jennie mi ha raccomandato è venuto a fare un primo sopralluogo, mi ha fatto un preventivo al volo e, anche se si tratta di un discreto gruzzoletto, ho pensato che l'investimento meriti. Avrò 4 nuove finestre che finalmente si aprono verso l'interno, senza tanti bizzarri meccanismi che sono retaggio della veneranda età della mia casa. Il tutto si concretizzerà in febbraio o giù di lì, ma chi ha fretta? ho avuto pazienza finora, ne posso avere un altro po'. Poi ci vorranno le tende nuove... ma quella è un'altra storia e si racconterà un'altra volta.

Il 2012 ha già una lista così di buoni propositi: comprare l'auto, fare l'esame di Stato di Olandese, prendere il patentino per il golf... se poi volessimo menzionare che nel 2013 potrei rifare il giardino...che dire, ci faccio includere un pezzetto di prato, per arricchire il Bramasole Golf Club? il mio timore è che dal green raso raso si passi fin troppo in fretta al rough o, peggio ancora, al ground under repair...

domenica 20 novembre 2011

Autunno

Una vera giornata d'autunno: le foglie cadute, la nebbia, l'odore di arrosto... devo dire che non mi dispiace. Stare arrotolata sul divano, guardando con un occhio la BBC e i suoi programmi del fine settimana, così rilassanti e consolatori...chattare con gli amici, dall'Italia, dal Giappone...
La nebbia fa sentire un po' meno in colpa: va bene, non sono andata a giocare a golf, ma in fondo, come dice il mio amico Yuki, take it easy...

La prima testimonianza video...


Beh, faccio fatica anche io a credere che riesco a colpire la pallina, quindi posto sul blog per una questione di autostima...Il video me lo ha fatto Annemieke, la mia pro, durante una delle sue lezioni. Non è narcisismo, è didattica.

sabato 19 novembre 2011

Santo sofà

Tornata a casa. Tutto sembra istantaneamente usuale e invece sono tornata da due settimane durissime. Gli orari di lavoro sono stati pesanti, ma ci stava. Quello che non ci stava affatto era l'atteggiamento insopportabile del mio capo, al quale sono saltata in testa troppo tardi. Se invece di dirgliela su al penultimo giorno, gli avessi fatto osservare prima che i suoi modi erano irritanti, forse si sarebbe dato una calmata prima e io mi sarei risparmiata una eccessiva secrezione di bile. Come proseguirà la cosa? Non ne ho idea, sono giorni che preparo nella mia testa tutti i possibili incipit e tutti i possibili scenari da discutere nella famosa riunione di valutazione del 29 novembre. Chi vivrà, vedrà.
Per questo motivo, dal Sudamerica sono tornata a casa anche con alcune solide certezze.
La prima, è che il tempo dello stare a guardare e a capire è finito. Da qui in poi, si fa a modo mio.
La seconda certezza è che voglio visitare meglio il Cile. Sono curiosa di questo Paese, della sua natura e della sua storia, del fatto che si trovi un po' nell'estremo cul-de-sac della geografia terrestre: dal Cile si può solo tornare indietro, più oltre non si va. Un Paese lungo più di 5000 km e largo nemmeno 200: già questo me lo rende simpatico. Se non dovessi tornarci tanto presto per lavoro, comunque ci tornerei in vacanza, libera di esplorare la costa a la regione dei laghi e dei fiumi, prima che la fame di energia devasti con dighe ed elettrodotti paesaggi che richiederanno decenni per ritornare visitabili.
L'ultima sera abbiamo cenato in un ristorante in cui si arrostivano agnelli interi alla fiamma e il dessert si chiamava "Suspiro Patagònico". I gioielli di rame, argento e pietre dure (specialmente lapislazzuli) mi piacciono da impazzire, come i tessuti rustici di lana. Santiago ha belle strade alberate, i condomini di lusso recano i nomi degli architetti e degli ingegneri che li hanno disegnati. Le Ande si vedono a sprazzi, per via dello smog, ma sono così vicine che sembra di poterle toccare. Purtroppo, l'aperitivo nazionale, il Pisco Sour, ha avuto effetti devastanti sul mio stomaco almeno un paio di volte, quindi ho dovuto depennarlo in perpetuo dalla mia lista: ma i vini cileni offrono sufficienti alternative di qualità - il Pinot Noir, meglio del Carmenere.


L'anno prossimo, ho promesso a me stessa, cercherò di limitare un po' i miei spostamenti e conservare più spazio per qualche vero viaggio... fatto salvo il Giappone e la settimana con la mamma. Sarà una bella gara, giostrare tutto quello che desidero fare... una vacanziella golfistica? il compleanno a Dubai? le Seychelles? in quanto a limitare, già non andiamo tanto bene...

giovedì 10 novembre 2011

Cambiamento, cambiamento, cambiamento

Ieri sera, quel simpaticone del mio capo, dopo un paio di bottiglie di Antarctica, ha dichiarato tutto giulivo a me e ai colleghi presenti che l’anno prossimo vorrebbe trasferirsi negli Stati Uniti (il CFO laggiu’ lo potrebbe aiutare....) per stare vicino al figlio sedicenne che vuole andare ad una high school americana, soprattutto per giocare a basket....
E a me che ne deve calare? Cala eccome, visto che questo trasferimento sarebbe perfettamente in linea con l’atteggiamento di assoluta mancanza di delega avuto da Johan dalla mia assunzione... io, che dovrei essere responsabile degli audit nelle Americhe, non sono mai riuscita a sciacquarmelo di dosso – e un anno e mezzo, quasi due, mi sembrano un tempo molto lungo per stare in formazione. Johan non ha mai avuto una seria intenzione di mollare l’osso, almeno adesso e’ tutto chiaro e non solo una mia paranoia.
Bene, e ora? Perdero’ il lavoro? A parte il fatto che so cosa vuole dire per esperienza e francamente non mi spaventa piu’ di tanto, non credo che avverra’. Piuttosto si apre la possibilita’ realistica di poter domandare di occuparmi dell’Asia. Quasi certamente non vorra’ mollare nemmeno quella, adesso poi che abbiamo acquisito una societa’ che ha uffici in tutto il Medio ed Estremo Oriente. Ma certamente un risultato positivo potrebbe esserci – io in America non ci andrei di sicuro, lui potrebbe anche allungarsi verso l’Asia da cola’, ma a questo punto potrei contare sull’infarto (che peraltro sembra essere frequente nella sua famiglia, dove forse erano tutti consumatori compulsivi di caffe’ come lui) o comunque sul fatto che fra me e lui ci sarebbe costantemente un oceano di mezzo. O cambio capo, o cambia ruolo, o cambio ruolo, o chissa’ che cavolo succede, ma almeno non si va piu’ avanti cosi’. Sono pazza ad essere contenta? Direi proprio di no.
Fra due settimane ho il mio colloquio di valutazione di fine anno, nel quale volevo dirgli tutta la mia insoddisfazione, magari invece di lamentarmi, mi bastera’ chiedergli: E allora, adesso che succede? prima di rovesciargli addosso tutte le contumelie mascherate in buon inglese che posso concepire.
Cambiamento, cambiamento, cambiamento. All’inizio di quest’anno avevo scritto sulla mia agenda: Il 2011 sara’ una anno speciale, nel 2012 non saro’ piu’ la stessa. Stai a vedere che dopo tutte le speranze frustrate dei primi undici mesi, qualcosa di buono salta fuori dal cilindro sul fronte del lavoro.
Oggi, sempre meglio di ieri. Domani, sempre meglio di oggi. Il meglio deve ancora arrivare.

lunedì 7 novembre 2011

Saudade




Capiamoci: non e' che sentissi una bruciante nostalgia di Sao Paulo, dove anche nel momento migliore ci si sente in galera, ma mi piace essere in compagnia dei miei colleghi brasiliani e cileni. Si', c'e' anche il mio capo, e preferirei mille volte essere qui da sola e fare il lavoro a modo mio, ma ho capito che con lui intorno sara' sempre un'utopia. Non molla niente e per giunta ha questo mito delle "chiacchiere a quattr'occhi" con il management locale, cosa che gli permette poi di far cadere dall'alto tutte le informazioni che solo lui raccoglie o crede di raccogliere. Vabbe'. Al colloquio di valutazione a novembre avro' qualcosa di cui parlare, ma anche se in alcuni momenti rimpiango di non avere un kalashnikov a portata di mano, e' vero anche che godo di una liberta' e di una mancanza di responsabilita' a dir poco rinfrescanti. Tiremm innanz.
Il mio maestro Daruma, che non mi dimentico mai di citare, usa dire che in una vita equilibrata ci devono essere tre elementi: il lavoro (lui lavorava per la Kawasaki Steel, non era ne' un poliziotto, ne' un professore di educazione fisica, faceva kendo nel suo tempo libero), il kendo e la famiglia. Su queste tre gambe si regge una esistenza piena e serena: se una gamba soffre un po', ci sono le altre due che tengono in piedi. Nel mio caso specifico, il kendo va bene, il lavoro va bene (compatibilmente), la famiglia (intendendo con famiglia le relazioni) diciamo avrebbe bisogno di una bella ristrutturazione. Sto maturando alcune linee guida per l'anno 2012, vedro' se riusciro' ad implementare questo piano ambizioso. Quindi, ho bisogno di tenere il dito lontano dal grilletto, finche' lo stipendio continua a scorrere sul mio conto in banca.
Fra poco usciro' a cena con il mio capo (che comunque paga il conto) e la collega cilena (in verita' e' tedesca, ma lavora in Cile), sara' senz'altro divertente - grazie a lei. Faremo quattro passi lungo la via per raggiungere un famoso ristorante italiano (inevitabile a Sao Paulo) - ma prossimamente passeremo una sera a mangiare giapponese a Libertade e potro' finalmente avere la mia serata di relax, senza che un inopportuno cameriere mi porti il cucchiaio per mangiare gli spaghetti: a ME!? come osa?

venerdì 4 novembre 2011

500 posts and counting!

Ehi, mica me ne ero accorta, ieri, di aver raggiunto la soglia fatidica dei 500 post! So perchè ho aperto questo blog, so perchè a volte l'ho trascurato e pure perchè l'ho ripreso con rinnovato entusiasmo... non necessariamente sono buoni motivi, ma nondimeno, sono motivi e il blog è ancora qui, alive and kicking!
Ho lettori nei luoghi più strani, questo mi dicono le statistiche. Non mi dispiacerebbe che si facessero riconoscere lasciando qualche commento in più. Alcuni post vanno per la maggiore, forse perchè compaiono più facilmente sui motori di ricerca (non che ci fosse una esplicita intenzione di fare diventare questo blog un best seller al di fuori della stretta cerchia di amici e parenti).
A volte rileggo cose scritte nei passati 4 anni e faccio fatica a riconoscere il testo: davvero l'ho scritto io? Sono stati 4 anni molto speciali, era giusto avere un accompagnamento, un testimone, se vogliomo definirlo così.
La vicinanza quotidiana, ecco una sostanza che genera davvero dipendenza: come è difficile liberarsi delle abitudini giornaliere, specialmente quando riguardano qualcuno che ogni giorno ti scrive una parola, ti manda un messaggio, ti fa uno squillo sul telefono. Sembrano piccoli segnali insignificanti, ma in verità riempiono la vita, si insinuano nella mente e nel cuore - se mai devono interrompersi, causano un dolore indescrivibile, almeno ad una creatura sentimentale come me.
Avendo dovuto sperimentare la tremenda scimmia che ti monta in testa quando qualcosa/qualcuno a cui mi ero abituata diventa improvvisamente inaccessibile (qualunque sia il motivo), il blog è un grande aiuto.
Il blog c'è. Mi ascolta, mi rispecchia, mi aiuta a ragionare, ma anche a comunicare, a celebrare, ad elaborare lutti, a ricordare le persone perdute o a invitarne delle nuove nella mia vita. Tutti i giorni, o quasi.
Grazie blog - siamo a 501, andremo avanti insieme per un pezzo.

giovedì 3 novembre 2011

Venerdì senza aereoporto

Solo perchè parto di domenica, come succede per i miei viaggi di lavoro, ho davanti a me un venerdì e un sabato senza fretta. Vedrò amici qui ad Utrecht, chiuderò le valige, farò un bucato almeno, se non piove andrò a giocare a golf o magari poterò le piante del giardino. Mi sembra di avere a disposizione un sacco di tempo - e molto lo sprecherò seduta davanti al mio laptop. Un conto è: perchè devo lavorare, anche se seduta sul sofà, ma poi so che chattare con gli amici è una parte importante della mia vita emotiva e finisce sempre per assorbirmi fin troppo e fino a troppo tardi la sera.
Tornare in Sudamerica... non vedrò posti nuovi, ma mi piace acquisire familiarità con quelli già visitati, come se scivolassi in un solco già tracciato. Ho scritto tante volte che mi piace sentirmi estranea, ma in fondo aspiro al giorno in cui il concierge di un hotel di Santiago o di Sao Paulo mi riconoscerà prima ancora di vedere il mio passaporto e mi augurerà con il suo migliore (finto) sorriso: Welcome back, Miss Castelli !
Nulla a che fare con un vero senso di benvenuto, non sono così naif, mi piace l'idea che così il cameriere saprà già cosa mi piace avere a colazione, come succedeva nei dolci giorni del Jolly Hotel a Trieste - rimasto indimenticato per tanti motivi, ma in primis perchè la cameriera si ricordava del mio caffè americano con il latte freddo a parte, senza bisogno di doverlo ricordare ogni volta...

In questi giorni sto recuperando quei piccoli momenti di stolida felicità che la vita qui mi riesce a dare. Sono dei flash, magari è il sole che arriva obliquo sui tetti di Zonstraat o il pyrocanthus ricoperto di bacche rosse e arancio alla fermata dell'autobus o il citroen (si legge sitrun e vuol dire limone!) cake al supermercato... sono dettagli, lo so, ma riescono a controbilanciare gli abissi del mio cattivo umore, che spesso non sono così momentanei. Mi piacerebbe sapere perchè la felicità è così fragile, mentre l'umor nero è così pervicace.
Questo mi ricorda uno dei ragionamenti del mio adorato Dr. Rotella: perchè una sequenza fortunata di buche è sempre destinata a interrompersi, mentre una buca giocata male all'inizio del round deve essere presagio certo di altri bogey a venire? Cosa mai c'è di razionale nel pensare che ciò che ci va bene duri poco e ciò che ci va male debba permanere? Come dice Rotella, il vero campione pensa sempre in positivo: un tiro sbagliato è solo un tiro sbagliato, e sotto con il prossimo, che si può ancora fare par. Accidenti, mi manca Amelisweerd...

martedì 1 novembre 2011

38 carte di imbarco

Dall'inizio dell'anno, non ho preso meno di 38 aerei. Dico non meno, perchè sicuramente molte carte d'imbarco mi sono arrivate direttamente sul cellulare, alcune sono state buttate ed altre le ho imbucate chissadove, come segnalibri, come imperituri ricordi o come chissachealtro. Sapendo che ho già 8 voli prenotati da qui a fine anno, senza contare il viaggio per andare a Bologna a Natale e nemmeno il possibile audit presso il nostro ufficio di Milano, direi che sia facile calcolare che quest'anno ho preso una media di almeno 4 aerei al mese. Non mi sembrano nemmeno poi tanti: due voli di andata e ritorno, tutto sommato, con parecchie connessioni (via Londra, Madrid, Zurigo, Budapest o Parigi) ad aumentare il mazzetto delle carte di imbarco, ma non quello delle destinazioni finali.
In fondo, dove sono davvero stata? Osaka, Atene, Salonicco(3 volte, sempre con scalo), Sao Paulo, Santiago, Baltimora, Bologna (n volte), Milano (m volte), Roma, Shanghai, Denver: ecchessarà mai?
Non ne ho ancora abbastanza, sicuro.

giovedì 27 ottobre 2011

Amico

amico[a-mì-co] agg., s. (pl.m. -ci, f. -che)

• agg.

1 Che dimostra o denota solidarietà, affetto, disponibilità: parole a.; favorevole, propizio: sorte a.

2 estens. Militarmente, politicamente, culturalmente affine SIN alleato: paese a.

• s.m. (f. -ca)

1 Chi ha un rapporto di affetto e stima con qlcu.: un caro a.; a. fraterno, intimo || a. del cuore, l'amico prediletto o, eufemisticamente, l'innamorato | amici per la pelle, molto uniti | l'a. dell'uomo, il cane || fig. a. del giaguaro, chi, senza volere, favorisce gli avversari del proprio a. | nel detto amici come prima, per significare che dopo un contrasto non restano rancori

2 Persona conosciuta che non si vuole nominare, gener. in contesti scherzosi o ironici: sentilo l'amico!

3 Per eufemismo, amante, innamorato: è la sua a.

4 Chi ha un'inclinazione, chi prova interesse per qlcu. o qlco. SIN cultore, amante: un a. degli animali

dim. amichetto | accr. amicone

• sec. XIII


Purtroppo anche il dizionario non aiuta - c'e' molta ambiguita' nel termine Amico, specialmente quando viene usato in forma di eufemismo. Eppure, io credo di avere chiarissima la distinzione fra Amico, Innamorato, Fidanzato, Amante. Le differenze stanno nel modo in cui ci si saluta, nella distanza fisica che si tiene, se ci si fronteggia o se si sta fianco a fianco, negli argomenti che si possono affrontare e in quelli da evitare.
Io so come essere una amica, nella mia accezione ben definita. Eppure incontro spesso persone che non ne hanno una idea e che pensano di poter danzare da un ruolo all'altro senza alcuna remora. C'e' una classifica emotiva, una spirale a salire, che non puo' essere ripercorsa a ritroso in modo arbitrario, questo perche' nell'ascendere si passano soglie di cristallo, che vanno in frantumi e non si possono riparare piu'. Mi piacerebbe che qualcuno tenesse questa immagine bene in mente, prima di fare passi o dire cose che cominciano a far incrinare i diaframmi... nel dubbio, chieda a me, che gli spiego...

martedì 25 ottobre 2011

Golf in the Kingdom


Devo ammettere la sconfitta. Questo libro è riuscito a sfuggire ad ogni tentativo di trovare un interesse a cui attaccarmi per riuscire a conquistare l'ultima pagina. Ho mollato prima della metà, quando ormai stavo cominciando a sentire i morsi della rabbia, che avevo cercato di sopire riga dopo riga.
Prima di tutto, si tratta di narrativa. Passati i sedici anni, non sono più riuscita a trovare grande interesse nei romanzi di qualunque natura. Più correttamente, non sono più riuscita a trovarne l'utilità. Non so come mai io mi sia sempre posta l'obiettivo di imparare qualcosa da qualunque attività intraprendessi, fatto sta che l'arbitrarietà e la soggettività dei romanzi (con i loro personaggi che talvolta fanno scelte e gesti dalla logica a me incomprensibile) non mi hanno mai dato l'idea di potermi insegnare nulla di applicabile. Lo so, è una visione riduttiva, ma a meno che la prosa non fosse davvero coinvolgente, difficilmente un'opera di pura invenzione poteva catturarmi. Sono anni che leggo saggi, manuali, biografie o guide pratiche. Un romanzo deve avere davvero quel qualcosa in più... come The Legend of Bagger Vance, per esempio... ma no, Golf in the Kingdom proprio non riesce a prendermi, con i suoi personaggi-macchietta, che urlano nella notte e che parlano solo di teorie astruse - applicate a cosa, poi? al golf!
L'odioso modo in cui l'autore cerca di rendere il pesante accento scozzese dei suoi eroi mi fa coagulare il sangue nelle vene e cadere le unghie dalle dita, come se qualcuno facesse stridere un gesso sulla lavagna, con insistenza priva di qualunque pietà.
Sicuramente ci sarà qualche insegnamento nascosto, sul golf, o sulla vita, o sull'Universo e tutto quanto, ma, mi dispiace, persino The Inner Game of Golf è rinfrescante e scorrevole in confronto alle vicende astruse e allucinatorie di Murphy.
Il primo proposito che ho espresso una volta entrata nell'età adulta è stato Mai perdere tempo con qualcuno che non ti interessa, mai leggere un libro che non ti piace, mai mangiare un cibo che ti lascia indifferente. Golf in the Kingdom non mi farà recedere da questo sano precetto, che tante volte mi ha soccorso nei tempi di dubbio o di eccessivo buonismo, una piaga, quest'ultima, che spero mi abbandoni con il naturale inacidimento derivante dall'avanzare dell'età.

giovedì 20 ottobre 2011

Due parole, vi prego, sull’A.


Innanzitutto, dichiaro la mia incompetenza. Non un buon inizio, lo so, ma talvolta partire da cio’ che non si sa aiuta a circoscrivere cio’ che si conosce davvero. Non so molto sull’argomento, perche’, come di consueto, io giudico le cose in base al loro risultato; se avessi saputo di che si tratta, oggi lo avrei trovato o avrei avuto i mezzi per indurlo, procurarlo, estorcerlo o persino simularlo. E invece no.

Ho pensato: forse e’ perche’ non ho saputo riconoscerlo quando ce lo avevo o quando mi e’ passato vicino. Mai che mi dica, forse non ho saputo riconoscerlo quando l’ho PROVATO.
Allora, se voglio essere scientifica, devo cercare in primis di capire la mia definizione del medesimo, per quanto ammetta che il tempo e l'esperienza di vita possano averne alterato la percezione.

Mi richiamo naturalmente a come lo avevo appreso da mia madre – non che ci sia stata una sessione di formazione specifica riguardo alla cosa (non dimentichiamo che tutto quello che so sul sesso l’ho imparato sull’Enciclopedia Motta), ma e’ ovvio che i racconti della mamma mi hanno aiutato a dipingere un certo quadro. Dunque: L’A. e’ un fenomeno che si verifica fra un soggetto (me) e possibilmente un membro attivo delle seguenti categorie:
a) Ufficiali preferibilmente in uniforme di gala
b) Distinti giovanotti di buona famiglia che diventeranno agiati professionisti
c) Eredi di fortune terriere, possibilmente dotati di titolo nobiliare, come attestato dal doppio cognome
d) Uomini privi di fortuna materiale, ma con un solido senso della famiglia e soprattutto, molto, molto belli (come papa’)

In un certo senso, il quadro di riferimento e’ chiaro. Bene. E come deve avviarsi il fenomeno suddetto? Ora, sempre seguendo gli insegnamenti impliciti della mamma, non si deve fare nulla, tranne che essere attraenti, educate e dotate di un paio di gambe belle dritte, perche’ i cosiddetti pretendenti si allineeranno alla porta, pronti per essere, a scelta non mutuamente esclusiva, scrutinati in base alle loro buone maniere, incontrati con chaperone al fianco, baciati sotto un cielo notturno solcato dai fari della contraerea, fatti sospirare sotto le finestre e infine, con ovvia conclusione, sposati.
Non e’ stato dunque semplice, con questo background, avviarsi verso un futuro di successo sentimentale. Altre vicende poi hanno solidamente impiantato nella mia coscienza il fatto che l’oggetto dell’A. non poteva che essere alto, capelluto e perfettamente rasato.

Nei racconti della mamma non c’era mai il fattore competizione: il risultato era sempre garantito, ma ho con l’esperienza capito che in una trattazione seria e completa sull’ A. non puo’ mancare il capitolo: Della conquista.
In questo tipo di gara (due femmine interessate allo stesso maschio), mi sono sempre data perdente a priori. Diciamo pure che solo fosse stata nell’aria un’ipotesi di competizione, io proprio non entravo nell’arena. Non mi batto per le ossa della polenta? No, semplicemente ho sempre nutrito una solida certezza di non avere mezzi per arrivare ad una conclusione che non fosse frustrante, umiliante e deludente. All’inizio ci pativo un po’, poi ho anche acquisito un’altra grande verita’ che per fortuna mi ha un po’ pacificato riguardo a questa totale assenza di spirito combattivo: ovvero: Non c’e’ nulla che possiamo fare per essere amati. Quindi, la conquista, in realta’, non esiste nemmeno: per quanto ci si sbatta per essere in alternativa: 1) delle grandissime gnocche 2) un po’ sciocchine con grandi occhi adoranti 3) simpaticissime brillanti divertenti di buona conversazione, non ci sono punti che si possano guadagnare, perche’ l’A. avviene per puro caso. Come uno tsunami si abbatte su una costa ignara, ecco che qualcuno si incapriccia di qualcun altro, segue una serie di contrattazioni piu’ o meno esplicite (credo si chiami corteggiamento) e se la vittima (volevo dire l’oggetto del desiderio) si sente sufficientemente in sinc, ecco che succede qualcosa. Mai che succeda che due tsunami si verifichino contemporaneamente, non venitemela a raccontare.

E cosi’, se mai qualcuno in eccezionali occasioni ha catturato il mio interesse, raramente la cosa è stata ricambiata in termini comparabili, per contro, se mai qualcuno è stato interessato a me... beh, diciamo che negli ultimi anni le tipologie di corteggiamento hanno preso dei twist piuttosto inquietanti.
In primis, devo ammettere la mia sordita’. Gia’ stento ad accorgermi se qualcuno ci sta provando (casi eclatanti me lo hanno dimostrato). Probabilmente l’assenza dei fari della contraerea a fendere il cielo mi disorienta un po’: vedete come la formazione di base puo’ incidere?
In secundis, il gioco non rispetta piu’ le regole: io libero, tu libera, magari mettiamo su qualcosa?
Macche’: io sposato ma infelicemente, con amante fissa, ma con qualche slot disponibile, interessa?
O anche: io sposato, tanto innamorato della mia mogliettina, che stranamente non me la vuole piu’ dare, se magari...?
Oppure, io single con figlio ma a mia volta figlio di divorziati scioccato dagli eventi dell’ infanzia che quindi si sente autorizzato ad esibire tutte le forme di deficit emotivo descritte dalla psicoanalisi, si combina?
Ancora meglio: io sposato sempre infelicemente (ma tutto sommato io e mia moglie siamo amici...) con un sacco di relazioni piu’ o meno superficiali, ma pure con l’amichetta che potrebbe diventare un legame fisso, ma fino ad allora, che ne dici?
La serie potrebbe proseguire, ma mi fermo qui.
Io sono single, posso fare quello che voglio, ho potenzialmente disponibilità illimitata, sentimentalmente parlando: ma pare che l’unica cosa che interessi di me a costoro sia privarmi proprio della mia liberta’, senza un'ombra di scrupolo: togliermela, sfilarmela dalle mani, come se la potessero prendere loro che non ce l’hanno (e che non hanno il coraggio di prendersela, per stare con me), tenendomi attaccata ad un gioco frustrante di so e non so, di mi piacerebbe ma non posso, di mi piaci molto ma manca l’alchimia, di quattro passi appassionatamente avanti e cinque passi di corsa indietro. Forse sono una ragazza troppo paziente. O forse con una soglia del dolore pericolosamente alta. Forse dovrei imparare a dire qualche vaffanculo in piu’, senza farmi tante domande sulla serietà dei sentimenti altrui.

In passato mi domandavo cosa avevo di sbagliato io. Adesso non me lo chiedo piu’, anche perche mi sono resa conto che tutto sommato sono molto piu’ normale io di tanti altri stramazzati dalle scelte di vita di cui ora si pentono e che cercano di rimediare senza stare tanto a guardare dove mettono i piedi. In piu’, ho proprio la coscienza a posto – io non sono mai andata a cercare nessuno per fare le cose tanto per fare, chissenefrega se qualcuno ci rimette la serenita’. Inoltre, dal momento che l’A. colpisce a casaccio, potrei avere un’alta probabilita’ che qualcuno mi venga a cercare con un po’ piu’ di rispetto delle mie condizioni (one on one e ci si ferma li’ finchè dura, tanto per dire la piu’ importante), invece che cercare di proporre di frodo le proprie.
Visto che finora il numero sulla mia ruota non e’ uscito, hai visto mai che succeda domani?

giovedì 13 ottobre 2011

La voglia matta

Bellissima giornata. Purtroppo ho avuto un inizio un po' difficile e ho preferito rimanere in casa aspettando che un paio di pillolette facessero effetto. Nulla di che: festeggio oramai 35 anni di questa piacevolezza, che ha avuto forme di espressione diversa nel corso della mia vita, da trascurabili a fastidiose. Diciamo che in questa stagione della mia esistenza, si qualificano per Decisamente Antipatiche. Le gioie della fertilità, vabbè. Per chi fosse mai stata tentata dallo sperimentare anche le gioie della riproduzione, un senso ci sarebbe anche stato. Per me, che non ho mai aspirato a lasciare dietro di me tracce del mio DNA che non fossero capelli caduti o unghie spezzate, una ingiustificabile seccatura.
Quando mi sono un attimo ripresa, ho valutato la possibilità di salire in bici e andare a fare due palline, ma no, non mi sentivo in grado. E così, terminati i compiti lavorativi della giornata mi sono limitata a un giro in giardino.
La clematide è evidentemente impazzita ed è piena di boccioli. Gli ultimi lamponi stanno maturando. I chiodini... non sono chiodini, ma stanno spuntando ovunque. La passiflora continua imperterrita a fiorire.


E così, non ho resistito. Ho inaugurato così il chipping... red del prestigioso Bramasole Golf Club, che si affianca al putting red e che si prefigura come precursore del driving range di prossima apertura... devo trovare uno stratagemma per poter colpire davvero con il driver senza fracassare porte e finestre dell'intero vicinato... colpire l'aria magari mi permette di prendere confidenza con il movimento, l'impugnatura, la postura, ma... Ma si può avere così tanta voglia di fare una cosa così inutile?

mercoledì 12 ottobre 2011

The Inner Game of Golf


Ooops! Dopo due libri che hanno davvero acceso il mio interesse per il golf, un piccolo infortunio... Non un brutto libro, per carità, ma il fatto di aver già Bob Rotella e il suo sano buon senso nel mio cuore certo non mi ha aiutato ad abbracciare appassionatamente Tim Gallwey e il suo The Inner Game of Golf. Ma non voglio fare scontare al buon Tim il cattivo tempismo (mai capitato di arrivare secondi nella vita di qualcuno e pensare, accidenti, se solo mi fossi data una mossa prima...?), quindi mi atterrò ai fatti.
Quello che non mi suona del libro è in primo luogo il fatto che Gallway vuole PROVARE la sua teoria sull'Inner Game anche sul golf, dopo averla concepita per il tennis. OK, ci può stare. L'Autore addirittura si propone come cavia e cerca di ridurre il suo punteggio seguendo i dettami della sua stessa dottrina. Alcuni spunti mi sono piaciuti - anzi mi ci sono riconosciuta (l'eterno chiacchiericcio fra Self 1 e Self 2 è una cosa che mi appartiene alla grande, anzi, dopo aver letto ho cercato persino di zittire un po' Self 1 e vedere se Self 2 riusciva a dare il meglio di sé), ma poi si avverte la forzatura del metodo passato da un gioco all'altro. Va detto che lo stesso Autore ne fa un argomento di discussione e ammette che il golf è più difficile del tennis, in termini di "prendere" la pallina, ma diciamocelo, in termini di tipo di pressione psicologica, siamo proprio su pianeti diversi: il rapporto con l'avversario, lo scambio del tennis vs. il colpo singolo del golf, la pallina in movimento vs. la pallina immobile - sono cose diverse, suvvia!
Il libro procede un po' annacquandosi e probabilmente se fosse stato la metà in termini di pagine, forse sarebbe anche potuto suonare più convincente, ma, ahimè, così non è avvenuto e The Inner Game of Golf comincia a divagare dall'obiettivo originario e ad includere storie e storielle che non portano grande acqua al mulino della teoria. A volte sembra che dal saper giocare dipenda la salute mentale di qualcuno, la pagina dopo si dice "in fondo è solo un gioco"... insomma, prendiamo una posizione e su quella cerchiamo di costruire, no?
Inevitabile a questo punto, ritornare a tessere le lodi di Golf is not a game of perfect, proprio perchè Rotella vola basso, dice cose sensate in tutta umiltà, ti infligge un sacco di pagine in meno, ma ti lascia con qualche messaggio concreto in più. Eh, beh, notoriamente io sono come l'edera, dove m'attacco muoio - sarà difficile che qualche altro guru possa fare breccia allo stesso modo!

martedì 11 ottobre 2011

Chiudere la partita

In questi giorni sono stata immersa in profonde elucubrazioni. La prima su tutte, ma come si ferma questo dannato cervello? Non molto produttiva, come elucubrazione, ahimè. Per cercare di trovare un momento di pacificazione, almeno ho chiuso la storia della mia eroina letteraria. Oh, un finale triste, ma appropriato. Una storia di illusione, disillusione e delusione. Capita a me, non vedo perchè dovrei risparmiarlo a lei, un finale del genere, e così ho scritto. La storia rimane impubblicabile, ma almeno non aleggia sospesa ed incompiuta sul bordo sdrucciolevole della mia coscienza. Ho cercato di pestare duro, quanto più lei si avviliva, quanto meglio mi sentivo io. Un bell'esempio di transfert... in realtà, come ho già scritto in passato, l'atto dello scrivere è la cosa più illuminante di cui io sia capace... in un certo senso il proliferare dei blog, delle chat, dei feisbuc di tutti i colori non ha fatto che spingermi già per una china ripida... quanto detesto scrivere a mano ora (troppa fatica e nessuna possibilità di riarrangiare quello che scrivo finchè non mi piace), tanto volentieri scrivo su una tastiera. Utilità per il prossimo, probabilmente rasente allo zero, ma per me un toccasana. Mettere le cose in fila per iscritto: prendono forma logica e consistenza, stanno in piedi e talvolta mi fanno accorgere che nemmeno vale la pena di dirle o di farle (nel caso delle lettere, una volta scritte mi fanno spesso capire quanto sia pleonastico spedirle al destinatario).
Forse per questo motivo, i parolai mi affascinano. Chi sa dire cose e sa dirle bene mi cattura, mi pare un talento davvero raro. Chi poi sapesse anche trasportare la magia su carta...ecco, penso che la mia relazione ideale sarebbe quella fra compagni di penna. Una cosa che da ragazzini si faceva, perchè il mondo era più grande di quanto non lo sia oggi... la bambina (Cannizzaro di cognome) che abitava a Vittoria che continuò a scrivermi a lungo alle elementari: le nostre lettere erano un evento per le nostre classi, lei mi parlava della sua Sicilia, io le raccontavo della mia Bologna. Non ci siamo mai incontrate, ma ancora la ricordo.
O le mie pen pal innamorate di Niki Lauda, con cui sono rimasta tanto a lungo in contatto (Anna Barbatti, che stava a Milano, ma che poi diventò assistente di volo Alitalia (invidia!!!) e si trasferì a Roma, o la mia amica Cristina, che ancora sento (non posso più dire vedo, da quando mi sono spostata da Milano) per mail. Magia della scrittura. Poche cose si incidono nella memoria come le parole di una lettera o di un mail ben scritti... le missive cartacee accuratamente manoscritte dalla mia amica Ba? Ho ancora mazzi di lettere di fidanzati ormai perduti nelle nebbie del passato, tutte le lettere che mi ha mandato Judith...
Mmm. Chissà, che sia il caso di fare qualche bel falò?

sabato 8 ottobre 2011

Bramasole Golf Club

Si può essere motivati da morire, ma giornate come quelli di oggi sono la negazione del golf, almeno per una tenera principiante come me, che deve farsi in bici quindici minuti di strada, prima di indugiare nel lusso dello spogliatoio femminile e magari ripiegare su una bella tazza di the nella clubhouse. Inizi la giornata con un po' di sole e già pregusti un giretto o due del nove buche, ti vesti, prepari tutto quello che serve per uscire...e le cataratte del cielo si aprono rovesciando tonnellate di pioggia sul mondo. Dieci minuti dopo, è già finita. Torna a splendere il sole. Pensi al fango che ci sarà al campo, ma ti dici, suvvia, non ti farai mica fermare, visto che le tue Footjoy l'acqua la tengono e il fango si soffia via in un minuto. OK, i preparativi ripartono. Altra lavata spaventosa. E via così per tutta la giornata, a intervalli di mezzora, e alla fine ci rinunci.
Il tempo migliore: dalle quattro e mezza in avanti, quando Elena è venuta a prendermi per una birretta e una pedalata in centro.
Come consolazione, ho marcato tutte le mie palline (in due colori) e poi ho aperto in giardino il Bramasole Golf Club. Per il putting, niente male. Per il chipping, a meno di usare il prato dietro a casa, ci vuole un po' di attrezzatura idonea, ma è arrivabile. Per lo swing... beh, atteniamoci alla musica. Lì ci vuole ancora un bel po' di fantasia, ma almeno il movimento si può provare...

venerdì 7 ottobre 2011

Tenersi al caldo

Seratina tranquilla in casa. Finito presto il lavoro, sono venuta a casa e mi sono immersa nella lettura di uno dei libri di golf che tanto mi stanno catturando ultimamente. Ooops, forse più che catturare la parola giusta è ipnotizzare... una tranche profonda, che ha rassomigliato molto da vicino una bella dormita per almeno un'oretta. Mi dispiace per Tim Gallwey e il suo The Inner Game of Golf (seguirà opportuno report), ma oggi mi sono proprio goduta la mia cameretta e la sua bella luce, i cuscinoni sul letto e i rumori della strada (ruote di bici sul pavè prevalentemente, le voci dei vicini, qualche auto). Ho letto, sì, ma anche dormito e fatto strani sogni.
Non so se siano stati i sogni ad ispirarmi, fatto sta che ho pensato di farmi un bell'arrosto: cosce di pollo e patatine... da mangiare con mango pickles, un twist esotico che mi ha insegnato Judith. Cena deliziosa.
Ed ora aspetto di vedere Gardeners' World e Autumnwatch sulla BBC, pregusto un altro po' di lettura (magari senza crollare di schianto come nel pomeriggio), poi una quieta notte di sonno, prima di sfidare gli elementi e andare a fare un giro al campo di golf.
Una serata di conforto, per volermi bene e tenere il cuore al caldo. Ci vuole, ogni tanto...

mercoledì 5 ottobre 2011

Riflessioni forzate

Stasera la mia schiena non mi sta sorridendo, non so se si tratta della conseguenza a scoppio ritardato del fine settimana iperattivo, fatto sta che preferisco passare la serata in casa con un bel Momendol.
Stamattina, dentista: ahimè, ho una cura da rifare, seccante... sarà la prima volta che mi faccio seriamente mettere le mani in bocca da una dentista locale (escludiamo le torture che l'igienista Daniella mi ha inflitto da tre anni a questa parte). Andrà bene, per carità, ma se ne faceva a meno.
Oggi ho fatto un tentativo serio di convincere Elena a giocare a golf. Ha un grande occhio per il putting, sarebbe divertente avere una amica nello stesso club! Non che la mia resa, giocando in compagnia piuttosto che da sola, abbia un balzo verso l'altro, tuttaltro! ma come dice il Dr.Rotella, mica vorrei perdere il buon umore o pensare che una sessione di palline scarpazzate debba essere il presagio di altre a venire. Quindi, proseguo imperterrita: oggi mi sono comprata la borsa per le scarpe e il berretto per il driver, che, poverino, se ne stava a capo scoperto nella borsa. Visto che si tratta di un regalo prezioso, mi sembrava giusto trattarlo con rispetto e dargli una dignità - niente teste di cane o di maiale o di coccodrillo, ma un cappuccio nero, vellutato al tatto, con un bell'UNO ricamato. Very smart.
Mi sono resa conto che il golf mi ha restituito una cosa che avevo perduto, bella o brutta che sia. Ho passato anni senza desideri materiali particolari: non mi piace fare shopping di abiti, non ho bisogno di nulla nel kendo, gli unici oggetti che mi generano cupidigia sono i libri. Con il golf, ecco, si apre un mondo di capricci. Una bella borsa per i bastoni? una cosetta più robusta di quella che ho ora? se penso che anche in epoca non sospetta dentro a Decathlon mi soffermavo cercando di immaginare qualche uso sensato alle sacche da golf... beh, ora la scusa ce l'ho, mi si apre davanti un'epoca di gioioso sperpero che tutto sommato mi provvederà una forma costosa, ma semplificata, di contentezza.
Basta libri che attendono di essere letti e mi rimproverano silenziosamente dalla cima di pile precarie! Ora posso con gustoso abbandono comprare palline, bastoni, guanti, visiere, scarpe... esiste un enorme mercato che attende di essere attaccato, là fuori le luci dei ProShop invitano a non lesinare sulle carte di credito, migliaia di resort nel mondo offrono soggiorni in luoghi da sogno con green fee incorporato... Promettente.
Continuo a vivere di rendita sul piacevole fine settimana passato con Marco. In ufficio domani si organizza un drink fra colleghi, venerdì abbiamo una riunione allargata con pranzo, sabato vorrei tornare al campo, domenica vado a visitare l'ESTEC a Noordwijk (grazie all'Ambasciata italiana)... allora non ho forse davanti a me una prospettiva sufficientemente confortante? Per un Acquario come me, per cui il futuro è sempre più importante del presente (non siamo bravi sull'hic et nunc), questa è mezza felicità.

martedì 4 ottobre 2011

Marco in Olanda

Fortuna veramente sfacciata, si vede che certe persone se la meritano... tre giorni di tempo stupendo, non una nuvola in cielo, temperature da maniche corte senza se e senza ma.
Marco se ne è andato da solo al van Gogh Museum, dove l'ho raggiunto nel pomeriggio di venerdì per il consueto (per i miei ospiti) tour sui canali di Amsterdam.
Sabato, Kroeller Mueller Museum nel mezzo del Parco nazionale di Hoge Veluwe - in bici attraverso paesaggi quasi africani!
Domenica, pedalando fino a Maarsen, costeggiando la Vecht. Mai fatti così tanti chilometri in bici, ma il pranzo a bordo fiume è stato delizioso più ancora che per il cibo, per l'atmosfera...
Marco è una persona deliziosa - averlo accanto per tre giorni è stato piacevole e confortante. Speriamo che trovi il tempo per ripassare di qua, fra un viaggio in Giappone, una puntata ad Hong Kong e una piadina alla Cà de Ven.