domenica 26 febbraio 2012

Domenica casalinga

Un po' sole, un po' no. Non ho voglia di uscire, ancora. Potrei pulire un po' - per non fare brutta figura con la signora delle pulizie, ma già la cosa mi pare insensata. Potrei andare avanti con il secondo passaggio delle Regole (la sottolineatura fine che precede gli schemi). Potrei far fuori i rami dal giardino. Potrei prendere la bici e fare un giro, tanto oggi non pioverà.
Guardo Country Tracks sulla BBC e mi viene voglia di vedere quel genere di posti, le brughiere, i picchi, i laghi... in verità vicino a casa ci sono posti altrettanto belli, anche se non così drammatici. Sono solo pigra - e l'idea di quanto poco starò a casa prossimamente mi dà anche la scusa perfetta per non muovermi dal sofà.
Ecco, se c'è qualcosa che mi manca, è la compagnia. Nemmeno mi riferisco a George Clooney che mi massaggi i piedi, o a Hugh Jackman, sul cui vasto petto possa con agio appoggiarmi e pisolare. Probabilmente basterebbe un micio, che mi facesse le fusa sulle ginocchia e desse una giustificazione alla mia immobilità.

Ho tempi molto interessanti, davanti a me. Il lavoro sta per offrirmi un momento di grande ironia: la mia azienda sta cercando - internamente - un programme manager per i rollout di SAP in Europa: c'è qualcuno interessato nelle vicinanze? Ohibò, perchè ho come la sensazione che tutti stiano guardando  nella mia direzione? ma chi dovrebbe occuparsi della integrazione della società recentemente acquisita (con visite previste in Europa, Medio Oriente e Asia)? e chi dovrebbe continuare a fare l'audit manager per le Americhe? ho fatto due anni al rimorchio del mio capo, proprio ora che potrei contare sulla massa dei suoi impegni per conquistare uno spazio di autonomia, salta fuori un fantasma dal passato che vorrebbe ricatturami e riprecipitarmi nell'inferno dell'IT. Eppure, ci sono elementi di tentazione. Tornare su un terreno noto, ad esempio. Riprendere la voce autorevole che ho perso in questi due anni di continuo apprendistato.  Mmm, mi sto tenendo d'occhio, conosco certe mie debolezze.

Tre fine settimana in fila via dall'Olanda, ecco la prossima sequenza: prima a Novara ad arbitrare i Campionati Italiani (occasione per rivedere persone che trascuro da un po', fra cui alcune che dovrei pure continuare ad trascurare...), quindi in una località misteriosa della Bassa Sassonia con la mia amica Dido e di seguito in una località altrettanto misteriosa della Sassonia tout-court, per la Arcadis Winter Cup (a giocare a pallavolo contro ai colleghi  di tutta Europa). Come non essere gelosa quindi di questi momenti preziosi in casa?

Che ci sia spazio per qualche bella sorpresa, con tutti questi andirivieni? Lo voglio credere. Perchè, secondo la mia definizione, essere felici significa stare bene (e in questo momento come potrei negarlo?) ed avere qualcosa di bello davanti: perlomeno, la potenzialità di qualcosa di bello. Sarebbe ora che le definizioni facessero il loro lavoro.

sabato 25 febbraio 2012

Poltrendo

Sono stata a fare quattro palline, oggi. Un po' freddino, sono rimasta nel range e nelle vicinanze, non me la sentivo di fare un giro del Par 3. Penso con grande aspettativa al giorno in cui potrò togliermi il gusto di andare tutti i giorni a fare un po' di pratica. Chissà perchè, sono convinta che se avessi modo di dedicarmici con un po' di costanza, potrei davvero fare benino. Quindi, aspetto con ansia la mia MiTo. Per ora tutto tace.

Sono andata prestino oggi, perchè ho ancora in mente di uscire di nuovo e andare a cercare le famose tendine. Un giro al Meubelboulevard? se riesco a convincermi ad alzarmi dal divano. L'Italia del rugby sta cercando di spuntarla contro l'Irlanda... non è detto che ci sia moltissimo da stare a vedere....

Oggi mi sono trovata ad un tratto a confrontarmi con un fenomeno che si ripete intorno a me con allarmante frequenza. Una donna bella, intelligente, sensibile e professionalmente preparata grida aiuto dal fondo del pozzo, in cui un attaccamento morboso (che lei definisce amore) per un uomo emotivamente/sentimentalmente indisponibile la ha precipitata. Ascolto, penso e mi dico: ma dove è il problema? non vedi forse quanto vali? ma perchè devi stare a penare così? molla il colpo e scrolla la polvere da sotto i tuoi piedi: sei una creatura di luce e di forza, non c'è nulla che ti tiene legata a questo dolore che ti annichilisce. La soluzione del problema riluce abbagliante davanti a te: MOLLALO! non c'è nulla che devi fare per capirlo, per cambiarlo, per convincerlo: MOLLALO!
Eppure, non funziona mai così.
Esistono creature adesive, vampiri o remore che si fissano a ventosa? No. Pare di più che ci sia un bisogno malsano di venir dissanguate, di estenuarsi nello sforzo estremo di guadagnare punti, di rendersi trasparenti in un tentativo vano di conquistare un amore che non ha nessuna chance. Donne che sanno con una parola mettere in riga un reggimento, si impulciniscono in un grumo di dolore impotente. Quale strana maledizione è questa? E perchè succede a tante? Io tendo a credere che si tratti di un difetto del cromosoma XX.
In fondo, ho molti dubbi sulla validità del progetto originario della razza umana. Basta pensare che i tre organi più importanti del corpo umano sono tutti collegati in retroazione, tanto che se uno fa cilecca, anche gli altri due vanno a puttane. Nessun progettista con un minimo di buon senso e soprattutto con a disposizione tanti milioni di anni di evoluzione sarebbe potuto saltar fuori con un disegno così scadente. Chiaramente, siamo in presenza di un progetto raccogliticcio. O della assenza di un progetto, più facilmente...
A questo punto, la domanda è legittima: partiamo già in svantaggio, che cosa ci possiamo fare? Niente, dico io. Solo tenere la testa alta e, soprattutto, non crederci mai fino in fondo. Recitiamo al nostro meglio, ma non dimentichiamo che, se anche ci fischiano, la colpa è del copione davvero amatoriale.

giovedì 23 febbraio 2012

Se il silenzio rimane silenzio...

... si vede che non c'è niente da dire.

La primavera si sente, la temperatura si è alzata, i tulipani stanno spuntando in giardino.
Il lavoro sta prendendo una piega interessante, speriamo che non sia un fuoco di paglia, ma ci potrebbe essere finalmente qualcosa da fare in autonomia e con un certo gusto (senza citare le trasferte a Londra, Dubai, Abu Dhabi, Singapore, Shanghai e Hong Kong...). Fra brevissimo avrò la conferma se si tratta di una vera opportunità di lavorare a modo mio o solo di una maniera diversa di mantenere il mio status Gold di Frequent Traveller.

Ho quattro finestre nuove in casa. Anche qualche grattacapo relativo: gli operai mi hanno danneggiato la vernice delle cornici delle finestre - e la ditta dovrà rimediare, se sperano di vedere l'ultimo 10% di pagamento. Le tendine davanti sono di nuovo al loro posto, ma il meccanismo non funziona come dovrebbe, a causa della rottura per usura di alcuni passanti di plastica - e chissà se troverò mai di che sostituirli. Le tende sul lato posteriore sono inutilizzabili, perchè ora le finestre si aprono diversamente - e per giunta sono asimmetriche. Non mi rimane altra alternativa che installare dei pannelli a vetro, che vanno comunque fatti su misura... una soluzione va trovata in fretta, visto che fare la doccia senza uno straccio di tenda mi pare un tantino eccessivo.

Per il resto mi sento un po' sospesa - la pianificazione del lavoro emergerà presto, ho già in tasca un certo numero di biglietti aerei, vedrò amici che incontro sempre con piacere, riprenderò a giocare a golf e non appena avrò l'auto mi precipiterò a iscrivermi al corso + esame GVB nel Flevoland... ma in questo momento sono un po' immobile: un po' di momenti di vuoto, alcune scivolate in vecchie abitudini autolesioniste,  la casa e il giardino che urlano chiedendo attenzione... Non durerà, lo so, mi aspetto qualche twist of fate, ho voglia di aspettarmi qualche cambiamento per il meglio. Insomma, lo spazio per un po' di felicità sarebbe già disponibile.

lunedì 13 febbraio 2012

"Rivolazioni"

Sveglia alle 4,30 per il solito volo delle 6,10. Paolo mi porta al Marconi, la pista e’ bella pulita, si parte puntuali. Non riesco a dormire a bordo, certamente e’ colpa del caffe’ che mi sono fatta al bar – d’altra parte, sapendo che di caffe’ buono non ne berro’ piu’ fino alla prossima discesa in Italia, non mi perdo l’occasione. Il volo e’ tranquillo, l’aereo e’ pieno. Montatori trasfertisti, prevalentemente. Ragazzotti e brizzolati dal pesante accento bolognese, che riescono a parlare di mete lontane rendendole attraenti come la periferia di Castelmaggiore.

Ad un tratto, senza che alcunche’ faccia presagire nulla, le hostess cominciano a correre avanti e indietro, ordinando perentoriamente di raddrizzare gli schienali, di chiudere i tavoli. Un annuncio concitato dice che stiamo per invertire la rotta e tornare a Bologna e che le maschere di ossigeno potrebbero scendere. La hostess avverte i passeggeri seduti vicino alle uscite di sicurezza che potrebbe essere loro richiesto di aprire i portelli in caso di atterraggio di emergenza. Nessuno dice niente – niente panico, c’e’ una forma di impietrimento, capisco dopo. La hostess anziana ci spiega che il parabrezza dell’aereo si e’ crepato e che i piloti stanno gia’ indossando le maschere – cercheremo di fare un atterraggio di emergenza a Francoforte. Passano dieci minuti. Atterriamo. In distanza si vedono i lampeggianti dei mezzi di soccorso, ma non si avvicinano – solo un paio di ambulanze, vicino al punto in cui l’aereo si ferma. Scendiamo. Sfiliamo davanti a pilota e secondo, hanno lasciato la porta della cabina aperta, di proposito, per lasciare vedere il vetro sul punto di frantumarsi. Sono pallidi. L’hostess anziana chiede se va tutto bene. “Certo”, rispondo, e trovo il tempo per fare una foto.


Recuperiamo i bagagli, ci riproteggono su un volo che viene poi cancellato, quindi su un terzo in pesantissimo ritardo, a causa di un allarme bomba in aereoporto ad Amsterdam. Gli artificieri sono ancora dentro al Terminal 2, il Terminal 1 e’ chiuso, mi scrive la segretaria dall’ufficio. Io aspetto, e scrivo. Arrivo a casa con un ritardo di 12 ore.

Quando l’annuncio della possibile decompressione e’ stato dato, ho cominciato a riflettere. Ho guardato da dove sarebbero discese le maschere, ho tradotto l’annuncio per il signore cinese a fianco, che non parlava inglese. Ho pensato agli effetti della decompressione esplosiva e ho annotato come stessimo cercando di rallentare e di scendere di quota. Mi sono chiesta se i piloti avrebbero potuto reggere l’aereo in volo. Sarebbero bastate le cinture a tenerli al loro posto, se il parabrezza si fosse sfondato? Ho guardato la borsa fra i miei piedi e ho considerato se valesse la pena di scrivere qualcosa per qualcuno. No, niente da tramandare. A nessuno. Mi sono guardata le gambe e ho pensato alla possibile frattura di entrambi i femori all’impatto. Avrebbe fatto molto male? Ho pensato cosa sarebbe stato utile avere addosso, se fossimo riusciti ad atterrare e fossi sopravvissuta. No, niente soldi, ho messo il telefono in tasca e ho chiuso la lampo. Il passaporto, nello stivale destro. Avrebbe anche reso l’identificazione del corpo piu’ semplice, mi sono detta. Mi sono detta: potrebbe essere questo IL momento. Mi sono chiesta: vuoi pensare a qualcuno in particolare? Ho avuto una visione della mia casa olandese, vuota. Non ho sentito niente. Non un singolo moto di paura, di dolore, di rimpianto. Eccomi, mi sono detta, persino compiaciuta, sono pronta, se succede. Ho aspettato che le maschere scendessero, che i compartimenti scattassero all’unisono per rilasciarle. Non e’ avvenuto.

Mentre camminavamo lungo gli interminabili, inospitali corridoi di FRA, i miei compagni di volo commentavano ad alta voce, fra loro o al telefonino, dando tutti i particolari scatologici del caso, con l’accento bolognese ancora piu’ grasso e corporeo: decantavano la loro paura, la paragonavano a quella palpabile delle hostess. Ed io ascoltavo e ancora non riuscivo a capacitarmi dell’enorme NIENTE che avevo sentito, della sovrana indifferenza, della curiosita’, persino, di vedere come sarebbe finita...

domenica 12 febbraio 2012

A rebours

Questa Bologna sepolta sotto la neve, dove I cumuli ai bordi delle strade sono alti come auto (inevitabile pensare al Commendator Alboino del mio Marcovaldo), dove i suoni si attutiscono e le luci si amplificano, ha forse qualcosa di proustiano? E’ una osservazione banale, in fondo: cosi’ tanti luoghi, situazioni, persone mi riportano al passato, che e’ inevitabile che mi senta riportata giu’ per la china che invece con tanta fatica ho percorso negli anni. E mi pare ironico, in un momento in cui parole, sentimenti, momenti vicini sarebbero da dimenticare sopire cancellare, che invece il passato si riproponga continuamente, in una forma di revisionismo storico che a tratti mi disturba un po’.
Ceno  con un amico che sta attraversando un momento complicato – ma per fortuna sembra stia gia’ risalendo la marea – e ripenso a quando eravamo entrambi pieni di progetti ed idee, intrisi di infinita potenzialita’ e soprattutto ignari di tante cose che avrebbero drasticamente cambiato la nostra vita. Riporto alla mente le chiacchiere di stasera e penso alle rinunce o alle scelte che abbiamo fatto in nome di quelli che ritenevamo ideali, ma che, riguardando bene, erano solamente figmenti della nostra immaginazione: lui vissuto nella convizione di avere l’amore, io di avere la carriera (non esclusivamente, per entrambi), ci troviamo a interrogarci su quello a cui si e’ rinunciato in nome di una donna indegna e dove ha portato una idea arbitraria di progressione. Quello che abbiamo fatto, quello che NON abbiamo fatto, in nome di cosa, in nome di chi?
Le risposte, il mio amico, ahilui, le dovra’ trovare da solo – e son contenta che almeno una parte della sua vita stia per riaccendersi dopo tanto appannamento. Le mie risposte, per una volta sono piu’ chiare.
So di avere fatto tanto perche’ sono stata programmata (talvolta involontariamente) a farlo. Bene. Ho soddisfatto una pulsione. Ma poi? Se avessi una chance, rifarei tutto uguale? Ma certo che no. Tuttavia, nell’esaminare la mia biografia sintetica, vedo un filo conduttore, vedo una sequenza di concatenamenti – come nel gioco del Bersaglio della Settimana Enigmistica, ogni passo si connette bizzarramente al precedente, in un balletto che tutto sommato non giudico nemmeno esteticamente spiacevole.
Mi piace pensare di non avere rimpianti – di aver sempre fatto la scelta che in quel momento, per le conoscenze che avevo e per la mia capacita’ di comprensione, tuttora giudicherei sensata... significa forse che dal momento ti con zero ad oggi ci sia stato una sorta di percorso obbligato? Una catena inevitabile di causa ed effetto? In un certo senso si’, inevitabile per la Donatella che ero:  d’altra parte non si puo’ essere fuori di se’  stessi.... o perlomeno, questo e' un talento che mi manca.
Lo ammetto, questo pensiero mi da’ non poco conforto – come se, invece di un tunnel  oscuro come il cunicolo di una miniera, dietro di me si allungasse un luminoso corridoio, dalle pareti levigate color pastello. Non temo mostri che mi sbuchino alle spalle. Eppure, l’origine di questa situazione confortante e’ anche la radice di tante mie inquietudini.  Io ho sempre scelto per me e solo per me. Mai ho dovuto edulcorare le mie decisioni per includere qualcuno – con una specie di fissazione adamantina, ho proseguito per la mia via, perdendo talvolta gli accompagnatori che non riuscivano a stare al passo. E questo l’ho superato senza un’ombra di rimorso, certa come ero di quello che andava fatto. Mi accorgo di quanto spaventosa sia stata questa determinazione per chiunque mi si avvicinasse. E probabilmente e’ lo stesso spettro che mi aleggia sulle spalle ora e che mi isola dall’unica cosa che veramente desidero – condividere, trovare un’anima  gemella nel senso piu’ ampio, avere un interlocutore.
E se potessi davvero imbarcarmi in questo viaggio a ritroso, da quando questa aura ha cominciato ad avvolgermi? Esiste un punto ti in cui qualcosa mi ha cambiato? Da quando ho cominciato a fare paura?
Mi torna in mente un momento topico, che sicuramente apparteneva all’era in cui ero “altro”. Un ragazzo che mi piaceva moltissimo (nei lontani anni Ottanta) mi disse: “Vuoi diventare la mia Principessa Leia?”. Io ero di certo persa di lui, ma perche’ potesse avere il coraggio di farmi una proposta in termini cosi’ sconcertanti, non doveva temermi di sicuro. Oggi lo avrei seppellito sotto una risata, ma allora fui istantaneamente conquistata.
Va detto, per la cronaca, che fra noi duro’ pochissimo.

lunedì 6 febbraio 2012

L'era glaciale

Tutta l'Europa è ghiacciata. Io lavoro sul mio letto, con il calore delizioso del sole che entra dalla finestra. Dopo una settimana di influenza, finalmente nel fine settimana ho rimesso fuori il becco - per sciropparmi ore nel traffico inchiodato dalla neve e piedi nudi in palestre non riscaldate (fuori, -15°) - diciamo che trovo confortante ripetermi che queste sono le ultime zampate di un inverno che ha latitato ampiamente finora e che la primavera è giusto dietro l'angolo.
Ora, io non amo la primavera di per sè, ma quest'anno ho davvero un sacco di cose da fare, non appena le giornate si riallungano... avrò la mia MiTo per vedere gli angoletti di Olanda che mi mancano ancora (vorrei andare a visitare un'altra delle isole Frisone - Terschelling o Ameland) e soprattutto per giocare a golf imperversando per il Flevoland. Sto facendo già i piani per il Giappone, ma prima ancora avrò un fine settimana in qualche bella spa tedesca con Dido (dopo il successo del mio compleanno a Berlino, abbiamo pensato di farci un'altra scappata fra ragazze a marzo).
E i viaggi di lavoro? siamo paurosamente in ritardo con la pianificazione, a causa delle dispute che si stanno svolgendo nel Consiglio sul ruolo dell'Audit... ma prima o poi si sveglieranno, non aspetto altro!
L'umore diciamo che migliora, specialmente quando posso fare allenamento (e a Bruxelles a parte il deludente seminario di arbitraggio, ho potuto fare un po' di movimento di qualità!), poi peggiora quando entro nelle mie spirali negative riguardo a quello che vorrei, ma non ho, poi rimbalza di nuovo, talvolta per nessun motivo concreto (tipo quando I count my blessings) e via così. Chi ha pensato agli andamenti sinusoidali dei  biortimi doveva avere in mente qualcuno come me.
A volte mi domando, se avere tutta questa chiarezza sul di che cosa avrei bisogno (io o altri) mi aiuti oppure no. Chissà, se non fosse così, qualche rattoppo subottimale potrebbe bastare, ma...