giovedì 31 ottobre 2013

Sfide

Per quanto io passi otto ore al giorno a scrivere in inglese, i miei datori di lavoro tengono particolarmente a farmi comunicare in giapponese. Se non lo faccio, dicono, sarò sempre un'ospite. Comunicare con chi, mi domando, visto che tutti sono testa giù a fare le loro cose. Ma occasionalmente devo parlare con i colleghi del magazzino, che se ne stanno sul Lago Biwa. Per ora la mia frontiera è la chat con la gentile signora delle spedizioni. Potendo scrivere e quindi usando Google translate, posso evitare buche. Va detto che io tengo particolarmente a fare bene il mio lavoro, non tanto a farlo diventare un esercizio linguistico, quindi non è che l'impegno per non fare errori possa venire meno, sostituito da un gioioso quanto sgrammaticato chiacchiericcio.
Comunque sia, devo cercare di essere educata e comprensibile e finora la signora del magazzino mi ha sempre risposto aggiungendo anche qualche smiley di incoraggiamento.
Oggi ho dovuto parlare con l'ufficio postale. Si trattava di organizzare il ritiro di un pacco.
Il capo mi ha detto come si dice "ritiro" per farmi passare l'interno corretto. Ma prima di arrivare a fare la famosa telefonata, la spedizione andava preparata, il pacco confezionato, l'etichetta dell'indirizzo compilata esattamente e il dannato telefono aziendale doveva sputare il numero memorizzato del suddetto ufficio.
I colleghi mi avevano detto, chiama quando siamo presenti noi. Io invece sono andata in un ufficio ormai vuoto e mi sono arrangiata. E' stato più facile del previsto, ma dovete immaginare il panico assoluto quando la signorina dall'altra parte del filo ti chiede qualcosa che grazie al cielo riesci ad interpretare come bango, ovvero numero....numero de che? per fortuna so che in Giappone il numero di telefono funge da localizzatore nei navigatori delle auto e quindi, più che pensare al numero cliente o al numero di colli o al numero dei nomi di Amida Buddha, capisco che vogliono il telefono e una volta datolo, pace.
Cosa c'è di difficile in tutto ciò? Nulla. Ma di queste sfide minuscole devo affrontarne una decina al giorno - e non è che abbia avuto un onboarding da multinazionale, diciamolo pure! Sono praticamente produttiva dal giorno uno, e arrivo a fine giornata avendo completato i miei incarichi.
Oggi ho avuto persino tempo di completare un piccolo testo (una guida un po' scherzosa alla traslitterazione dei nomi stranieri in caratteri giapponesi) che chissà se verrà mai utilizzato... beh, prima o poi, se non lo useranno loro, qualcun altro lo farà.

sabato 26 ottobre 2013

Vita sociale

Si dice che la cosa più difficile nel cambiare nazione sia l'isolamento. Non è ovviamente il mio caso. A parte il fatto che la mappa delle emozioni va completamente ridisegnata, visto il ruolo che internet e i social media giocano nella nostra vita di oggi, anche dal punto di vista delle frequentazioni in carne ed ossa non posso lamentarmi. Oggi ad esempio vedo (di nuovo) il mio maestro Inoue. Vado a Nara (lui abita là), faremo quattro passi e quattro chiacchiere. poi la prossima settimana lui va in Italia mentre io resto qui.
La settimana prossima è piena di appuntamenti: Fumi, Sara, tutto lo Yubukan al completo... Maruyama non fa altro che mettere eventi in calendario e se fosse per lui sarei ogni fine settimana a sentire qualche concerto o a qualche celebrazione mangereccia.

Ieri sera la lezione di giapponese è stata cancellata per via del tifone. Ora, questa storia dei tifoni mi pare un pochino sopravvalutata, tanto è vero che son cadute due gocce ed io sono andata a fare allenamento vicino a casa. Eravamo quattro gatti, ma ho goduto l'allenamento immensamente, perchè rubato all'agenda usuale. Vero è che ieri mattina mi ero svegliata alle sei per andare a fare allenamento, ma il volume di acqua che scendeva a quell'ora mi ha consigliato di ritirami a letto. A fine giornata in ufficio però mi sono comprata una borsa impermeabile e alla sera via in bici (la pioggia però si era considerevolmente ridotta). Comunque, ho preso tanta acqua per il golf, mi sembra un insulto tirarmi indietro per il kendo. Non sono mica fatta di zucchero, come dice Jennie (glielo diceva la sua mamma quando era piccola e forse non amava andare in bicicletta sotto l'acqua).

La mia giornata tipo è abbastanza immutata: sveglia abbastanza presto, colazione in piedi (come in Olanda e in Italia...) latte freddo e un merendino (questa settimana il pane all'arancia della Boulangerie Okuda)). Esco in bici e devo dire che sono sempre contenta, vado al lavoro con vero piacere.
Passo le mie brave otto ore a rispondere alle mail dei clienti - dalle informazioni alle lamentele, qualche volta ai complimenti, prendendo parte ai riti aziendali (come recitare il motto tutti insieme come se fosse una preghiera, tutti compunti con le mani giunte). A mezzogiorno stacco e corro a casa (sempre in bici, due minuti secchi) oppure compro due cose al supermercato e mangio alla scrivania. Al lunedì sera vado a fare kendo, al martedì e al venerdì ho il corso di giapponese. Alle nove di sera sono di nuovo a casa (studio, rispondo alle mail, chiamo la mamma su Skype). al giovedì sera, visto che il mattino dopo vado presto a fare kendo, cerco di stare brava a casa e mi lancio in qualche ricettina... ultimamente sto perfezionando il mio pollo alla cacciatora à la Kyotò.
Questa settimana un amico kenshi da Milano era di passaggio a Kyoto per lavoro - abbiamo fatto pratica una paio di volte insieme, ci siamo fatti un birrino lunedì sera dopo l'allenamento (non è una cosa comune qui - tutti scappano a casa, perchè vengo quasi sempre direttamente dal lavoro al dojo) ed è stato così gentile da portarmi un pacco di sale grosso. Adesso posso tranquillamente tirare avanti fino a Natale senza sacramentare per la pasta sciapa.

mercoledì 16 ottobre 2013

Mangiare

Oggi per la prima volta da quando mi sono trasferita qui, ho sentito freddo. Il tifone è passato senza lasciar gran ricordo di sé, oggi già c'era il sole. ma stasera, uscendo dall'ufficio, ho finalmente sentito un po' di fresco. E' quasi una esperienza esilarante, dopo tante settimane di termoregolazione sbarellata dal calore e dall'umidità. Ho trovato questo segno dell'incipiente autunno davvero corroborante. Quando mi lamenterò per il freddo straziante, siete autorizzati a ricordarmi questa affermazione.

Ormai sono qui da un mese e mezzo. Sono certamente dimagrita (me lo ha detto anche la mamma, che mi ha visto su Skype una sola volta), un po' per l'intensità della vita qui, un po' per il cambiamento nell'alimentazione. Sto benissimo comunque, lo stomaco non si è ribellato a nessuna delle novità della dieta e in genere mi sento piena di energie.
Diciamo pure che mi sono impegnata strenuamente in una campagna di prudente verifica dei commestibili locali.
Alcuni alimenti sono lo pietre angolari della mia dieta: Spaghetti De Cecco, il Pesto Genovese Barilla (ebbene sì, ho ceduto), l'olio extravergine di oliva (marca Bosco... chissà in quale parte d'Italia lo sintetizzeranno), le baguette della Boulangerie Okuda... poi ci sono i dolcetti per la colazione (ho cercato i meno burrosi), il latte e le uova. L'ananas già pulito e le banane sono la frutta che compro regolarmente (ho provato anche le pere coreane, ma qui sono insapori - e l'uva nera, più foxy di così si muore). Poi ci sono i vari zuppotti liofilizzati, che fanno comodo nei momenti di fretta. La carne ha prezzi stravaganti, ma cerco di inserirne sempre un po' nella dieta, se non altro perchè qualche proteina non può fare male! Non di soli carboidrati si può nutrire la donna!
Insomma, bene o male non solo non soffro la fame, ma mi tolgo anche qualche capriccetto - non so come mai, i bignè giapponesi sono buonissimi e mi ricordano quelli di Gamberini che mangiavo da piccola. Mancano di glassa, ma la crema è strepitosa. Poi ci sono i dango (che sono davvero un gusto acquisito) purchè cosparsi di sciroppo di soya.

I Giapponesi, come vengono presentati in TV, mangiano continuamente ed hanno una ossessione per il cibo locale che si avvicina a quella degli Italiani. Ovviamente da noi si cercherebbe il salume o la pasta tipici, qui si fa altrettanto, con un accento forte sulle ricette delle nonne o del paesello natio.
Nella pubblicità e nei talk shows c'è sempre qualche personaggio che si caccia in bocca qualche pietanza a temperatura insensata e che, con la bocca strapiena, urla "OISHIIIII". Devo dire che a lungo andare la cosa mi rivolta più lo stomaco, invece che farmi venire l'acquolina in bocca, ma qui si usa così. Non sta bene soffiarsi il naso in pubblico, però va bene tirare su con il medesimo, fare rumori indescrivibili ciucciandosi in bocca gli spaghetti in brodo e parlare con la bocca piena. Sono troppo vecchia per rinunciare alla disapprovazione nei confronti di chi mangia con i modi dell'affamato - qui sono circondata, mi limito a non adeguarmi.
Non sono arrivata a sognarmi alla notte qualche cibo irreperibile - non compro le acciughe solo perchè costano una follia, ma nel mio supermercato ci sono. So che a Natale potrò rifarmi di tortellini, che sono l'unica cosa alla quale non rinuncerei mai e tengo duro.
Penso ancora a quando da Londra chiedevo a papà di farmi le tagliatelle al prosciutto, quando sarei tornata da quattro settimane di Inghilterra. Tempi lontanissimi, quando l'Europa era ancora un continente grande e la cucina di papà sembrava doverci essere per sempre.

lunedì 14 ottobre 2013

Arashiyama e tutto il resto

Ieri sono andata ad Arashiyama, praticamente periferia di Kyoto, nota per i suoi boschi di bambù, i templi e le scimmie. Io ci sono andata per due motivi: osservare i Giapponesi in vacanza e comprare qualche oggetto in un negozio che mi intrigava.
Arashiyama sarà presto un inferno, comparata a come l'ho trovata io: infatti ieri era una bella giornata di fine estate, non troppo calda e piacevolmente ventilata - la cittadina era affollata, ma l'attrazione principale non era ancora stata "installata": si tratta dei momiji, gli aceri che si trasformano in fiamma alla fine dell'autunno. Con il caldo che fa, secondo me sarà difficile vederli prima di novembre. Sono comunque il primo dei tre eventi che sto aspettando. Non voglio certo mancarli e di sicuro non avverrà: Kyoto è piena di aceri, come di ciliegi. Ad Arashiayama, visto che si trova fra le montagne (colline, via) l'effetto è normalmente moltiplicato e spettacolare. Ma non ieri.
Tanta gente: tutti soprattutto impegnati a mangiare. O a fare la fila davanti a un ristorante, o a mangiarsi un gelato - o una specialità giapponese che non mi vedrete mai provare: il Cetriolo Gelato sullo Stecco. Lo trovo vagamente osceno, ma magari avrei dei pregiudizi anche nei confronti del Calippo.
Tante persone, di tutte le età - le coppiette in yukata, le ragazze in gruppetti in kimono, tante persone di vecchiezza incredibile, bambini, scolaresche, il mondo. Tutti confluiscono ad Arashiyama con il treno (ci sono più stazioni che case) e si disperdono fra i bambù e i templi, oppure attraversano il ponte sul fiume. Credo che la gente che lo visiti sia la cosa più speciale del luogo. Io mi sono limitata ai boschi di bambù - ho schivato templi e scimmie - e poi ho cercato Ilaca, nome bizzarro per un negozio originale. Ne avevo letto più volte la pubblicità sui vari giornalucci per turisti. Mi aveva colpito il fatto che fossero specializzati in tegole.
I tetti delle case giapponesi tradizionali brillano di un grigio argenteo e le pendici e le sommità sono solitamente decorate con qualche motivo simbolico - quindi non si tratta solo di tegole, bensì di mascheroni apotropaici o fiori di loto o draghi. Ilaca, il cui business principale è appunto fare tetti, ha miniaturizzato alcune di queste sculture e ne ha fatto oggetti molto più trasportabili, fatti della stessa sostanza tattile e luccicante. Me ne sono venuta via con due oggettini minuscoli (e di gran lunga più leggeri di una tegola), due porta foto (li definisco così per mancanza di un termine migliore) che terrò sulla mia microscrivania del mio microappartamento per creare il mio microtokonoma personale.
Uno raffigura il drago: rappresenta l'augurio di prosperità e di fortuna in affari. L'altro la Nuvola dei Cinque Colori: le cinque felicità della vita: intelligenza, salute, ricchezza, longevità e una vita fruttuosa coronata da morte naturale. Mica paglia.

Illuminazione

Pare impossibile, ma a volte una epifania può avere luogo in circostanze mille miglia lontano dal contesto a cui si riferisce. Potere delle metafore: visto che il nostro inconscio funziona e si esprime tramite simboli, non può meravigliare se uno schema si può sovrapporre quasi inalterato su una situazione del tutto estranea ed improvvisamente illuminarla della luce della comprensione. Bella esperienza, utile soprattutto.
Oggi giornata interminabile al Butokuden, per un torneo di significanza nulla che mi è stato buttato addosso fra capo e collo. Non ho fatto granchè, anche perchè mi hanno messo a menar le mani con le ragazzine ventenni - non è il mio stile e nemmeno mi interessa più. Tuttavia, questo evento (e le circostanze apparentemente insignificanti al contorno) mi ha schiarito un aspetto della mia permanenza qui in Giappone, come un mese e mezzo di lavoro d'ufficio non aveva saputo fare.
Se lavorativamente le cose non muteranno radicalmente entro metà novembre, dichiarerò ufficialmente la mia esperienza conclusa e mi appresterò a passare il resto del mio tempo qui nel Kansai a fare la cosa che mi interessa di più: allenamento con i miei Maestri. Poi tornerò a casa contenta. Questo era un po' anche il presupposto del mio periodo di prova, ma con oggi ho capito che o l'azienda si focalizzerà su quello che SO fare, piuttosto su quello che NON SO fare, non ci sarà nessun motivo di continuare la nostra relazione.
Spero piuttosto che certi piccoli discorsi fatti oggi con alcuni amici possano portare qualche piacevole diversivo, un po' più in linea con quella che è la mia competenza...

venerdì 11 ottobre 2013

Analfabeta

Non sarà certo la scuola che sto frequentando (e alla quale dedico anche un discreto tempo di studio) a tirarmi fuori dalla mia imbarazzante situazione di analfabeta.
Il Giapponese, per qualche perverso motivo, sembra essere totalmente diverso da come lo avevo studiato. Quello che credevo di sapere, non si dice più. Quello che non sapevo, continuo a non saperlo. Innanzi tutto, dalla bella linearità delle forme "piane", mi sono ritrovata catapultata in un mondo di particelle, aggiuntine, ammiccamenti, perifrasi e masticature assolutamente inesplicabili. Non solo il numero di parole necessario per esprimere un concetto o una richiesta si è moltiplicato per due o per tre, ma anche la logica delle strutture sintattiche si è fatta vieppiù nebulosa.
Ora, dopo sei anni di Olandese, i miei neuroni si sono certamente avviluppati in modi e maniere estranei alla struttura del Giapponese, ma accidenti, qui è proprio il deserto. Sto virtualmente ricominciando quasi da zero, con l'aggravante di essere in una classe intermedia, che dà per scontato che io sappia quei 250-260 caratteri di base e abbia un vocabolario ben più esteso.

Detto ciò, sono tornata al Municipio di Kamigyo per cambiare la residenza, come prescritto dalle regole. Visto che almeno rimarrò a Ichijo-IVY fino al 22 novembre (ma io conto anche oltre, almeno finchè non tornerò per Natale), ho voluto fare la variazione anche sulla mia resident card, per non saper di storie.
Visto che l'azienda è chiusa per la gita aziendale (tutti ad Okinawa, tranne noi in prova), ieri sono andata a fare un po' di burocrazia. La prima volta me la ero cavata bene, con una impiegata molto carina che aveva fatto di tutto per farsi capire. Questa volta, mi son detta, sarà anche più semplice. Errore. L'impiegata di questa volta intanto aveva la mascherina dei monatti, e già questo non faceva di lei un'icona sorridente di sicuro. Ma, germi a parte, la fanciulla in questione senza tanti se e tanti ma, mi allunga il formulario, mi spiega cosa devo scrivere e mi spedisce via.
Sudori freddi, Devo ricopiare l'indirizzo vecchio e quello nuovo (che mi sono fatta provvidamente scrivere dal padrone di casa), approssimando la scrittura corsiva che l'impiegata precedente - e il padrone di casa - hanno impiegato. Con pazienza certosina, cerco di scrivere qualcosa di non troppo distorto. Davvero, sudo freddo.
Bene o male, restituisco tutto all'impiegata. No, l'indirizzo non va ancora bene. Devo mostrarle dove abito sulla mappa, perchè lei possa estrapolare un altro pezzo di indirizzo. Mi verrebbe da ridere, perchè la cosa non ha proprio senso, per noi Europei, ma in Giappone va così (e a Kyoto va già meglio del resto del Giappone). Per fortuna, il pezzettino che manca è presto trovato (sembra che possano esserci due alternative, a seconda del lato che si percorre per arrivare a casa mia (???), ne scelgo una e va bene così) e la monatta scrive. Pfiuuu. Non mi ha detto nulla delle mie zampe di gallina.
Ho ricopiato senza avere una pallida idea nemmeno del suono di quello che ho ricopiato. Gli analfabeti del Maestro Manzi avevano di gran lunga più competenza di me. Però sembra che ce l'abbia fatta. La monatta passa il tutto a un collega che deve riportare  il tutto in scrittura minutissima sul retro della mia resident card.
Proprio quando pensavo di averla sfangata, ecco che mi richiama al banco. Oddio.
La gambetta della Y di IVY (l'unica parte dell'indirizzo scritta in caratteri latini, è il nome della weekly mansion) è leggermente diagonale. L'impiegata vuole sapere se è giusta dritta o se è come l'ho scritta io. Reprimo una risatina sarcastica - mai fare gli spiritosi con i pubblici ufficiali.
Quella giusta è quella dritta, le dico. Lei annuisce, soddisfatta. Mi ha beccato in castagna - proprio quando pensavo di averla scampata.
La dura vita dell'analfabeta. 

domenica 6 ottobre 2013

Le COSE che mi mancano

Oggi, mentre aspettavo che iniziassero le danze delle maiko, seduta in un palco di loggione, mi sono baloccata con qualche elenco che mi propongo di arricchire nei prossimi mesi

Le cose che mi mancano dell'Italia (ma va detto, mi mancavano anche in Olanda):

1) Il sale grosso (si diventa matti a salare la pasta con quello fino - che come al solito NON sala)
2) La frutta (potrei uccidere per un bel grappolo di Uva Italia - o per le castagne, per quanto sembra che quelle qui si trovino, saranno esorbitanti come tutto il resto della frutta)

Le cose che mi mancano dall'Olanda (non sono tanto cose olandesi, quanto cose di casa mia):

1) un bel cavo lungo per il netbook (soprattutto con lo spinotto che rimanga fisso e non si stacchi ogni tre per due) - a Utrecht ne ho dei METRI (e non lo uso perchè ho il wifi) e qui...
2) la cancelleria (mi sto ricomprando tutto, evidenziatori, penne, quaderni...)
3) la roba da kendo (alcune cose me le posso anche ricomprare, ma non posso farlo certo con tutte - voglio il resto della mia armatura, le mie shinai, il mio set di manutenzione, i miei kendogi estivi...)
4) L'assenza di zanzare (quanto amo l'Olanda per questo!)
5) Le piste ciclabili (i giapponesi in bici sono un PERICOLO ! e i marciapiedi sono per pedoni e biciclette insieme)
6) Il golf (il mio club e i miei bastoni, in particolare il mio putter giapponese adorato)
7) I miei DVD (adesso che ho comprato un lettore di CD / DVD per il netbook)
8) Lo spazio in cucina

Devo anche aggiungere le cose che per ora proprio non digerisco del Giappone

1) La carta igienica ridicolmente sottile
2) Le zanzare nere!
3) Il pane (mica posso andare tutti i giorni da Fauchon a comprare la baguette! La boulangerie Okuda non mi convince ancora, il pane diventa gommosissimo nel giro di poche ore, sarà anche il clima, ma...)
4) La TV (Ok, perchè non la capisco, ma vi assicuro, forse è meglio così)
5) I furigana (che sono i caratteri dell'alfabeto sillabico che si scrivono piccoli piccoli accanto agli ideogrammi per suggerire la pronuncia): sono utilissimi, ma chi riesce più a leggerli? Oggi ho comprato una lente di ingrandimento - forse li tolgo dalla lista.
6) I vetri smerigliati (sembra che nessuno sia mai interessato a guardare fuori dalla finestra... per fortuna nella mia casa nuova ci sono i vetri trasparenti)
7) I ragazzotti sugli autobus che non lasciano il posto agli anziani antichissimi che salgono.
8) Le biciclette con il sellino ridicolmente basso


Estate non-stop

Anche oggi un caldo incredibile. Trenta gradi e una bella umidità a ottobre non sono proprio sempre agili da reggere, ma di domenica, potendo fare un giretto in bici e magari andando a spasso su bus iperventilati, cerco di non farmi spaventare.

Oggi pensavo di andare a vedere le maiko danzare giù a Gion. E' la stagione questa in cui le aspiranti geisha si esibiscono in vari teatri della città. Visto che non ho mai visto questo tipo di danze eseguite in un vero teatro e con tutti i parafernalia del caso, mi sembra il caso di fare un salto. Se trovo posto oggi, bene, altrimenti durante tutto il mese ci saranno altre occasioni.

Anche ieri ho fatto kendo a livelli inimmaginabili. Ogni due mesi, c'è un allenamento di tutti i gradi alti del Kansai. Guarda caso, si tiene a Kyoto, al Budo Center. Come si fa a mancare? Stavo anzi pensando di cominciare un blog esclusivamente dedicato al kendo, per non tormentare invano i miei lettori non interessati. Ci sarebbe un mare da scrivere - non saprei nemmeno come descrivere il senso di "soffoco" (è la parola migliore che ho trovato) che mi piglia quando vedo le possibilità di pratica che si aprono davanti a me durante il mio soggiorno a Kyoto. E' un'emozione bellissima, ma penso che la possa comprendere solo chi come me del kendo ha fatto una ragione di vita.
Visto che il tempo non è proprio la risorsa di cui dispongo di più, già mi devo impegnare per aggiornare questo blog, non credo avrei modo di reggere il ritmo di scriverne due. Mah, andrà tutto a finire nel mio libro, il giorno che lo scriverò.

Il Cinqueperdieci. Non è affatto dimenticato - una cosa è certa, qualche altra Occorrenza di qui a fine anno finirà nel sacco, ma altre dovranno essere rimandate all'anno prossimo. Non demordo.

Fine settimana

Ho pensato, fnchè posso, di tenere spazio nei fine settimana per fare un po' la turista. Ci sarebbe da fare kendo, ma ho pensato che venerdì mattina, sabato pomeriggio e lunedì sera sono sufficienti e che la domenica intera può essere santificata con un po' di riposo e di cultura.
Sabato mattina di una settimana fa, prima di andare allo Yuubukan nel pomeriggio, sono andata al santuario di Kamigamo, a nord di Kyoto. Il luogo e gli edifici in sé non hanno nulla di straordinario, ma essendo uno dei santuari più antichi di Kyoto (addirittura citato nel Genji Monogatari) è meta di coppie che eseguono lo sposalizio shinto prima di cambiarsi in abiti stile meringa e pinguino per celebrare il matrimonio all'occidentale, in finte cappelle gotiche costruite negli hotel cittadini.





La foto con i parenti
La foto che finirà incorniciata nel salotto buono





Domenica ho cominciato con il mio santuario totem, l'Heian Jingu - non è nemmeno antico, ma essendo la replica (in scala ridotta) del Palazzo Imperiale dell'epoca Heian, continua a toccare un corda sensibile.



Foto ricordo


Una bimba che sembra uscita da un film di Miyazaki

Una Miko che va di fretta





Vicino all'Heian Jingu (oltre al solito Butokuden) ci sono svariati musei, alcuni dei quali ho anche visitato nel corso degli anni. Ma domenica ho scelto di visitare il Museo Namigawa del Cloisonnè - l'ho fatto per il mio amico Cat, che è un appassionato collezionista. E' stata una vera scoperta.
A parte ammirare i pezzi deliziosi in mostra, si può imparare la complessità e la tediosità del processo di produzione del cloisonnè. Ma in verità, il vero pezzo forte è la casa museo del signor Namikawa: il giardino è quasi interamente occupato da un laghetto e l'insieme casa/giardino/stagno è considerato fra i capolavori dell'architettura urbana di Kyoto.



















Dopo, per compensare la mattina shinto, sono andata al tempio buddhista Kyomizudera, giusto per una passeggiata. Tanta gente a spasso, soprattutto giapponesi che stanno godendosi in yukata questa estate infinita.





Forse è l'inizio dell'autunno?










martedì 1 ottobre 2013

Georgia


Il Cafè au Lait della Georgia (a Coca Cola company...) è da molto tempo la mia bevanda preferita. Visto che lo si trova ovunque grazie a quella istituzione benemerita che sono le macchine distributrici di bevande (fresche e calde), l'ho sempre considerato il primo sapore del Giappone, con buona pace di sake e the verde. In fondo, per me il primo odore del Giappone è quello di tatami e bogu affastellati. Non proprio convenzionale, ma tant'è.
Adesso il Georgia lo trovo da Life e ne faccio scorta per la colazione. Quando esco di casa, ne metto una lattina nel cestino della bici e poi me lo bevo con comodo quando arrivo in ufficio.
Ci riflettevo stamattina, dopo aver lasciato la bicicletta nel parcheggio riservato all'azienda. In fondo sto prendendo le stesse abitudini di chi in Europa o in America si porta il bicchierone di Triple Grande Non-Fat No Foam Latte al lavoro. Mi piace, avere questo rito, e comunque è certo meglio di certi beveroni made in Starbucks.

Alba di San Remigio

Qui mi sveglio prestissimo. E mi va bene, perchè posso ciapinare in casa per un paio d'ore prima di andare al lavoro. Studiare giapponese (stasera ho lezione), navigare su internet (leggendo le notizie incommentabili dall'Italia), tenere i contatti con il resto del mondo.
La temperatura è ancora estiva - solo un po' meno umida. Si sta bene ed è una gioia andare in bici al lavoro o a fare allenamento.
Ho trovato un altro dojo per il lunedì sera - alcune persone (e soprattutto il maestro) sono le medesime del venerdì mattina. Di nuovo si tratta di un dojo dentro ad un edificio governativo di qualche tipo, una palestra enorme all'ultimo piano. Ieri sono andata per la prima volta, e una volta tornata a casa ho scoperto che avevo un nono dan dal piedino nervoso che mi aspettava dall'altra parte di Kyoto. Alè, primo epic fail della serie. Lunedì prossimo mi farà il contropelo.
Qua basta un attimo perchè qualcuno prenda degli impegni per conto mio - poi la conversazione non è che sia agilissima (sembro capirmi bene con le persone solo quando sono dentro al.  dojo, fuori il mio giapponese non fa molta strada, specialmente quando si tratta di appuntamenti). Vabbè, prima o poi mi abituerò.
Certo è che a tratti ho una sensazione che ricorda il soffocamento: come se tutto quello che mi sta succedendo di bello sia quasi troppo da sostenere. Cerco di non farmi travolgere, riportando la mente alle cose concrete, alle difficoltà che oggettivamente sto incontrando o incontrerò. Ma ci sono momenti di tale inadulterata felicità che quasi mi spaventano.
Ieri il Grande Capo mi ha chiesto di scrivere la descrizione tecnica di un paio di kote che sono stati fatti espressamente per la Campionessa del Giappone (ha vinto il Campionato a Hyogo due settimane fa). Ho scritto un pezzettino anodino, poi gli ho chiesto se potevo scrivere qualcosa alla mia maniera. Devo ancora avere un feedback su quanto ho scritto, ma solo il fatto di aver avuto l'opportunità di indossarli mi ha dato una soddisfazione incredibile - e poterlo mettere in parole, ancora meglio. Mi son detta, accidenti, questo non può mica essere lavoro - sarebbe troppo bello.
Per fortuna ci sono le mail ordinarie dei clienti a riportarmi sulla terra - ci vogliono attenzione e molta pazienza.
Anche oggi c'è il sole. Fra una mezzoretta mi vesto ed esco. Pausa pranzo nei giardinetti vicino all'ufficio. Dopo il lavoro schizzerò a lezione, e un altro giorno sarà passato.
Domani incontro Sara, che viene da Osaka - anche lei ha fatto Giapponese con Takeshita a Bologna. Ci siamo conosciute tramite Linkedin (mi ha consigliato lei la scuola!) e finalmente ci incontriamo.
Il mondo è piccolo, piccolo, e quanto più lo giro, quanto più me ne rendo conto.