domenica 22 dicembre 2013

Ode alla Lounge


Amata KLM Lounge,

chissà quando ci rivedremo! il mio status GOLD sta per decadere precipitevolissimevolmente e sarò scaraventata presto nelle galere delle file di poltrone davanti ai gate, in mezzo ai comuni mortali che non hanno mai avuto il piacere di conoscerti.
I miei giorni Up in the Air sono forse finiti? non potrò più pascermi di succo di pomodoro e cubetti di formaggio? Addio alla toilette extra lusso ed al sorriso accogliente delle stewardesses all'ingresso? Dovrò dimenticare il Wifi gratuito e le comode poltrone dotate di presa di corrente?

Ciò che mi turba però non sono questi banali elementi di benessere materiale (il cibo gratis, la musichetta da aeroporto, la comodità delle poltrone), bensì la perdita di quella piccola sceneggiatura che mi vedeva incontrare l'uomo della mia vita proprio in una lounge di aeroporto. Se la mia amica Costanza pensava di incontrare il suo Principe dell'Autostrada in una coda sulla Varese - Milano, io mi immaginavo di imbattermi nel bel manager incravattato/sbarbato fra un giro e l'altro al buffet della lounge. Si sarebbe incominciato parlando di lavoro internazionale e poi etc etc etc.

E invece il tipo panzuto di fronte a me parla con pesante accento bolognese, non ha la cravatta e francamente fa scappare la voglia di romanticismo anche ad una inveterata come me. Montaggista di sicuro, parla di cavi e cablaggi al telefono.
Giusto perchè sento la nostalgia di casa, tollero l'accento e ripongo in buon ordine le mie fantasie. Speriamo tornino buone ancora, un giorno.

Guerrilla Knitting: operazione conclusa con successo

Chi pensava che il piccolo dettaglio operativo del mio trasferimento in Giappone potesse segnare la fine del mio Cinqueperdieci deve rivedere un po' le sue convinzioni: mancano ancora 9 giorni alla fine del mio Anno di Compleanno, e da quando sono tornata in Europa ho ripreso a pieno ritmo l'esecuzione del Piano.

Sono riuscita a consegnare il Trofeo alla quinta Persona più Importante della mia Vita - l'ho fatto per posta, ma entro i termini. Poi mi aspetta ancora la Donazione alla Buona Causa, che può essere fatta anche l'ultimo giorno dell'anno. Oggi poi ho portato a termine l'attacco di Guerrilla Knitting che da tanti mesi aspettava il suo compimento.

Ed eccola qui, Anna Frank, con sciarpa e berretto, in un giorno freddo e ventoso proprio adatto...





So per certo che non riuscirò a terminare il Cinqueperdieci, ma avendo superato le 35 Occorrenze posso ritenermi piuttosto soddisfatta - non ho comunque intenzione di derubricare le Occorrenze mancanti, alcune delle quali sono particolarmente care al mio cuore. Mi darò un altro anno o due per eseguirle tutte. E' bello sapere di non essere a corto di idee per un altro pochino - anche se la mancanza di idee non è propriamente un tratto distintivo del mio carattere.

venerdì 20 dicembre 2013

Un passo indietro

Giusto per condividere le migliori foto che ho fatto la sera del Bonenkai aziendale, ovvero della Festa per Dimenticare l'Anno (questo è il significato del termine). Meglio dimenticare anche alcune delle performance, inclusa l'interpretazione di Heavy Rotation delle AKB48 o una serie di imitazioni di personaggi a me sconosciuti. Però è stata una bella serata ed una occasione per salutare Gavin che torna in Francia.

Kaigai Tsuhan, ovvero il Reparto Internazionale al completo


Gavin torna in Bretagna a fine anno

AKB48 revisited



Con le signore dei negozi vicino al Butokuden

Qui anche con la signora del Reparto Spedizioni

giovedì 19 dicembre 2013

Ahhhh... casa !!!

Antonella ed Emanuela sono venute a prendermi all'aeroporto, Jennie e Monique erano a casa, con i palloncini e il frigo pieno. Non poteva essere un ritorno a casa più bello di così. Prima di crollare a letto ho trovato l'energia per fare un giro con la Piccina, per farle sentire che ero tornata.
Quanto mi mancasse la mia casa lo avevo già scritto - ma essere qui al caldo, con la musica natalizia di Michael Bublè a tutto volume, con la mia cucina sterminata e piena di masserizie, improvvisamente mi sembra la cosa più bella del mondo, dopo aver cucinato per tre mesi e mezzo con due tegami, due posate e praticamente nemmeno lo spazio per appoggiare un piatto vicino all'unico fornello.
Stamattina la sveglia ha suonato alle 6,30, per motivi misteriosi, ma mi sono alzata piena di entusiasmo e ho cominciato a fare due valigie, una per Bologna e la prossima per il Giappone. Felicità pura.
Oggi mi sono risolta a non uscire, nonostante la bella giornata, so che il jetlag colpirà presto, verrà un momento in cui mi spegnerò come Coppelia a cui sia finita la carica a molla. Domani uscirò per pranzare con Antonella e allora mi riprenderò la mia Utrecht - tante cose saranno cambiate in tre mesi e mezzo, voglio camminare fino in centro e godermi ogni passo.

mercoledì 18 dicembre 2013

Helsinki. Lounge. Interno sera.


Il miglior volo della mia vita. Una intera Business Class quasi tutta per me, una disposizione dei sedili inedita, persino il finestrino nella toilette. Soprattutto la gioia vera di viaggiare Business senza una agenda di lavoro davanti e senza uno stronzo autentico di fianco, i.e. il mio ex manager..
Mi godo Wolverine Samurai, incredibilmente girato anche nel tempio di Shiba a Tokyo, che ho visitato tante mattine per avere l’ultimo sprazzo di Giappone negli occhi prima di prendere lo shuttle bus per Narita.
Torno in Europa felice di tornare, per vedere gli amici e la mia famiglia, mia madre e i miei fratelli. La mia casa, le mie case, le mie cose. Felice di trovare l’inverno, di ritrovare i canali di Utrecht, i portici di Bologna, l’enoteca di Legnano. Felice di ritrovare il mio golf, paradossalmente.
Ma poi felice di tornare, sapendo che non ho ancora finito in Giappone. No, non è il posto dove penso di trasferirmi, tranquilli, ma vorrei terminare quello che ho iniziato, un po’ per coerenza, un po’ perché penso di poter imparare un mestiere nuovo ed appetibile.
Ho scoperto con grande sorpresa, giusto ieri sera alla cena aziendale di fine anno, il Bonenkai, che uno dei maestri che ammiro di più al mondo (e che conosco da oltre venti anni), si è preso il disturbo di SCRIVERE UNA LETTERA al mio Presidente (che mi ha raccontato tutto ciò) per chiedere di me ed accertarsi che io stessi bene. Non sono gesti che si prendono alla leggera, è stato commovente, così come la telefonata in ufficio direttamente a me di un altro maestro molto caro. Evidentemente sto suscitando un po’ di scompiglio nella comunità dei miei amici e conoscenti. Forse non pensavano avrei retto alla vita lavorativa in Giappone. Quando ho detto ad una compagna di keiko che mia madre ha 94 anni ed è “a tough cookie”, mi ha detto, adesso capisco da chi hai preso tu. Non l’avevo mai vista in questo modo, ma sì, io sono figlia anche di mia madre, non solo di papà. Ci vuole un po’ a disfarmi, come testimoniano i risultati del checkup medico aziendale: a parte l’occhio destro, corretto malamente, per il resto ha avuto A su tutta la linea – calata 4 chili, un colesterolo mai così basso, il Giappone mi sta rendendo più forte, anche se non più ricca.
Cosa farò una volta in Europa? Mi immergerò voluttuosamente in formaggio di capra e salumi, pasta corta a fiumi e frutta frutta frutta, E vino, ma in compagnia di chi lo sa reggere.
Fumi è venuta all’aeroporto a salutarmi, le ho ammollato un intero trolley pesantissimo, tutti i miei libri e gli indumenti che probabilmente mi serviranno ancora. E’ una grande amica, è un privilegio conoscerla, e non è una scoperta di oggi. Un’altra persona che non vedo l’ora di rivedere è Alessandra, amica di recente data che abita a Osaka, ma con cui ho fatto un pomeriggio e una sera di chiacchiere piacevolissime. Anche Renato, sarà bello rivedersi per un keiko a Nanba.

Ma questo sarà a gennaio. Prima Natale, dove il Natale nel bene o nel male significa qualcosa. Tortellini soprattutto. E, non dimentichiamolo, ci sono ancora residui di Cinqueperdieci, che mi dovrà per amore o per forza accompagnare ancora per un po’….

La migliore offerta


Devo ringraziare Dina, per avermelo passato via Dropbox, e Marco, per avermi incoraggiato a vederlo, nonostante Dina mi avesse detto che fosse triste.
L’ho trovato bellissimo, triste, forse, ma nemmeno tanto. Adoro Geoffrey Rush. Che voce meravigliosa. Il suo personaggio poi, il bisbetico che lentamente si scioglie, si rivela, si espone e cade, non può non riscuotere tutta la mia simpatia. Un uomo nella sua fortezza, che segue la sua strada, per paura o per convinzione, poco importa. Un esperto eccellente, con una passione segreta, che lo nobilita al di sopra della disonesta astuzia con cui si procura il proprio piacere. Sì, dico lo nobilita, perché la passione nobilita sempre, quando non fa del male a nessuno. E questo uomo che pare aver trovato la sua pace, se non la sua felicità, viene trascinato fuori dalla sicurezza delle sue mura, e non tanto derubato dei suoi averi, quando rapinato del proprio equilibrio e della propria solitaria sanità. I can relate.
Una ossessione solitaria che diventa una ossessione per una persona e proprio nel momento in cui sembra risolta e destinata ad un happy ending, ecco che la terra scompare sotto i piedi, chi si ama si scopre ben diverso, un falso, un inganno, una facciata. E l’unica cosa che rimane è l’insensato desiderio di non essersi sbagliati, che no, quella persona non può aver mentito, quel gesto, quella frase, non posso essere stati simulati.
Caro Mr. Oldman, tutto passa, prima o poi ci si accorge che davvero è stato tutto un inganno e che l’unica cosa da fare è buttare dietro le spalle anche i momenti bellissimi che sembravano veri, ma che, alla prova dei fatti, erano solo elaborate (e malvage) finzioni.

Tornatore, chapeau.

domenica 8 dicembre 2013

Dipendenza grave

Una cosa che di sicuro non manca qui a Kyoto è il Kendo. Il problema degli stranieri espatriati che pensano di fare Budo dalla sera alla mattina è che una volta arrivati qui si accorgono che la cosa non è poi così semplice da realizzarsi.
Ne parlavo giusto ieri sera con Alex e Jan - il primo, neozelandese, è professore alla Kansai University, è settimo dan ed è praticamente una leggenda vivente che passa un sacco di tempo su NHK e scrive libri spiegando il Budo ai Giapponesi. L'altro, ceco, ha aperto la sua società a Tokyo e fa pratica tutti i giorni. Terzo dan, ci siamo conosciuti ancora ai tempi della trasferta che io, Livio e Valentina facemmo in quel di Praga, quando Fumi abitava ancora là. Ere geologiche fa.
Anche loro, pur consolidati ben più di me nel tessuto sociale giapponese, riconoscono che mantenere la routine di allenamento può essere duro. Gli impegni di lavoro sono prioritari su qualunque cosa, e qualcuno getta la spugna. Se poi si finisce per sposarsi e mettere su famiglia, ecco che il destino è segnato: bye bye, dojo.
Quindi io mi ritengo fortunata, perchè per quanto debba scapicollarmi sulla bici per arrivare zaino in spalla dove devo, bene o male ho potuto forzare le maglie del sistema e avere il rispetto al minuto dei miei orari di lavoro. No, non è scontato, i miei colleghi rimangono sempre dopo di me e anche se sono i primi a dirmi di mantenere l'orario, sono anche sempre seduti fino a che il Grande Capo lo è.
D'altra parte, la mia azienda non se ne farebbe nulla di me, se io smettessi di essere quello che sono: ovvero una sopravvissuta. Donne che fanno Kendo alla mia età e del mio grado non se ne vedono tante in giro - questo mi rende un po' speciale, probabilmente, e, credeteci o no, mi domando anche io come mai all'improvviso mi sia ritrovata quasi da sola fra le mie coetanee. C'era Jolanda, ma la malattia l'ha fermata. C'è Christiane, che però non è molto mobile fuori dalla Francia. Olga non la vedo da un po'. Naturalmente c'è Dido, che però è un po' più giovane di me. Le altre sono tutte fanciulline in confronto: quando arriveranno all mia età, io comincerò a vedere la prospettiva di percepire una pensione (in Olanda, perchè in Italia...).
Se faccio Kendo da 28 anni e sblisga, un motivo ci sarà. Per stare sul semplice, il Kendo dà una dannata dipendenza. E' un fatto fisico, oltre che mentale. Qui in Giappone poi puoi strafogartene senza ritegno: ieri dopo le tre ore di pratica con i Kodansha del Kansai, ho fatto un'oretta di pausa e poi due ore e mezzo di allenamento con i bambini e i ragazzini dell Yubukan, per finire con gli adulti e il maestro Miyoshi. Finito tutto ciò (neanche la possibilità di fare una doccia), una persona normale prenderebbe su i propri stracci e andrebbe a casa. Invece nell'attraversare il cortile ho sentito "rumore di Kendo" provenire dal Butokuden (notare che si fa allenamento a porte aperte, la temperatura dentro è la stessa di fuori) e sono andata a curiosare. Ho incontrato Alex e Jan e ho finito la serata con loro - parlando di Kendo (e meravigliandomi del numero di pinte di birra che riescono a bere).
Oggi mi riposo. I ragazzini mi hanno fatto di nuovo un polso rosso fuoco e nel pomeriggio vado ad Osaka ad incontrare Alessandra, nuova amica italiana che vive felice in Giappone. Tante cose da raccontare e da imparare!

domenica 1 dicembre 2013

Finalmente i momiji

Con Fumi e Manami, che sono venute apposta da Osaka, ho passato una giornata ad Arashiyama, dove ero stata in epoca non sospetta e meno affollata, per vederla per ciò per cui va più famosa: gli aceri d'autunno. E i Giapponesi ci vengono in frotte, affollando i treni, le strade e i ristoranti. Si potrebbe dire che il fenomeno è un po' sopravvalutato, ma per me lo spettacolo è costituito dall'osservazione dei Giapponesi stessi, che fanno cose non diverse da quelle che facevano i loro antenati. E soprattutto lo fanno disciplinatamente, tutti in fila e con il massimo rispetto per l'ambiente.
Abbiamo preso anche il Torokko - ovvero il Romantic Train, che con carrozze d'antiquariato ci ha portato da Arashiyama fino a Kameoka, costeggiando il fiume, sul quale i turisti si fanno portare su lunghe barche che ricordano quelle degli ukiyo-e. Una giornata molto intensa, anche perchè poi non sono riuscita a fare a meno di andare a fare un'ora e mezza di allenamento allo Yubukan. I bimbetti mi hanno pestato di brutto e, porca miseria, io devo aspettare chissà fino a quando per pestare loro.





























Avvento

E non mi riferisco al Santo Bambinello, bensì alla Benedetta Sottoscritta, la quale finalmente ha messo in chiaro al lavoro che il giorno 18 dicembre, portata sulle ali della Business Class Finnair, se ne tornerà in quel di Schiphome, dove spera l'accoglieranno le Arcangele e le Cherubine e magari un occasionale Re Mago.
Che io torni in Europa, è fuor di dubbio. Quanto rimanga, è ancora invece tutto da decidere. Il fatidico colloquio di fine test difficilmente avverrà prima di un'altra settimana, anche se il contratto finisce il giorno 3 dicembre.
A mezze parole mi aspetterebbero di nuovo a Kyoto il 6 gennaio, ma non è ufficiale, non è sicuro, non si dice, non si mormora e nemmeno si deve pensare. Ergo, mi concentro sull'immediato.

Arrivo il 18 dicembre alle 18,15 con il volo AY0845, rimango un po' a casa ad Utrecht, ma già ho il volo per Bologna, domenica 22 dicembre. Pensavo di guidarmela giù fino a Milano e poi Bologna, ma poi mi sono resa conto che lo sbattimento sarebbe stato eccessivo, specialmente attraverso l'Europa gelata. Dopo Natale (ovvero dopo la Cena degli Ingegneri del 27) prendo un Italo e vado a Milano e poi a casa a Legnano. Parrucchiere, amici e poi via di nuovo verso Bologna. Torno in Olanda il giorno 3 gennaio. Dopo, è tutto da vedere.

Natale a casa con la mamma, non esiste un altro modo. Sotto i portici di Shijo si sente la musichetta di stagione, ma qui il Natale è un giorno come un altro, un vero fatto puramente commerciale. Il 25 si lavorerebbe. Vi giuro, alla sola idea di lavorare il giorno di Natale mi vengono i lucciconi. E non perchè sia un giorno di particolare valenza religiosa, ma perchè il giorno che ho sempre amato, che fa casa, che fa famiglia, che mi ricordo da quando ero troppo piccola persino da sapere che mia madre si chiamasse Renata. L'odore dell'albero di Natale, la pentola del brodo sul fuoco, i vetri appannati della cucina su cui disegnare due uova, una sigaretta, una scatola di fiammiferi e tutto il giro della piazza: e la casa piena di gente, dai tempi della zia Nina a quando mio fratello e mia sorella venivano con le nipoti.
E naturalmente si mangiano i tortellini. Senza tortellini (buoni) non esiste Natale.


lunedì 25 novembre 2013

Leo


Il signore nella foto si chiamava Gianfranco Leonardi, ma tutti lo chiamavano Leo. I miei amici non kendoka si domanderanno che cosa ci stia a fare sul mio blog olandese/giapponese, ma Leo fa parte della mia vita da talmente tanto tempo che il fatto che il cancro ai polmoni se lo sia portato via mi pare difficile da credere.
Lui è stato uno dei miei primi maestri di kendo - e andiamo indietro almeno al 1986 o '87. Lo incontrai per la prima volta quando ero ancora un kyu, a Fiuggi, in uno dei quegli assurdi seminari completamente spesati della gestione Coladonati. Lui era il maestro dei kyu, mentre Costa era quello dei dan. Visto che che ci facevano fare allenamento sul nudo cemento, lui ci portò tutti in un prato, dove evidentemente le pecore avevano pascolato, ma che era di gran lunga meglio del pavimento scassaossa che i provvidi organizzatori ci avevano riservato. Un allenamento indimenticabile, forse un po' surreale, terminato con uno strano interrogatorio che il maestro ci fece alla fine della pratica. Eravamo tutti seduti in fila, era arrivata un'auto dei Carabinieri a tenerci d'occhio- non dovevamo essere uno spettacolo tanto usuale, nei prati intorno a Fiuggi. "Se vi è piaciuto l'allenamento alzate la mano" ci chiese Leo. Tutti alzarono il braccio. Leo negli anni a seguire si vantò sempre di essere riuscito a farci fare il saluto romano davanti ai Carabinieri, i quali probabilmente non rimasero molto impressionati da quella adunata sediziosa di nostalgici e ci lasciarono tornare in pace a mangiare i generosi piatti di rigatoni dell'hotel.
Leo amava scandalizzare. Dire cose scandalose, fare cose scandalose. A me piaceva, anche perchè mi sembrava di capire bene quale fosse il suo gioco. Bastian contrario, sempre. A partire dai capelli lunghi e dai baffoni. Da tutte le mogli in sequenza. Dagli atteggiamenti dei suoi (fortissimi) ragazzi del Kenyukai, che però dovevano sempre fare qualche gesto fuori posto. Loro, contro il resto del mondo. Leo, contro il resto del mondo. Leo, che non volle entrare in Fenike nell'88, perchè voleva "combattere la FIK da dentro".
Con me è sempre stato gentile, anche se ovviamente a scandalizzare me ci provava comunque, anche se con poco successo. Negli ultimi anni, quando si era già tagliato la coda, era rimasto scandaloso ma era diventato carino, anche se il suo modo di essere carino non è bene riportarlo nei dettagli. Erano solo parole, ma dette da lui erano complimenti e li prendevo come tali. In fondo, a 50 anni non puoi fare più la pulzella che arrossisce.

Nel Kendo Leo era anni luce davanti a me. Io l'ho sempre considerato un maestro, anche se negli ultimi anni ho avuto poche occasioni di fare pratica con lui. In particolare, mi ha insegnato un dettaglio, una singola cosa, che ho consciamente copiato da lui nei miei kata e che continuo a fare. E ogni volta che la faccio, ricordo "questo l'ho imparato da Leo", da lui, che mi sembrava così elegante e forte quando la faceva a sua volta. Sono praticamente quasi trentanni che lo penso ogni volta che faccio i kata. Non credo nemmeno di averglielo detto mai.

E adesso non glielo potrò più dire, nè potrò più far finta di scandalizzarmi delle cose che diceva. Mi mancherà, quell'accidente, e mi dispiace da morire.

Autunno da cartolina

Ho dovuto scappare dal kendo che mi inseguiva, ma ieri mattina mi sono presa il tempo per andare a fare qualche foto in giro. Sono andata al Palazzo Imperiale, dicono sia un buon posto per i momiji. Bisogna saper cercare, ma qualcosa c'è. Forse dovrò tornare proprio ad Arashiyama a contendere lo spazio agli indigeni in caccia di foto come me, ma ci penserò il prossimo fine settimana.