giovedì 27 ottobre 2011

Amico

amico[a-mì-co] agg., s. (pl.m. -ci, f. -che)

• agg.

1 Che dimostra o denota solidarietà, affetto, disponibilità: parole a.; favorevole, propizio: sorte a.

2 estens. Militarmente, politicamente, culturalmente affine SIN alleato: paese a.

• s.m. (f. -ca)

1 Chi ha un rapporto di affetto e stima con qlcu.: un caro a.; a. fraterno, intimo || a. del cuore, l'amico prediletto o, eufemisticamente, l'innamorato | amici per la pelle, molto uniti | l'a. dell'uomo, il cane || fig. a. del giaguaro, chi, senza volere, favorisce gli avversari del proprio a. | nel detto amici come prima, per significare che dopo un contrasto non restano rancori

2 Persona conosciuta che non si vuole nominare, gener. in contesti scherzosi o ironici: sentilo l'amico!

3 Per eufemismo, amante, innamorato: è la sua a.

4 Chi ha un'inclinazione, chi prova interesse per qlcu. o qlco. SIN cultore, amante: un a. degli animali

dim. amichetto | accr. amicone

• sec. XIII


Purtroppo anche il dizionario non aiuta - c'e' molta ambiguita' nel termine Amico, specialmente quando viene usato in forma di eufemismo. Eppure, io credo di avere chiarissima la distinzione fra Amico, Innamorato, Fidanzato, Amante. Le differenze stanno nel modo in cui ci si saluta, nella distanza fisica che si tiene, se ci si fronteggia o se si sta fianco a fianco, negli argomenti che si possono affrontare e in quelli da evitare.
Io so come essere una amica, nella mia accezione ben definita. Eppure incontro spesso persone che non ne hanno una idea e che pensano di poter danzare da un ruolo all'altro senza alcuna remora. C'e' una classifica emotiva, una spirale a salire, che non puo' essere ripercorsa a ritroso in modo arbitrario, questo perche' nell'ascendere si passano soglie di cristallo, che vanno in frantumi e non si possono riparare piu'. Mi piacerebbe che qualcuno tenesse questa immagine bene in mente, prima di fare passi o dire cose che cominciano a far incrinare i diaframmi... nel dubbio, chieda a me, che gli spiego...

martedì 25 ottobre 2011

Golf in the Kingdom


Devo ammettere la sconfitta. Questo libro è riuscito a sfuggire ad ogni tentativo di trovare un interesse a cui attaccarmi per riuscire a conquistare l'ultima pagina. Ho mollato prima della metà, quando ormai stavo cominciando a sentire i morsi della rabbia, che avevo cercato di sopire riga dopo riga.
Prima di tutto, si tratta di narrativa. Passati i sedici anni, non sono più riuscita a trovare grande interesse nei romanzi di qualunque natura. Più correttamente, non sono più riuscita a trovarne l'utilità. Non so come mai io mi sia sempre posta l'obiettivo di imparare qualcosa da qualunque attività intraprendessi, fatto sta che l'arbitrarietà e la soggettività dei romanzi (con i loro personaggi che talvolta fanno scelte e gesti dalla logica a me incomprensibile) non mi hanno mai dato l'idea di potermi insegnare nulla di applicabile. Lo so, è una visione riduttiva, ma a meno che la prosa non fosse davvero coinvolgente, difficilmente un'opera di pura invenzione poteva catturarmi. Sono anni che leggo saggi, manuali, biografie o guide pratiche. Un romanzo deve avere davvero quel qualcosa in più... come The Legend of Bagger Vance, per esempio... ma no, Golf in the Kingdom proprio non riesce a prendermi, con i suoi personaggi-macchietta, che urlano nella notte e che parlano solo di teorie astruse - applicate a cosa, poi? al golf!
L'odioso modo in cui l'autore cerca di rendere il pesante accento scozzese dei suoi eroi mi fa coagulare il sangue nelle vene e cadere le unghie dalle dita, come se qualcuno facesse stridere un gesso sulla lavagna, con insistenza priva di qualunque pietà.
Sicuramente ci sarà qualche insegnamento nascosto, sul golf, o sulla vita, o sull'Universo e tutto quanto, ma, mi dispiace, persino The Inner Game of Golf è rinfrescante e scorrevole in confronto alle vicende astruse e allucinatorie di Murphy.
Il primo proposito che ho espresso una volta entrata nell'età adulta è stato Mai perdere tempo con qualcuno che non ti interessa, mai leggere un libro che non ti piace, mai mangiare un cibo che ti lascia indifferente. Golf in the Kingdom non mi farà recedere da questo sano precetto, che tante volte mi ha soccorso nei tempi di dubbio o di eccessivo buonismo, una piaga, quest'ultima, che spero mi abbandoni con il naturale inacidimento derivante dall'avanzare dell'età.

giovedì 20 ottobre 2011

Due parole, vi prego, sull’A.


Innanzitutto, dichiaro la mia incompetenza. Non un buon inizio, lo so, ma talvolta partire da cio’ che non si sa aiuta a circoscrivere cio’ che si conosce davvero. Non so molto sull’argomento, perche’, come di consueto, io giudico le cose in base al loro risultato; se avessi saputo di che si tratta, oggi lo avrei trovato o avrei avuto i mezzi per indurlo, procurarlo, estorcerlo o persino simularlo. E invece no.

Ho pensato: forse e’ perche’ non ho saputo riconoscerlo quando ce lo avevo o quando mi e’ passato vicino. Mai che mi dica, forse non ho saputo riconoscerlo quando l’ho PROVATO.
Allora, se voglio essere scientifica, devo cercare in primis di capire la mia definizione del medesimo, per quanto ammetta che il tempo e l'esperienza di vita possano averne alterato la percezione.

Mi richiamo naturalmente a come lo avevo appreso da mia madre – non che ci sia stata una sessione di formazione specifica riguardo alla cosa (non dimentichiamo che tutto quello che so sul sesso l’ho imparato sull’Enciclopedia Motta), ma e’ ovvio che i racconti della mamma mi hanno aiutato a dipingere un certo quadro. Dunque: L’A. e’ un fenomeno che si verifica fra un soggetto (me) e possibilmente un membro attivo delle seguenti categorie:
a) Ufficiali preferibilmente in uniforme di gala
b) Distinti giovanotti di buona famiglia che diventeranno agiati professionisti
c) Eredi di fortune terriere, possibilmente dotati di titolo nobiliare, come attestato dal doppio cognome
d) Uomini privi di fortuna materiale, ma con un solido senso della famiglia e soprattutto, molto, molto belli (come papa’)

In un certo senso, il quadro di riferimento e’ chiaro. Bene. E come deve avviarsi il fenomeno suddetto? Ora, sempre seguendo gli insegnamenti impliciti della mamma, non si deve fare nulla, tranne che essere attraenti, educate e dotate di un paio di gambe belle dritte, perche’ i cosiddetti pretendenti si allineeranno alla porta, pronti per essere, a scelta non mutuamente esclusiva, scrutinati in base alle loro buone maniere, incontrati con chaperone al fianco, baciati sotto un cielo notturno solcato dai fari della contraerea, fatti sospirare sotto le finestre e infine, con ovvia conclusione, sposati.
Non e’ stato dunque semplice, con questo background, avviarsi verso un futuro di successo sentimentale. Altre vicende poi hanno solidamente impiantato nella mia coscienza il fatto che l’oggetto dell’A. non poteva che essere alto, capelluto e perfettamente rasato.

Nei racconti della mamma non c’era mai il fattore competizione: il risultato era sempre garantito, ma ho con l’esperienza capito che in una trattazione seria e completa sull’ A. non puo’ mancare il capitolo: Della conquista.
In questo tipo di gara (due femmine interessate allo stesso maschio), mi sono sempre data perdente a priori. Diciamo pure che solo fosse stata nell’aria un’ipotesi di competizione, io proprio non entravo nell’arena. Non mi batto per le ossa della polenta? No, semplicemente ho sempre nutrito una solida certezza di non avere mezzi per arrivare ad una conclusione che non fosse frustrante, umiliante e deludente. All’inizio ci pativo un po’, poi ho anche acquisito un’altra grande verita’ che per fortuna mi ha un po’ pacificato riguardo a questa totale assenza di spirito combattivo: ovvero: Non c’e’ nulla che possiamo fare per essere amati. Quindi, la conquista, in realta’, non esiste nemmeno: per quanto ci si sbatta per essere in alternativa: 1) delle grandissime gnocche 2) un po’ sciocchine con grandi occhi adoranti 3) simpaticissime brillanti divertenti di buona conversazione, non ci sono punti che si possano guadagnare, perche’ l’A. avviene per puro caso. Come uno tsunami si abbatte su una costa ignara, ecco che qualcuno si incapriccia di qualcun altro, segue una serie di contrattazioni piu’ o meno esplicite (credo si chiami corteggiamento) e se la vittima (volevo dire l’oggetto del desiderio) si sente sufficientemente in sinc, ecco che succede qualcosa. Mai che succeda che due tsunami si verifichino contemporaneamente, non venitemela a raccontare.

E cosi’, se mai qualcuno in eccezionali occasioni ha catturato il mio interesse, raramente la cosa è stata ricambiata in termini comparabili, per contro, se mai qualcuno è stato interessato a me... beh, diciamo che negli ultimi anni le tipologie di corteggiamento hanno preso dei twist piuttosto inquietanti.
In primis, devo ammettere la mia sordita’. Gia’ stento ad accorgermi se qualcuno ci sta provando (casi eclatanti me lo hanno dimostrato). Probabilmente l’assenza dei fari della contraerea a fendere il cielo mi disorienta un po’: vedete come la formazione di base puo’ incidere?
In secundis, il gioco non rispetta piu’ le regole: io libero, tu libera, magari mettiamo su qualcosa?
Macche’: io sposato ma infelicemente, con amante fissa, ma con qualche slot disponibile, interessa?
O anche: io sposato, tanto innamorato della mia mogliettina, che stranamente non me la vuole piu’ dare, se magari...?
Oppure, io single con figlio ma a mia volta figlio di divorziati scioccato dagli eventi dell’ infanzia che quindi si sente autorizzato ad esibire tutte le forme di deficit emotivo descritte dalla psicoanalisi, si combina?
Ancora meglio: io sposato sempre infelicemente (ma tutto sommato io e mia moglie siamo amici...) con un sacco di relazioni piu’ o meno superficiali, ma pure con l’amichetta che potrebbe diventare un legame fisso, ma fino ad allora, che ne dici?
La serie potrebbe proseguire, ma mi fermo qui.
Io sono single, posso fare quello che voglio, ho potenzialmente disponibilità illimitata, sentimentalmente parlando: ma pare che l’unica cosa che interessi di me a costoro sia privarmi proprio della mia liberta’, senza un'ombra di scrupolo: togliermela, sfilarmela dalle mani, come se la potessero prendere loro che non ce l’hanno (e che non hanno il coraggio di prendersela, per stare con me), tenendomi attaccata ad un gioco frustrante di so e non so, di mi piacerebbe ma non posso, di mi piaci molto ma manca l’alchimia, di quattro passi appassionatamente avanti e cinque passi di corsa indietro. Forse sono una ragazza troppo paziente. O forse con una soglia del dolore pericolosamente alta. Forse dovrei imparare a dire qualche vaffanculo in piu’, senza farmi tante domande sulla serietà dei sentimenti altrui.

In passato mi domandavo cosa avevo di sbagliato io. Adesso non me lo chiedo piu’, anche perche mi sono resa conto che tutto sommato sono molto piu’ normale io di tanti altri stramazzati dalle scelte di vita di cui ora si pentono e che cercano di rimediare senza stare tanto a guardare dove mettono i piedi. In piu’, ho proprio la coscienza a posto – io non sono mai andata a cercare nessuno per fare le cose tanto per fare, chissenefrega se qualcuno ci rimette la serenita’. Inoltre, dal momento che l’A. colpisce a casaccio, potrei avere un’alta probabilita’ che qualcuno mi venga a cercare con un po’ piu’ di rispetto delle mie condizioni (one on one e ci si ferma li’ finchè dura, tanto per dire la piu’ importante), invece che cercare di proporre di frodo le proprie.
Visto che finora il numero sulla mia ruota non e’ uscito, hai visto mai che succeda domani?

giovedì 13 ottobre 2011

La voglia matta

Bellissima giornata. Purtroppo ho avuto un inizio un po' difficile e ho preferito rimanere in casa aspettando che un paio di pillolette facessero effetto. Nulla di che: festeggio oramai 35 anni di questa piacevolezza, che ha avuto forme di espressione diversa nel corso della mia vita, da trascurabili a fastidiose. Diciamo che in questa stagione della mia esistenza, si qualificano per Decisamente Antipatiche. Le gioie della fertilità, vabbè. Per chi fosse mai stata tentata dallo sperimentare anche le gioie della riproduzione, un senso ci sarebbe anche stato. Per me, che non ho mai aspirato a lasciare dietro di me tracce del mio DNA che non fossero capelli caduti o unghie spezzate, una ingiustificabile seccatura.
Quando mi sono un attimo ripresa, ho valutato la possibilità di salire in bici e andare a fare due palline, ma no, non mi sentivo in grado. E così, terminati i compiti lavorativi della giornata mi sono limitata a un giro in giardino.
La clematide è evidentemente impazzita ed è piena di boccioli. Gli ultimi lamponi stanno maturando. I chiodini... non sono chiodini, ma stanno spuntando ovunque. La passiflora continua imperterrita a fiorire.


E così, non ho resistito. Ho inaugurato così il chipping... red del prestigioso Bramasole Golf Club, che si affianca al putting red e che si prefigura come precursore del driving range di prossima apertura... devo trovare uno stratagemma per poter colpire davvero con il driver senza fracassare porte e finestre dell'intero vicinato... colpire l'aria magari mi permette di prendere confidenza con il movimento, l'impugnatura, la postura, ma... Ma si può avere così tanta voglia di fare una cosa così inutile?

mercoledì 12 ottobre 2011

The Inner Game of Golf


Ooops! Dopo due libri che hanno davvero acceso il mio interesse per il golf, un piccolo infortunio... Non un brutto libro, per carità, ma il fatto di aver già Bob Rotella e il suo sano buon senso nel mio cuore certo non mi ha aiutato ad abbracciare appassionatamente Tim Gallwey e il suo The Inner Game of Golf. Ma non voglio fare scontare al buon Tim il cattivo tempismo (mai capitato di arrivare secondi nella vita di qualcuno e pensare, accidenti, se solo mi fossi data una mossa prima...?), quindi mi atterrò ai fatti.
Quello che non mi suona del libro è in primo luogo il fatto che Gallway vuole PROVARE la sua teoria sull'Inner Game anche sul golf, dopo averla concepita per il tennis. OK, ci può stare. L'Autore addirittura si propone come cavia e cerca di ridurre il suo punteggio seguendo i dettami della sua stessa dottrina. Alcuni spunti mi sono piaciuti - anzi mi ci sono riconosciuta (l'eterno chiacchiericcio fra Self 1 e Self 2 è una cosa che mi appartiene alla grande, anzi, dopo aver letto ho cercato persino di zittire un po' Self 1 e vedere se Self 2 riusciva a dare il meglio di sé), ma poi si avverte la forzatura del metodo passato da un gioco all'altro. Va detto che lo stesso Autore ne fa un argomento di discussione e ammette che il golf è più difficile del tennis, in termini di "prendere" la pallina, ma diciamocelo, in termini di tipo di pressione psicologica, siamo proprio su pianeti diversi: il rapporto con l'avversario, lo scambio del tennis vs. il colpo singolo del golf, la pallina in movimento vs. la pallina immobile - sono cose diverse, suvvia!
Il libro procede un po' annacquandosi e probabilmente se fosse stato la metà in termini di pagine, forse sarebbe anche potuto suonare più convincente, ma, ahimè, così non è avvenuto e The Inner Game of Golf comincia a divagare dall'obiettivo originario e ad includere storie e storielle che non portano grande acqua al mulino della teoria. A volte sembra che dal saper giocare dipenda la salute mentale di qualcuno, la pagina dopo si dice "in fondo è solo un gioco"... insomma, prendiamo una posizione e su quella cerchiamo di costruire, no?
Inevitabile a questo punto, ritornare a tessere le lodi di Golf is not a game of perfect, proprio perchè Rotella vola basso, dice cose sensate in tutta umiltà, ti infligge un sacco di pagine in meno, ma ti lascia con qualche messaggio concreto in più. Eh, beh, notoriamente io sono come l'edera, dove m'attacco muoio - sarà difficile che qualche altro guru possa fare breccia allo stesso modo!

martedì 11 ottobre 2011

Chiudere la partita

In questi giorni sono stata immersa in profonde elucubrazioni. La prima su tutte, ma come si ferma questo dannato cervello? Non molto produttiva, come elucubrazione, ahimè. Per cercare di trovare un momento di pacificazione, almeno ho chiuso la storia della mia eroina letteraria. Oh, un finale triste, ma appropriato. Una storia di illusione, disillusione e delusione. Capita a me, non vedo perchè dovrei risparmiarlo a lei, un finale del genere, e così ho scritto. La storia rimane impubblicabile, ma almeno non aleggia sospesa ed incompiuta sul bordo sdrucciolevole della mia coscienza. Ho cercato di pestare duro, quanto più lei si avviliva, quanto meglio mi sentivo io. Un bell'esempio di transfert... in realtà, come ho già scritto in passato, l'atto dello scrivere è la cosa più illuminante di cui io sia capace... in un certo senso il proliferare dei blog, delle chat, dei feisbuc di tutti i colori non ha fatto che spingermi già per una china ripida... quanto detesto scrivere a mano ora (troppa fatica e nessuna possibilità di riarrangiare quello che scrivo finchè non mi piace), tanto volentieri scrivo su una tastiera. Utilità per il prossimo, probabilmente rasente allo zero, ma per me un toccasana. Mettere le cose in fila per iscritto: prendono forma logica e consistenza, stanno in piedi e talvolta mi fanno accorgere che nemmeno vale la pena di dirle o di farle (nel caso delle lettere, una volta scritte mi fanno spesso capire quanto sia pleonastico spedirle al destinatario).
Forse per questo motivo, i parolai mi affascinano. Chi sa dire cose e sa dirle bene mi cattura, mi pare un talento davvero raro. Chi poi sapesse anche trasportare la magia su carta...ecco, penso che la mia relazione ideale sarebbe quella fra compagni di penna. Una cosa che da ragazzini si faceva, perchè il mondo era più grande di quanto non lo sia oggi... la bambina (Cannizzaro di cognome) che abitava a Vittoria che continuò a scrivermi a lungo alle elementari: le nostre lettere erano un evento per le nostre classi, lei mi parlava della sua Sicilia, io le raccontavo della mia Bologna. Non ci siamo mai incontrate, ma ancora la ricordo.
O le mie pen pal innamorate di Niki Lauda, con cui sono rimasta tanto a lungo in contatto (Anna Barbatti, che stava a Milano, ma che poi diventò assistente di volo Alitalia (invidia!!!) e si trasferì a Roma, o la mia amica Cristina, che ancora sento (non posso più dire vedo, da quando mi sono spostata da Milano) per mail. Magia della scrittura. Poche cose si incidono nella memoria come le parole di una lettera o di un mail ben scritti... le missive cartacee accuratamente manoscritte dalla mia amica Ba? Ho ancora mazzi di lettere di fidanzati ormai perduti nelle nebbie del passato, tutte le lettere che mi ha mandato Judith...
Mmm. Chissà, che sia il caso di fare qualche bel falò?

sabato 8 ottobre 2011

Bramasole Golf Club

Si può essere motivati da morire, ma giornate come quelli di oggi sono la negazione del golf, almeno per una tenera principiante come me, che deve farsi in bici quindici minuti di strada, prima di indugiare nel lusso dello spogliatoio femminile e magari ripiegare su una bella tazza di the nella clubhouse. Inizi la giornata con un po' di sole e già pregusti un giretto o due del nove buche, ti vesti, prepari tutto quello che serve per uscire...e le cataratte del cielo si aprono rovesciando tonnellate di pioggia sul mondo. Dieci minuti dopo, è già finita. Torna a splendere il sole. Pensi al fango che ci sarà al campo, ma ti dici, suvvia, non ti farai mica fermare, visto che le tue Footjoy l'acqua la tengono e il fango si soffia via in un minuto. OK, i preparativi ripartono. Altra lavata spaventosa. E via così per tutta la giornata, a intervalli di mezzora, e alla fine ci rinunci.
Il tempo migliore: dalle quattro e mezza in avanti, quando Elena è venuta a prendermi per una birretta e una pedalata in centro.
Come consolazione, ho marcato tutte le mie palline (in due colori) e poi ho aperto in giardino il Bramasole Golf Club. Per il putting, niente male. Per il chipping, a meno di usare il prato dietro a casa, ci vuole un po' di attrezzatura idonea, ma è arrivabile. Per lo swing... beh, atteniamoci alla musica. Lì ci vuole ancora un bel po' di fantasia, ma almeno il movimento si può provare...

venerdì 7 ottobre 2011

Tenersi al caldo

Seratina tranquilla in casa. Finito presto il lavoro, sono venuta a casa e mi sono immersa nella lettura di uno dei libri di golf che tanto mi stanno catturando ultimamente. Ooops, forse più che catturare la parola giusta è ipnotizzare... una tranche profonda, che ha rassomigliato molto da vicino una bella dormita per almeno un'oretta. Mi dispiace per Tim Gallwey e il suo The Inner Game of Golf (seguirà opportuno report), ma oggi mi sono proprio goduta la mia cameretta e la sua bella luce, i cuscinoni sul letto e i rumori della strada (ruote di bici sul pavè prevalentemente, le voci dei vicini, qualche auto). Ho letto, sì, ma anche dormito e fatto strani sogni.
Non so se siano stati i sogni ad ispirarmi, fatto sta che ho pensato di farmi un bell'arrosto: cosce di pollo e patatine... da mangiare con mango pickles, un twist esotico che mi ha insegnato Judith. Cena deliziosa.
Ed ora aspetto di vedere Gardeners' World e Autumnwatch sulla BBC, pregusto un altro po' di lettura (magari senza crollare di schianto come nel pomeriggio), poi una quieta notte di sonno, prima di sfidare gli elementi e andare a fare un giro al campo di golf.
Una serata di conforto, per volermi bene e tenere il cuore al caldo. Ci vuole, ogni tanto...

mercoledì 5 ottobre 2011

Riflessioni forzate

Stasera la mia schiena non mi sta sorridendo, non so se si tratta della conseguenza a scoppio ritardato del fine settimana iperattivo, fatto sta che preferisco passare la serata in casa con un bel Momendol.
Stamattina, dentista: ahimè, ho una cura da rifare, seccante... sarà la prima volta che mi faccio seriamente mettere le mani in bocca da una dentista locale (escludiamo le torture che l'igienista Daniella mi ha inflitto da tre anni a questa parte). Andrà bene, per carità, ma se ne faceva a meno.
Oggi ho fatto un tentativo serio di convincere Elena a giocare a golf. Ha un grande occhio per il putting, sarebbe divertente avere una amica nello stesso club! Non che la mia resa, giocando in compagnia piuttosto che da sola, abbia un balzo verso l'altro, tuttaltro! ma come dice il Dr.Rotella, mica vorrei perdere il buon umore o pensare che una sessione di palline scarpazzate debba essere il presagio di altre a venire. Quindi, proseguo imperterrita: oggi mi sono comprata la borsa per le scarpe e il berretto per il driver, che, poverino, se ne stava a capo scoperto nella borsa. Visto che si tratta di un regalo prezioso, mi sembrava giusto trattarlo con rispetto e dargli una dignità - niente teste di cane o di maiale o di coccodrillo, ma un cappuccio nero, vellutato al tatto, con un bell'UNO ricamato. Very smart.
Mi sono resa conto che il golf mi ha restituito una cosa che avevo perduto, bella o brutta che sia. Ho passato anni senza desideri materiali particolari: non mi piace fare shopping di abiti, non ho bisogno di nulla nel kendo, gli unici oggetti che mi generano cupidigia sono i libri. Con il golf, ecco, si apre un mondo di capricci. Una bella borsa per i bastoni? una cosetta più robusta di quella che ho ora? se penso che anche in epoca non sospetta dentro a Decathlon mi soffermavo cercando di immaginare qualche uso sensato alle sacche da golf... beh, ora la scusa ce l'ho, mi si apre davanti un'epoca di gioioso sperpero che tutto sommato mi provvederà una forma costosa, ma semplificata, di contentezza.
Basta libri che attendono di essere letti e mi rimproverano silenziosamente dalla cima di pile precarie! Ora posso con gustoso abbandono comprare palline, bastoni, guanti, visiere, scarpe... esiste un enorme mercato che attende di essere attaccato, là fuori le luci dei ProShop invitano a non lesinare sulle carte di credito, migliaia di resort nel mondo offrono soggiorni in luoghi da sogno con green fee incorporato... Promettente.
Continuo a vivere di rendita sul piacevole fine settimana passato con Marco. In ufficio domani si organizza un drink fra colleghi, venerdì abbiamo una riunione allargata con pranzo, sabato vorrei tornare al campo, domenica vado a visitare l'ESTEC a Noordwijk (grazie all'Ambasciata italiana)... allora non ho forse davanti a me una prospettiva sufficientemente confortante? Per un Acquario come me, per cui il futuro è sempre più importante del presente (non siamo bravi sull'hic et nunc), questa è mezza felicità.

martedì 4 ottobre 2011

Marco in Olanda

Fortuna veramente sfacciata, si vede che certe persone se la meritano... tre giorni di tempo stupendo, non una nuvola in cielo, temperature da maniche corte senza se e senza ma.
Marco se ne è andato da solo al van Gogh Museum, dove l'ho raggiunto nel pomeriggio di venerdì per il consueto (per i miei ospiti) tour sui canali di Amsterdam.
Sabato, Kroeller Mueller Museum nel mezzo del Parco nazionale di Hoge Veluwe - in bici attraverso paesaggi quasi africani!
Domenica, pedalando fino a Maarsen, costeggiando la Vecht. Mai fatti così tanti chilometri in bici, ma il pranzo a bordo fiume è stato delizioso più ancora che per il cibo, per l'atmosfera...
Marco è una persona deliziosa - averlo accanto per tre giorni è stato piacevole e confortante. Speriamo che trovi il tempo per ripassare di qua, fra un viaggio in Giappone, una puntata ad Hong Kong e una piadina alla Cà de Ven.

domenica 2 ottobre 2011

Indian summer

Da non credere: un inizio di ottobre che pare pieno agosto. E la fortuna più grande: avere qui ospite Marco, con il quale ho passeggiato per Amsterdam, ma anche pedalato per il Parco del Kroeller Mueller Museum e lungo la Vecht in due giornate di sole spettacolare.
Seguiranno foto, per ora mi limito ad annotare che è stato proprio un bel fine settimana, e mica solo per merito del sole.