venerdì 9 dicembre 2011

Squartamento

Chissa’ come mai, ma a volte mi vengono acuti attacchi di riflessivita’ che mi sprofondano in elucubrazioni anche piu’ involute e melmose del solito. Niente di triste, questa volta, ma sicuramente alcuni leitmotiv cominciano ad emergere dalla visione della mia vita finora, che comincia ad essere gia’ piuttosto lunga – lo dico senza patemi, tipo: oddio sto invecchiando, la pelle del collo non e’ piu’ quella di una volta, etc.
Ho sempre detto che negli eventi ci sono schemi piu’ o meno ripetitivi che mi balzano agli occhi con una tale evidenza, da farmi pensare di soffrire di qualche disturbino alla John Nash. Non mi riempo la casa di ritagli di giornale, non vedo Men in Black dappertutto, ma sicuramente individuo meccanismi che collegano situazioni apparentemente slegate.
Prendiamo il mio caso, la mia vita: lo schema ripetitivo si chiama Squartamento.

  • Ho lavorato quasi tutta la mia vita in ambienti Corporate – ma se c’e’ un modello in cui non mi riconosco e che mi ripugna, ho scoperto, e’ proprio quello della Corporation.
  • Ho passato la maggior parte della vita con il lavoro e la carriera come guida e mi accorgo adesso che non me ne frega proprio niente sia dell'uno, sia dell'altra.
  • Non ho mai sopportato la Sinistra, ma la Destra mi disgusta al punto tale, che preferisco farmi dare della sinistrorsa (bleah).
  • Adoro viaggiare, vedere posti nuovi e prendere aerei, ma sento una nostalgia bruciante di ogni luogo in cui ho vissuto (Bologna, Ravenna, Legnano, Ruesselsheim, Utrecht)
  • Mi piace sentirmi estranea, ma mi fa piacere se la cameriera in hotel si ricorda di come voglio il caffe’ e provo gusto a ritornare nei luoghi e ricordare la strada.
  • Tutta la mia vita infantile (e probabilmente un bel pezzo di quella da adolescente) e’ stata basata sulla frustrazione di non potere seguire la carriera militare, ma posso tranquillamente dire di nutrire una totale indifferenza (disprezzo?) verso la gerarchia.
  • Ho idee precise sul tipo di relazione/partner che vorrei, ma ho continui battibecchi con me stessa perche’ mi inchiodo sempre su lampanti esempi di negazione del modello.
  • L’idea di essere intrappolata in un matrimonio mi fa genuinamente orrore, ma darei un braccio perche’ qualcuno mi guardasse dritto negli occhi e mi dicesse “Voglio proprio te”.
  • Sono sempre proiettata verso il futuro, il domani sempre meglio dell'oggi, ma ho un culto quasi religioso del passato. La memoria troppo buona e' una zavorra insopportabile, a volte.
E via cosi’, allegramente strattonata in direzioni opposte, al limite della tortura – e talvolta, ben oltre il limite medesimo.
Quanta energia costi il bilanciare tutte queste spinte contrastanti, lo lascio immaginare. A volte mi rendo conto di aspettare che un lato finalmente prevalga e che lo strazio di tener duro finisca.

L’unico aspetto della mia vita che di contrastato non ha nulla, e’ il Kendo. Piu’ di una volta mi sono detta: Voglio vivere esattamente come faccio Kendo – e in realta’ ci provo seriamente. Quello che mi manca ancora pero’ e’ la percezione emotiva delle cose, il kimochi del Kendo. Se potessi sentire la vita come sento il Kendo, ci sarebbe ancora spazio per la fede, per l’ottimismo, per il progresso continuo, per l’amicizia distaccata e sincera, per il gusto di dare illimitatamente, con la certezza che non il singolo, ma l’intero insieme sara’ beneficiato e riconoscente. La visione sarebbe chiara, limpida e, mi vengono i brividi a dirlo, gioiosa. Non c’e’ da stupirsi se continuo a fare Kendo da 27 anni. Grazie al Kendo, conto di riuscire a “riunificarmi”, ben prima di andare in mille pezzi, come fa tanta gente della mia eta’, esplodendo con, o senza, il botto.

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