mercoledì 31 agosto 2011

Da Karen Kingston, piu' per me che per gli Affezionati Lettori.


The deeper implications of putting your stuff in storage


Self storage facilities are eerie places. Some owners try to make them more cheerful by painting the doors bright colours or playing piped music through the corridors, but there's no getting away from the lifeless energy of tons of stagnant stuff.

Mostly what's stored is innocuous, but sometimes not. One self-storage manager in the US told me about a dead body they discovered sealed in a barrel by a woman who'd topped her husband. They would never have found out except she forgot to pay the rent, so they broke open the door to repossess. Thankfully this is rare, but if you google 'dead body found in storage unit', you'll find a few more cases.

So apart from occasionally storing dark secrets, what else are these places good for?

I've used storage units three times in my life. The first was when I was living six months a year in the UK and six months in Bali. I had a locker in the UK and what can best be described as a fairly secure cupboard in Bali. Because my life in each culture was so different, I really didn't miss anything I had in one country when I was in the other. But I must say everything got a lot easier when I moved permanently to Bali and let go of my things in the UK. This was in 1995. I wrote my first bestselling book that year, and another the year after. A whole new era of my life began.

The next time wasn't so clear cut. After 20 years in Bali I sold up everything I owned and moved back to the West. First stop was California, where my husband and I thought we wanted to live. So we left our suitcases in a storage unit there while we flew to Europe for a couple of weeks to sort some things out. Not the best decision, as it turned out, because we soon realized that we really wanted to live in the UK. So there we were, living on one continent with our most useful stuff stranded on another, and no need to visit the US for any other reason for six months. Hmmm...

The problem with being in one place while your stuff is in another is that you're neither here nor there. You're energetically stretched between the two locations. You can't fully land or get on with your life where you are because part of your consciousness is resting somewhere else. It can be very destabilizing.

Many times we wanted to just get on a plane and bring our bags over to the UK. But we were moving from one short-term holiday home to another so didn't have any permanent place to put it. In the end it was several months before we found a home to rent long-term and were reunited with our stuff. If you're ever in this situation, resolve it as quickly as you can. Your life will be on hold until you do.

And now we have a storage unit again. This time it's because we've moved to a smaller rented house until we find a place to buy, so we've put half the furniture we bought last year in storage. True, we could have saved ourselves some money and put it in our attic or garage, but I wrote some blogs recently about why that's never a good idea. If a year goes by and we still haven't bought, we'll sell the furniture and cut our losses. But for now it's a real incentive to keep focused on house hunting. It will feel so good to have everything in one place again.

So do I recommend using storage units? Well, yes, but only as a temporary solution. If you know exactly what you're storing and use the stuff sometimes, or will have a use for it in the not-too-distant future, it's fine for a while. The problems start when you leave things in storage for too long a period, or worse still, indefinitely. You're connected energetically to everything you own, so this is like leaving part of yourself in limbo. If a whole year goes by, alarm bells should ring. Quite apart from the financial cost, there's the toll it takes on your wellbeing.

The bottom line is, can you truly get on with life when you have stuff in storage? And the answer, I'm sorry to say, is 'no'. Some part of you will be disconnected, neglected, unconscious or just plain waiting until you and your stuff are united in one place. This puts an interesting new slant on that well known phrase, 'getting yourself together'.

martedì 30 agosto 2011

La leggenda di Bagger Vance


Ho finito il libro che soltanto venerdì sera un amico mi ha gentilmente prestato. Non è l'unico che mi ha proposto, ma è stato il primo che mi ha subito ispirato. Già conoscevo il film tratto dal romanzo, che avevo visto con piacere, ma senza un vero interesse - di fatto non avevo colto allora né il sottile gioco di parole nascosto nei nomi dei protagonisti, né la (folle) similitudine fra la storia del film e la storia di ben altro libro. In questi tempi bizzarri (non necessariamente i più felici per me), gli eventi del romanzo mi hanno colpito particolarmente, tanto da non consentirmi di posare il libro prima di aver finito.
Di fatto, il motivo di tanta avidità di lettura è la fortunata (insospettabile? delirante? presuntuosa?) congiunzione che l'autore (Steven Pressfield) opera fra una mia passione vecchia ed una nuova: le definisco entrambe passioni per quanto il peso specifico differisca di svariati ordini di grandezza. L'impavido (insensato? illuminato?) Autore si permette di rivisitare nientepopodimenoche gli eventi della Baghavad Gita (che tanto mi aveva interessato e coinvolto più o meno all'inizio della mia vita di universitaria) collocandoli in un'altra era... su un campo da golf! La battaglia di Kurukshetra, destinata ad annientare l'umanità, per consentire alla civiltà di rinascere nella luce del Dharma, trasformata in una partita su 36 buche, fra tre giocatori - due tratti dalla realtà storica, uno fittizio. Beh, di coraggio ce ne vuole. La Gita, testo sacro estratto dal meraviglioso Mahabharata, mi aveva accompagnato per mesi, se non anni, quando tutte le mattine Radio Krishna Centrale mi svegliava. Trattandosi di un testo fondante dell'induismo, non potevo non rimanerne catturata - e quelle mattine passate ad ascoltare mi tornarono ben utili poi per la mia seconda carriera universitaria: in generale però, il testo portava un messaggio straordinario.
Ognuno di noi ha una parte da svolgere nell'infinito gioco dell'universo, un ruolo che ci sostanzia e ci giustifica persino oltre la nostra stessa volontà (o mancanza della stessa!). Essere giusti, seguire il Dharma, significa dunque giocare la nostra parte di gioco, secondo le regole, per realizzarne l'inevitabile, immutabile, incessante esito. In un universo ciclico, come quello indiano, il Guerriero deve fare il Guerriero, non importa quale sia il suo senso morale o la sua sensibilità del momento - ciò che è giusto è la corretta interpretazione del proprio dovere: combattere, uccidere, distruggere l'avversario. Nella Gita, Krishna, Bhagavan, l'Essere Supremo, si presta a giocare il ruolo dell'Auriga per il Guerriero Arjuna, che, disperato al pensiero dell'imminente battaglia che lo opporrà a tanti dei suoi parenti, ha perso le forze e il coraggio. Mostrandosi in tutta la sua gloria, Krishna risveglia in Arjuna la consapevolezza del proprio dovere e gli instilla il giusto distacco dal risultato delle proprie azioni.
E tutto ciò, con il golf? Pressfield è un folle brillante, che mette Bagger Vance (o Bhagavan) nei panni del caddie di R. Junah (Arjuna) nel corso di una partita a dir poco epica. Ripeto, non so se tanta sfrontatezza sia geniale o semplicemente delirante, fatto sta che il libro mi ha fatto desiderare di riprendere la Gita in mano (la Donamat approverà di sicuro) e di acchiappare la sacca, ora che il sole è di nuovo spuntato, e correre al campo per cercare l'Autentico Swing - che non si può imparare, ma solo ricordare, perchè esiste prima di noi, è sempre esistito ed esisterà per sempre.

Rivelazioni

Sveglia alle 4,30, l'aereo parte alle 6 e 10. Decolliamo dal Marconi, fra le mani un libro. No, non un libro, IL Libro, la Sacra Gita, ma mascherato da romanzo. Ogni pagina parla di golf, di colpi eccezionali, di giganti dello swing, ma in realtà allude al campo di battaglia di Kurukshetra, al Divino Auriga ed al nobile Arciere figlio di Pandu.
Voliamo verso nord, nell'aurora. La Pianura Padana è una sagoma nera, un tappeto che si sfrangia verso l'Adriatico. Il mare è un foglio d'argento, e d'argento è il fiume, che si snoda luminoso verso il Delta: la sagoma è inconfondibile, le Valli si allungano parallele alla costa sottile, i rami terminali del Po si dipartono, netti nel contrasto fra la terra oscura e l'acqua argentea. Una grande mappa in silhouette, ritagliata con certosina precisione. Più in alto ecco le isole della Laguna di Venezia, nette, distinte, emergono oscure dal mare. Ad un tratto, sul panorama in nero-argento, giusto sul bordo di uno strato di nuvole altrettanto nero, si accende un punto di fuoco: il sole sta sorgendo, in tutta la sua gloria, del medesimo rosso di un hinomaru su una bandiera. Ascende veloce, si libera delle nuvole, il cielo si trasforma, mentre la terra scorre verso le Alpi, il mare è svanito e con esso il suo argento.
Che altro avrebbe dovuto mostrare il Signore Krishna, Syamasundara, bello e nero come le nubi cariche di pioggia, al suo devoto Arjuna, per convincerlo della sua divinità?

martedì 16 agosto 2011

Alle sei del mattino, in hotel a Baltimora

Baltimora, Henderson''s Wharf Inn. Mi sveglio prima della sveglia. come al solito. Accendo la TV, adesso che ho scoperto Golf Central, lo tengo volentieri in sottofondo. E all'improvviso, mi ricordo quando ho sentito parlare di Baltimora la prima volta. Alle medie, penso, quando quella strana professoressa di Italiano (si chiamava Crocioni, e proprio non riuscivo a capirla) ci fece stare un intero anno sulla schiavitu' e il razzismo e Dio solo sa quale altro tema peregrino che non aveva niente a che fare con la letteratura italiana... ecco che riemerge dalle nebbie (grazie a Google) una poesia...

Incident by Countee Cullen

Once riding in old Baltimore,
Heart-filled, head-filled with glee;
I saw a Baltimorean
Keep looking straight at me.

Now I was eight and very small,
And he was no whit bigger,
And so I smiled, but he poked out
His tongue, and called me, "Nigger."

I saw the whole of Baltimore
From May until December;
Of all the things that happened there
That's all that I remember.

mercoledì 10 agosto 2011

Facendo progressi

Ok, oggi grande giornata: non solo ho creduto di avere una illuminazione definitiva sul mio swing, ma ho anche ritirato il mio baanpermissie, che mi consente, con la benedizione di Annemieke, di farmi le ossa sul percorso da 9 buche. Prima lezione: 21 giugno. Primo obiettivo raggiunto: 4 agosto (così dice il baanpermissie). Come al solito, la linea più breve fra due punti è una retta e io cerco di camminarci precisamente sopra. Io la chiamo determinazione (perchè non credo di avere tutta la vita davanti per fare qualunque cosa), qualcuno potrebbe definirla ossessione, ma francamente, di mezzeseghe indecise, di omuncoli deliscati e di banderuole patologiche, ne ho pieni i maròni (con una sola erre e un bell'accento sulla o, come si dice a Bologna). Non ho spazio per traccheggiare nella mia esistenza, che si tratti di golf o si tratti di qualunque rapporto umano, per me deve essere ON oppure OFF, e in fretta per giunta.
Inutile dire che il mio bellissimo swing di oggi, senza chicken wing finale, con la clubface bella giusta, con il braccio destro che si chiude proprio come dovrebbe, sparirà come per incanto e io passerò il resto dell'estate ad inseguirlo. Sto anche lambiccandomi il cervello, come potrei continuare ad esercitarmi in vacanza? Non mi risulta che a Monteombraro ci siano le facilities giuste - e certamente non penso di portarmi le mazze!

lunedì 8 agosto 2011

Inerzia agostana

Sono tornata dalle ferie e mi sono zittita. Sicuramente ho ancora negli occhi i paesaggi bellissimi della Cornovaglia, che davvero toglievano la parola. Una sola settimana, ma talmente piena di luoghi e di incontri da contare per due.
Tornata a casa, ho cercato di lavorare - da casa, cercando di tenere i fili della prossima visita a Baltimora, ma con capo e colleghi in ferie, non c'è di sicuro un fervere di attività. Così ho avuto anche tempo e energia per qualche altro passaggio al golf club, tanto per perdere la chiave della bici, ritrovarla, ripassare a portare a casa la medesima e, en passant, fare qualche altra palla (e perderne due).
Oggi c'è il sole, no, piove a diritto, mi correggo, c'è il sole, aspettate un atttimo, piove, guardando bene, c'è il sole, anzi, piove. Tipica giornata estiva olandese. Dovrei portare la seconda bici a revisionare, aspetto di capire se riesco ad arrivare in fondo a Nachtegaalstraat senza farmi una doccia completa. Il desiderio di comprarmi una bici nuova di trinca, che mi eviti grane per un certo numero di anni, sta lentamente crescendo - questo mi renderebbe proprietaria di ben 4 biciclette, potrei mettere su il Giro di Abstederdijk senza troppo sforzo, mi mancherebbero solo le miss sulla linea del traguardo.
In quanto ad umore, non andiamo tanto bene. Funziono normalmente, ho fatto anche tre giorni di seminario di Kendo parecchio intensivo, ma ogni giorno combatto con la solita ennui. Per fortuna presto comincerò a girare come una trottola e tutti i miei neuroni inutilmente sensibili saranno travolti da una ondata di banalità viaggiatorie che li terrà cortocircuitati per un po'. Se non si può fare di meglio, va bene così.

lunedì 1 agosto 2011

If a man is tired of London....

Londra o, meglio, la mia percezione di Londra è molto cambiata. Sono diventata insofferente "dei soliti posti". Mi cerco le piste meno battute, le linee di bus più astruse, le nuove terre colonizzate ad est, lungo il Tamigi - anche se poi ci sono luoghi che non manco mai: la Sainsbury Wing della National Gallery, o, se posso, Greenwich o Canary Wharf. Quest'anno ho cercato di proposito St. James's Park, il mio primo parco londinese. Oxford Street, per contro, mi ha ricordato un girone infernale.
Ma Londra ha ancora insospettabili angoli di grazia, più riposti e sfuggenti, ma che ancora sanno incantarmi. Meno convenzionali, sicuro, ma d'altra parte in trenta anni di mondo ne ho visto e l'asticella della meraviglia si è parecchio alzata o, semplicemente, si è disposta lungo inclinazioni più inusuali.