martedì 31 maggio 2011

Discontinuità II

Potrebbe essere un titolo di una videoinstallazione post-moderna. Invece, mentre ero sul bus (i bus di Utrecht sono particolarmente ispiranti per me) ho trovato la (ovvia) risposta, che era già implicita nel post precedente: non vogliamo cambiare proprio perchè siamo esseri periodici. La ripetizione, come il battito del cuore, come il risveglio e l'inspirazione, ci tranquillizza, ci conforta, ci sembra di gran lunga più sicura, anche se ci vincola al peggio di noi.
Per questo ho amici che continuano a sbagliare sapendo di sbagliare - ma con la voluttà di chi si sa quasi condannato ad essere perpetuamente stronzo. Meglio essere disprezzabile persino per sè stessi, piuttosto che affrontare la fatica del cambiamento.
Io stessa so quanto è faticoso strapparsi ad abitudini (siano esse brevi o di lungo corso) che sembrano irrinunciabili, ma che in realtà di imprigionano in compromessi inaccettabili. Una piccola frequentazione quotidiana, per quanto superficiale, genera dipendenza, aspettativa, consuetudine - e quando si tratta di dare un taglio, se anche ci si riesce, si prova un dolore sproporzionato.
Eh, sì. La discontinuità è necessaria, ma si paga, come tutto ciò che ci dà un valore in cambio.

Discontinuità

Gli esseri umani sono creature ritmiche. Il battito del cuore, il ciclo della respirazione, il ritmo circadiano, persino i bioritmi. Per questo il tempo non è qualcosa che esiste al di fuori di noi, bensì esiste DENTRO di noi.
Non si può sfuggire al conteggio - te ne accorgi quando apri gli occhi prima che la sveglia suoni, non importa l'ora in cui l'hai puntata - quindi il senso dello scorrere delle cose è parte del nostro modo di conoscere e interpretare la realtà. Già ho scritto (http://orangeoracle.blogspot.com/2010/04/passare-al-digitale.html) che, per cercare di trovare un po' di sollievo dall'ansia che questo inevitabile passaggio di tempo ci genera, bisognerebbe passare al digitale: parcellizzare la realtà, dividerla in pacchetti e conteggiare quelli, come unità, invece che aspettarci un fluire ininterrotto del tempo, che evoca la sabbia della clessidra che si assottiglia e inesorabile sparisce nell'ampolla inferiore: game over!
Oggi ho avuto un'altra di quelle illuminazioni banali di cui mi vergogno un po', perchè davvero sono solo la celebrazione dell'ovvio, ma per qualche scherzo della memoria o del filo capriccioso dei miei ragionamenti diventano ad un tratto delle scoperte clamorose. In sintesi, per diventare migliori (nel senso più lato possibile) occorre per definizione cambiare - e i cambiamenti che altro sono, se non delle discontinuità? Improvvisi scatti verso l'alto, più che crescite analogiche impercettibili che si sommano fino ad arrivare alla soglia della riconoscibilità: e così ti dici: oh, toh, oggi mi sono svegliata e ho scoperto che notettempo sono cambiata. No, penso che a un certo punto ci sia un moto quasi stizzoso, che ci fa schizzare su un altro livello quantico. Beh, vero è che all'apparenza i due fenomeni potrebbero presentarsi identici ad un osservatore esterno, che si distragga per un po' - ma quando si tratta di noi, suvvia, c'è ben poco di simile, fra il gentile arrivo dell'alba e l'improvviso accendersi di un faro: lo sentiamo, lo capiamo e di lì traiamo le nostre conclusioni.
Quindi, la solita domanda ingenua: perchè rimaniamo così ancorati al nostro ieri, alle nostre convinzioni, alle nostre abitudini, quando per cambiare (ovviamente nell'accezione del migliorare) occorre essere discontinui rispetto al passato? cosa c'è di così vischioso nel nostro esistere, che ci intrappola negli stessi errori, nelle stesse tristezze, nelle stesse meschinità, nelle stesse cose che ci rendono infelici?
Ma è ora di andare al corso di conversazione e quindi interrompo qua.

lunedì 30 maggio 2011

Hello, Stranger!

Ecco come mi hanno salutato oggi in ufficio: qualcuno mi ha pure detto, stavo per darti la mano e presentarmi... a parte farmi ridere molto (it's a private joke...), il saluto mi ha fatto riflettere su quanto in fondo fossi contenta di ritornare in ufficio. La coscienza di appartenere a questa società (in senso sia stretto, sia lato) continua a corroborarmi, specialmente ora, che le giornate sono lunghe e tiepide - e che gli echi dall'Italia sono finalmente di tono diverso...
Per inciso: mi sono arrivate a casa le schede per i referendum - adesso la sfida sarà raggiungere il quorum, vediamo se un'altra spallata farà crollare questo indegno teatrino della politicazza italiana.

Per conto mio, nonostante la stanchezza, ho avuto una giornata euforica: in fondo, chi mi salutava dandomi della "forestiera", in qualche modo mi stava riabbracciando nella comunità. Ho fatto una bella riunione con i miei colleghi del Corporate Audit, un'altra parlando di Global Policies & Procedures dell'Information Technology - wow, bello giocare in casa, invece che dover sempre mettersi nella condizione dell'ultima arrivata.

Il viaggio in Sudamerica è stato un punto di svolta - ho acquistato punti con il mio capo, ma anche io mi sono riappropriata della mia sicurezza. Non è un brutto momento: ehi, state a vedere che D. IS BACK ! Era proprio ora.

Noi Freccia Alata, modestamente...

... abbiamo accesso alla lounge nell'aeroporto Venizelos. Il succo d'arancia e' cosi' cosi', ma ci sono i pc e il caffe', se proprio volessi svegliarmi. D'altra parte, visto che il taxi e' arrivato con trenta minuti di anticipo, alle 3,00 (ovvero alle 2,00 ora di Amsterdam), desidero solo svenire nel mio posto per le prossime tre ore a mezza. Se poi penso a tutto lo skordalia' che ho mangiato e che non vuole farsi dimenticare, provo gia' solidarieta' per chi dovra' starmi vicino durante il volo.
Si prospetta una giornatina interessante, visto che ho riunioni a catafottere e da Schiphol me ne vado diretta in ufficio, armatura e shinai e tutto. Piu' tardi, palestra, se oggettivamente non collasso sulla scrivania.
Il torneo qui ad Atene e' riuscito ottimamente - questa volta gli Italiani hanno portato a casa la vittoria a squadre (e relativo premio, una settimana a Santorini), ma non gli individuali, come l'anno scorso. Molto si potrebbe raccontare, diciamo che ho imparato cose sull'arbitraggio anche questa volta...
L' ospitalita' e' sempre molto generosa, ma ho avuto anche grande soddisfazione vedendo come si sono comportati bene i ragazzi del Ronin Club di Salonicco (che hanno perso in finale dai nostri) - e' bello vedere i progressi del gruppo, dopo tanti sforzi e tanti anni di impegno. Proprio bravi!
Sara' un'altra settimana da non prendere sottogamba - mercoledi', Bologna! ho una gran voglia di tornare - tante persone da vedere nella mia lista...

venerdì 27 maggio 2011

Quel punto laggiu'...


...se ci credete, e' l'Acropoli!
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giovedì 26 maggio 2011

Valigia pronta

E domani, via di nuovo! sono stata invitata ad arbitrare il 2° Athens Taikai, è naturalmente un onore per me, anche se sarà un weekend impegnativo, con molto kendo, molto poco sonno e sempre troppo cibo greco. Naturalmente sono eccitata all'idea di vedere i miei amici greci (e non solo, trattandosi di un torneo internazionale che l'anno scorso, alla prima edizione, è riuscito molto bene).
Fra l'altro, volerò insieme ad Enzo, che dall'Olanda va in Grecia in vacanza, ma che riesco più facilmente ad incontrare in queste circostanze avventurose, nonostante si abiti a poco meno di un'ora di distanza - viaggiatrice io, viaggiatore lui, se si vogliono fare due chiacchiere, meglio farle seduti fianco a fianco in aereo.

Quindi, valigia fatta di nuovo, in attesa di fare la prossima, per il mio "lungo" soggiorno italiano di inizio giugno. Wow, era da Natale che non rimanevo così a lungo (4 giorni pieni, con un arrivo a tarda sera al mercoledì e una partenza all'alba del lunedì) fra Bologna e Milano. Vorrei vedere TUTTI, ma so già che sarà una bella sfida. Ho già una lista di sette amici da incontrare a Bologna, tre da vedere a Milano, più tranci vari di famiglia. Mi aspetto anche inserzioni impreviste, metterò un post su Facebook (ebbene sì) per chi non sapesse ancora che ritorno in patria. Quando tornerò a luglio, rimarrò su Milano (devo andare a Denver e partirò dal Malpensa per salvare il weekend con il matrimonio di Robi), quando tornerò ad agosto andrò spedita a Monteombraro dalla mamma... eccomi qua, sempre a fare piani, il futuro sempre più interessante del presente, la caratteristica dei veri Acquario.

martedì 24 maggio 2011

Non ci posso credere


A casa per due giorni. Questa sera sono arrivata di corsa a Utrecht, perchè avevo la prima serata del corso di conversazione. Sono arrivata puntuallima davanti alla porta di Anneke, solo per scoprire che ero in anticipo di un'ora. Gentilmente Anneke mi ha ospitato, finchè non sono arrivate Chiara e Cristina, le altre allieve di questo piccolo club. Ma fra le sette e e le otto, ho appoggiato la testa sul dizionario e ho DORMITO, come mi facevano fare all'asilo. Per fortuna il pisolo mi ha fatto riprendere energie e il resto della serata è stato piacevole e produttivo - l'argomento da sviluppare erano i cosiddetti Social Media, ed io sono preparatissima, dopo tutte le riflessioni fatte su Facebook.
Nei due giorni passati ho partecipato ad un corso con i colleghi, in un hotel vicino a Schiphol: è stato piacevole ed interessante. Mi sono sentita molto più al mio posto di quanto non fossi un anno fa (bella forza), anche perchè il mio capo mi ha dato delle belle conferme, durante il ritorno da Santiago.
Zuzana, da Praga, persona in gambissima, mi ha anche regalato un paio di orecchini confezionati da lei. Una gentilezza che non mi aspettavo.
I prossimi due giorni lavorerò da casa, perchè ho bisogno di riapproriarmi dei miei spazi ed i gatti di polvere sulla Scala Perigliosa sono diventati aggressivi, il frigo ha l'eco (ho mangiato per cena salame e formaggio comprati in un Family Mart a Kumamoto: una bizzarria giapponese comprata per capriccio, ma che stasera mi è tornata buona), il bucato è da raccogliere e una nuova lavatrice va fatta. Alla sera, palestra.
Lunedì sera ho dovuto saltare la pratica perchè ero impegnata nell'evento sociale che non manca mai nei nostri corsi. Questa volta, niente caccia al tesoro delirante per le strade di Amsterdam, bensì un ben più rilassante barbecue in barca lungo i canali. Devo dire che i canali hanno pochi segreti per me oramai, ma la barca questa volto ha raggiunto rive mai esplorate prima - il cibo era cucinato bene, la birra era illimitata (per quanto nessuno ne abbia abusato, siamo auditors, dopo tutto), il tempo atmosferico ci ha aiutato e in generale A'dam mantiene il suo fascino, vista dall'acqua.
Domani dormo fino alle 9, giuro. Almeno ci provo, se il jet lag non mi gioca degli strani scherzi.
PS in Cile ho comprato una collana di rame e lapislazzuli, per celebrare il nostro coinvolgimento nel rendere le miniere costà più efficienti e più pulite. Perlomeno ci proviamo...




sabato 21 maggio 2011

Tutto in ordine

Si fanno 20 ore in viaggio e quale è la prima cosa da fare? riordinare il giardino, dove i merli hanno sparso ai quattro venti la pacciamatura. Qualche fragolina è già matura, una dalia single sembra abbia attecchito e sta crescendo, gli iris sono finalmente fioriti.
Non posso credere di essere di nuovo a casa mia, sebbene debba cercare di riprendermi subito per preparare la prossima valigia. Fra l'altro il jet lag è in agguato. Fino al prossimo luglio non dovrei più dibattermi in questi problemi di fuso, ma certamente il prossimo weekend libero ce l'avrò comunque alla fine di giugno.
Ma è una bella giornata olandese di sole, posso rilassarmi un pochino, fare una spesa minima (giusto per la cena di stasera), aggiungere valigia sfatta a valigia sfatta e, se proprio fossi in vena, ci starebbe un bel bucato. Dalla Business Class alle faccende di casa - oddio, adesso ci penso...

venerdì 20 maggio 2011

Ti voglio cullare...

Due settimane in Giappone e, oserei dire per la prima volta dal 2005, nemmeno una scossarella (nel 2005 almeno 3 in 10 giorni).
Dovevo venire in Cile per prendere la mia razione di terremoto - un gentile tremolio, ma all'ottavo piano dell'ufficio si e' sentito.
Domani si chiude - era ora, ho voglia di casa mia, anche se ci staro' una sola notte, perche' da domenica a martedi' partecipero' ad un corso al Marriott vicino a Schiphol... poi c'e' Atene, poi c'e' Bologna, poi Braunschweig, poi Francoforte...poi riposo... poi Milano e Denver e finalmente le vacanze, in Cornovaglia.
In questo momento avrei voglia di essere gia' a casa, ma invece dovro' affrontare la levataccia, la lotta con la mia Mastercard che si rifiuta di collaborare (seguita a ruota inesplicabilmente dalla mia Visa), la riunione con il management cileno, la corsa in aeroporto, il volo interminabile fino a Madrid e poi l'attesa per arrivare ad Amsterdam... uff, mi metto a dormire dopo questa tirata!
Sono ancora inquieta, quando non sono massacrata di lavoro o di stanchezza. Dovro' inventarmi qualcosa per trovare un rimedio, il moto perpetuo occupa la mente, ma logora.

mercoledì 18 maggio 2011

Yo quiero Chile!

Mi piace questo posto, non puo' essere solo una reazione alla oppressione patita a San Paolo. Mi piace la citta', mi piace l'orgoglio dei cileni, mi piacciono i progetti che facciamo qui. Peccato avere poco tempo, ma si rimediera', se davvero si vuole.

Sembra incredibile come certi nomi di persona, a cui non si e' mai dato peso per una intera vita, improvvisamente ricorrano con una frequenza impressionante: in italiano, in francese, in olandese, in spagnolo. Ma accidenti! Ma si devono chiamare tutti cosi'...?

lunedì 16 maggio 2011

Santiago




Quattro ore di volo in economy – eccoci in Cile. Il collo non ha preso bene il downgrade, ma adesso sono nell’enorme lettone del Crowne Plaza (insieme ai soliti 150 guanciali) e mi guardo sulla televisione spagnola un servizio sul Festival di Cannes.

Il Cile e’ un grosso sospiro di sollievo. L’aeroporto e’ efficiente (non certo le due ore fra passaporto e bagaglio che ci ha propinato Sao Paulo), il taxi facile da prepagare, il bel ragazzone alla lobby e’amichevole al punto che ti verrebbe voglia di chiedergli se e’libero per un drink – non e’ ovviamente una buona idea, ma certamente il faumey qui lavora bene.

Vedremo come la nostra settimana qui funzionera’: speriamo di avere il tempo di respirare un po’ di aria aperta – se il mio capo non viene preso da quegli attacchi di stakanovismo dimostrativo che io detesto, (perche’ sono solo cattiva pianificazione e pura simulazione), ma che in Olanda piacciono tanto, perche’ cosi’ la gente puo’ far vedere che si ammazza di lavoro (infatti i casi di burn-out sono frequentissimi: io dico che sono tutte grandissime pippe - e non mi riferisco alle sorelle Middleton – che consentono alla gente di piazzarsi a casa a riposo con tutta tranquillita’).

Il mio blog clandestino sta subdolamente espandendosi – mi ritrovo a pensare alla mia eroina e alla sua vicenda, a come introdurre elementi della sua storia personale nel racconto: da dove viene, che cosa ha studiato, che cosa l’ha portata nel luogo in cui la ho collocata ora? Sono quasi morbosamente curiosa di sapere cosa succedera’ nei prossimi post, quando in realta’ parte della storia ce l’ho gia in testa e in parte ce l’ho pure scritta... in verita’, il blog clandestino mi lascia spazio per espandere una serie di fantasie che non potrebbero essere altro che letterarie – visto che il mondo corre su altri ritmi e segue altre logiche. Ma mi sto impegnando strenuamente per evitare di confezionarmi un lieto fine, perche’ quello davvero sarebbe un tradimento. Non c’e’ mai un lieto fine, nella vita.

domenica 15 maggio 2011

Santos


Sabato. Vacanza. Basta ufficio, basta ascensori, basta pranzare al chilo. Carlos ci porta a Santos, Johan si e’ intrippato con il Museo del Caffe’ e cosi’ andiamo a visitarlo.
Santos e’ una citta’ che ha avuto il suo momento d’oro – ahime’, forse piu’di uno, ma sono tutti passati. Il centro ha qualche bel palazzo, ma la stragrande maggioranza degli edifici storici sono lasciati andare, se non poco curati, sono addirittura in rovina. C’e’ un progetto per rivitalizzare l’intera zona del centro, dove e’ ancora in funzione una linea del vecchio tram che oggi porta in giro i coraggiosi, sparuti turisti che vogliono vedere un po’della storia passata della citta’.
Il Museo del Caffe’ e’ comunque perfettamente restaurato. Il palazzo era la sede della Borsa del Caffe’, dove si decidevano le sorti (e le quotazioni) del raccolto – e dove tanti santisti creavano la loro fortuna. Costruito in stile europeo, decorato con dipinti, vetri , marmi, legni pregiati... il simbolo della ricchezza della citta’. Della ricchezza che spari’ con la Grande Depressione, quando il prezzo del caffe’ crollo’.
Santos oggi vive di altre glorie – a parte avere dato i natali sportivi a Pele’, il bello della citta’ sono le spiagge: l’intero estuario offre un paesaggio suggestivo, gia’ avvicinandosi con l’autostrada. Il lungo mare (dovete perdonarmi) mi ha ricordato tanto la Liguria, la costa che ho amato tanto e dove avrei davvero comprato casa, in tempi non tanto lontani... le coste sono alte e frastagliate (copyright of Riccardo), la gente passeggia o si gode il sole in panchina. Decine di ragazzi si organizzano per nemmeno tanto improvvisate partite di calcio, montano le porte, tracciano le linee sulla sabbia. La luce e’ straordinaria – nuvole basse avvolgono la linea della costa piu’a sud, dove si intravvedono i profili delle isole che punteggiano l’estuario. I palazzoni si allineano sul lungomare, beh, si’, tutto questo fa un po’ Rio, finalmente! San Paolo e’ cosi’ caotica, il centro vecchio di Santos cosi’ triste, finalmente un bel sole e la spiaggia restituiscono un po’di magia a questo scampolo di Brasile.



Avenida Paulista


Maria arrivera’ in hotel alle 20,30 – c’e’ tutto il tempo per fare almeno il giro dell’ísolato e vedere un po’ di vita reale. E’ gia’ buio, le giornate sono corte. Lungo Avenida Paulista il traffico e’ paralizzato, i marciapiedi sono affollati, tutti stanno andando a casa o comunque di fretta altrove. E’ finalmente bello poter camminare fra la gente come se questa fosse una citta’ normale, senza scorta. I negozi sono pieni, come i caffe’, in alto le antenne delle radio e delle TV pauliste dominano lo skyline, illuminate come alberi di Natale fuori stagione. La temperatura e’ mite, non ho nulla da comprare in giro, scatto un paio di foto e torno in hotel.

Proclivita' scrittorie

Il primo effetto di non scrivere piu’ su Facebook e’ stato quello di farmi scrivere di piu’ sul blog. Peggio, di farmi creare il famoso blog clandestino che sta pian piano prendendo forma – ci sono gia’ tre post, ma la storia si sta sviluppando e a tratti mi pare che il personaggio stia prendendo una strana forma di vita indipendente. So dove voglio andare a parare, ma la traccia che ho in mente e’ una cosa e la strada che il racconto prendera’ e’ probabilmente un’altra.
Il mio blog clandestino non ha dunque altri lettori oltre a me, al momento. Chissa’ se ci capitera’ mai qualcuno, per caso, o facendo una ricerca per parola chiave... ma quale mai potrebbe essere? Per ora mi piace pensare che quel blog sia una sorta di prive’, un locale esclusivo e un po’misterioso dove posso ritirarmi e scrivere davvero in liberta’. Pura invenzione, sicuro, ma esiste mai una vera separazione fra autore e personaggio? Che cosa verra’ mai fuori da questa boccaccia, con il pretesto di prestare le parole alla mia nuova “amica”? un esercizio interessante, ripeto: magari non verra’ fuori un premio Nobel per la letteratura, ma forse qualche sprazzo di terapeutica introspezione. Le gioie della scrittura...

Cene e colleghi

Carlos, che ci fa da baby sitter nel nostro soggiorno paulista, ci ha portato a cena ieri sera. Un bel ristorante, come ce ne sono tanti qui, per la gente con la grana: Cantaloup, un magazzino o un edificio industrale trasformato in una serie di eleganti sale dal soffitto alto, con una bella illuminazione e arredi di classe. Cibo molto buono (carpaccio di manzo di Kobe, risotto di fungi e tartufi), una ricca lista dei vini (il Pouilly-fume’ era esaurito, siamo rimasti sulla Loira con un Sauvignon Blanc – Chardonnay di tutto rispetto). Carlos ha scelto il ristorante perche’ dopo due altri tentativi andati a vuoto (locali tutti pieni, di mercoledi’ sera), si e’ ricordato di questo posto dove aveva portato la moglie prima che diventasse sua moglie. Una scelta fortunata. Carlos e’ una persona mite e gentile, brillante di mente, anche se non particolarmente dotato di leadership. Verra’ con me e con Johan in Cile a fare l’ audit del nostro ufficio di Santiago.

La cena di ieri sera mi ha fatto partire uno stream di reverie intitolato: Memorabili cene di lavoro. Ho cominciato a recuperare ricordi preistorici (a volte potevano essere anche pranzi, in verita’) e piatti, e visi , e bottiglie, e chiacchiere hanno cominciato a sciorinarsi, luoghi persone gusti diversi accomuniati dal fatto che ne’ io, ne’ gli altri commensali eravamo li’ per una vera scelta nostra – ma solo perche’ il lavoro ci aveva trascinato insieme. Non dico che fossero cene obtorto collo, tuttaltro, ma certamente avevano un elemento di casualita’, che forse dava una tensione addizionale.

Castelnovo di sotto: la stazione di Peppone trasformata in ristorante. Il mio collega Augusto e la sua strampalata visione del lavoro. Tortelli di zucca – per la prima volta in vita mia con gli amaretti nel ripieno! Dannati reggiani!

Bierboerse a Berlino Ovest e i bei ristoranti rinnovati nei cortili di Berlino Est. I collegoni tedeschi , il mio viscido capo di allora, e la Donatella praticamente astemia.

I ristoranti lungo le Rive: la jota e i vini del Collio... e per qualche strana coincidenza, San Valentino con il collega BMS, il fisarmonicista romantico e un accenno di bora.

Padova, al Teatro, di passaggio: zuppa di cipolle e Riccardo Patrese al tavolo accanto. Ed io furibonda con il collega con cui stavo cenando.

Apolonia, in Slovenia, luogo da intorto per eccellenza. I datteri di mare, un altro San Valentino,la strada per arrivarci e la vista superba sul mare Adriatico.

Alla consegna della Golden Princess: a pranzo con Kurt e Mario e la Donamat. Indimenticabile.

Una cena per strada, una bottiglia incomparabile. Quasi amore, direi.

Quel fantastico giovedi’
, a Ferrara. Cena ottima, ma... collega IBM astemio! Volevo morire!

Cena di saluto in spiaggia per il CEO di Proxima: le Blue Belles tutte in tiro per lui. E un’altra cena in spiaggia, con dono di belle bottiglie (grazie Elica!), per salutare questo Direttore Tecnico che se ne tornava in Lombardia: fine di una bella storia, ahime’.

mercoledì 11 maggio 2011

Sole a San Paolo


Guardo fuori dalla solita finestra e vedo la cima dei grattacieli scrostatelli di San Paolo. Fra poco andremo a pranzo, ma ci hanno gia' rimpinzato di robine buone da mangiare, certamente non si muore di fame in Brasile.
E'una bella giornata di sole, sara' anche meta' autunno, ma potrebbe essere primavera inoltrata.
Come al solito, San Paolo non mi stimola alla esplorazione. Aspetto di accordarmi con la mia amica Maria per fare allenamento, ma altrimenti le mie curiosita' sono molto limitate - sabato andremo a Santos a visitare il Museo del Caffe', ma si tratta di un bonus. Speriamo che compensi un po' la reclusione. Il lavoro va bene, il mio capo e' piu' rilassato che in altre occasioni, fin qui tutto pare roseo verso la conferma del mio aumento retroattivo.
Chatto con gli amici - il Prof, Paolo G., Michele C. o la gente del kendo - alla sera in hotel o nelle pause fra le riunioni. Mi fanno molta compagnia, devo dire. La Ba e la Chiara mi leggono e mi commentano e anche questo mi fa sentire meno isolata.




Ultimamente sento un po' la solitudine. Non perche' mi manchi la presenza delle persone intorno. Ma, come uso dire, io soffro di un disturbo metabolico dell'anima: se anche qualcuno mi vuole bene o mi e' vicino, io stento a sentirlo, come se avessi bisogno di dosi ben piu' massicce per alzare la temperatura del cuore. Ho una deficienza di base che va colmata con iniezioni potenti di affetto, attenzione o amore (qualunque cosa queste cose significhino) - forse le forme sottili e silenziose di vicinanza rimangono sotto la mia soglia di percezione: ho bisogno di gesti maiuscoli, spettacolari - e anche quelli mi riscaldano per davvero poco tempo. Quindi devo per forza accettare di sentirmi un po' persa di tanto in tanto.
Anche se i miei affetti rimangono inalterati negli anni (oserei dire nelle ere geologiche), anche a sproposito, dagli altri mi aspetto solo dimenticanza e indifferenza. Non mi sento mai intitolata a contare sui loro pensieri o sul loro ricordo. Ogni volta mi pare di dover ricominciare da capo. Ovviamente, so che le cose non sono davvero cosi' - ma questa sicurezza mi deriva da un ragionamento del tutto razionale: quanto invidio le persone che si sentono sempre al centro dell'attenzione! Forse e' per questo che io adoro blandire i narcisi, e' una forma mascherata di ammirazione per la loro certezza di piacere.
E quindi tiro avanti, rabbrividendo un po', contando sul fatto che ogni tanto questo senso di freddo mi lascia, quando incontro un'anima amica, che ha anche voglia di dirmelo - o peggio, che non si stanca di ripetermelo.
Eh, mi dico, sapere come si funziona e' un grande aiuto - almeno si sa perche' ci si sente cosi', anche sotto il sole del Brasile.

lunedì 9 maggio 2011

Strani presentimenti

Mi sono sempre piccata di dire che, avendo lavorato sempre in ambienti prevalentemente maschili, i colleghi finissero per considerarmi unO di loro. Questo mi ha aperto squarci di comprensione sulla mente maschile inaccessibili ad altre donne. Questo non mi ha mai aiutato quando la questione mi riguardava personalmente, ma mi ha consentito di annusare un divorziando, un fedifrago o un aspirante tale da almeno un chilometro di distanza. Oggi ho sentito lo stesso inconfondibile, dolciastro odore, quello che accompagna un matrimonio in decomposizione... Uh, ma perche' mi sto preoccupando? Spero proprio che la cosa NON debba riguardarmi, se non come elemento statistico. Dio mio, la mezza eta'! Tutti i mariti andrebbero abbattuti quando raggiungono i 45, quante sofferenze e umiliazioni e patimenti in meno!

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domenica 8 maggio 2011

Ehm, sono forse gia' stata qui?

Schiphol, di nuovo. Tranquilla lounge dell'Iberia, quattro chiacchiere con il capo, un cappuccino e due brioches. Sta per cominciare la mia movida sudamericana, da A'dam, a Madrid, a Sao Paulo, a Santiago e ritorno. Inutile dire che ho tutti i bioritmi fuori posto, ma come al solito la prospettiva del viaggio mi esalta. Ecco, in questi momenti mi sento proprio nel mio centro, i pensieri malinconici si vaporizzano, non mi manca nessuno, ne' reale, ne' sotto forma di fantasma. Mia madre continua ad irritarmi chiedendomi quando mi fermero' - ha sempre avuto la straordinaria incapacita' di capire cosa valesse davvero per me, e' (s)confortante vedere come certe cose non cambino proprio mai. Se soltanto potessi dirle che viaggiare e' il modo migliore per incontrare "un uomo a cui appoggiarmi", forse potrei convincerla a non chiedermi piu' quando appendero' le mie frequent flyer cards al chiodo.

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sabato 7 maggio 2011

Un sabato (e solo quello) a casa

Sveglia alle 7. Il ritorno dal Giappone sembra sempre privo di conseguenze. So benissimo che invece l'infido jet lag colpirà nel corso della giornata, quindi mi sono messa alacremente al lavoro, con la solita, amata BBC di sottofondo.
Valigia disfatta e rifatta, giardino un po' riordinato (piantati girasoli e piselli odorosi), taxi prenotato.
Ora posso pensare anche ad uscire per la spesa, ma certamente per il pranzo so già che mi farò i miei spaghetti preferiti, che non solo mi piacciono, ma anche mi rimettono a posto lo stomaco, che torna sempre dai viaggi un po' sottosopra.
Se non fosse per il povero Ballesteros... mi spiace per lui, così giovane e così ammirato (la BBC non fa che ripetere la notizia della sua morte), ma anche per me, e per tutti i treni di pensiero che partono subito ad alta velocità. Credo che dovrei cominciare a giocare, e farla finita così.

venerdì 6 maggio 2011

Parigi è sempre Parigi

In transito a CDG, suonata dal poco sonno e dal caldo improvviso. Il più del viaggio è fatto, ma la parte più difficile inizia ora, quando la stanchezza si fa sentire. Il volo per A'dam parte alle 19,10, sono già seduta al gate, in questa serra tropicale che chiamano aeroporto. Lo zaino è strabordante, ma almeno non pesa troppo; quindici minuti di wifi sono gratuiti e bastano giusto per controllare la posta e scrivere sul blog. Chissà in che condizioni sarò domani? con il taxi da prenotare e con la prospettiva di svegliarmi alle 5 domenica mattina? e i bagagli brasiliani/cileni, avrò abbastanza testa per metterci dentro le cose giuste (incluso quello che mi serve per il kendo)? Vedremo, vedremo.

giovedì 5 maggio 2011

"Sentimentaaaal, questa notte infinita..."


... cantava la Wandissima.
Ultima notte a Kyoto. Appena uscita dalla doccia, ancora ho intorno i bagagli da riassemblare. ci penserò fra poco. Non voglio arrendermi subito al sonno e certamente domattina vorrò svegliarmi non appena fa chiaro per fare l'ultima passeggiata qui intorno. La navetta viene a prendermi alle 7,15, ma dalle 4,30 si vede già più che bene.

Stamattina la sveglia era puntata alle 5,30, per l'ultimo allenamento del mattino (e del mio soggiorno qui), ma il cellulare ha cominciato a suonare alle 4,44. Chi sarà mai che non sa che sono in Giappone? Syam, il mio gioielliere indiano, che mi ha venduto a Mandawa il bell'anello con i granati che tutti mi ammirano. E' in Italia, mi chiede quando ci vediamo. Mmm, un'impresa. Ma sono 10 anni che mi cerca: ha detto che sono la donna della sua vita e per quanto i suoi parametri mi siano abbastanza oscuri (nè intendo chiarirli) devo dire che finora ha continuato a cercarmi con una pervicacia che talvolta mi disarma. Come faccia a telefonarmi sempre quando sono nei posti più irraggiungibili del pianeta, questo non lo so. Il gestore del roaming gode.

Oggi ultimo allenamento, dicevo. Ho fatto combattimento libero con 5 dei migliori kendoka del Giappone, raccogliendo davvero una miniera di spunti, ho bisogno di tutto il prossimo anno per lavorarci su. Molto produttivo. Ho passato 6 ore a vedere i combattimenti degli ottavi dan e alla fine della giornata, come sempre, ero a pezzi. Ho visto alcune tecniche di alta classe, tante mazzate e i soliti irriducibili ultraottantenni che chiudono il programma. Già le bancarelle del mercato intorno al Butokuden stavano sbaraccando, la solita mesta cerimonia di chiusura, nella sala che già si spopola - i maestri corrono in stazione o all'aeroporto o, più facilmente, in qualche bettola a bere con gli amici che vedono solo in questa occasione ogni anno. Anche se il programma è stato comunque ricco, chiaramente molti mancavano. Inevitabile pensare al perchè. Ho finito di sfinirmi con le ultime compere: distrutta, sono tornata un'oretta in hotel.

L'ultima sera, da sola: che fare per trattarsi bene? Unagi! Su Kawaramachi i ristoranti non mancano. Ne ho trovato uno che Unagi ce lo aveva scritto già sull'insegna, non ho dovuto pensarci tanto. Un tavolino minuscolo, altre donne da sole che entrano a cenare. Una bella birra, una porzione di riso e anguilla grigliata: la cena di una regina. Io non amo cenare da sola nei ristoranti, ma in Giappone non mi dispiace. Prende tutto una sfumatira molto più rilassata: si sa che nessuno importunerà, che le cameriere saranno sollecite e disponibili, che il conto non dovrà contenere nessuna acrobazia aritmetica per la mancia. Sono libera di guastare il mio cibo, di perdermi nei miei ragionamenti, di stilare il prossimo programma di viaggio. Un ambiente tranquillo e familiare, ben diverso dai ristoranti pretenziosi degli hotel in cui mi capita a volte di trovarmi nella stessa situazione: allora preferisco la cena in camera e l'atmosfera me la aggiusto da me.


Per non rientrare subito in hotel, ho preso un altro bus e sono andata in stazione. La stazione di Kyoto è uno dei miei luoghi favoriti in Giappone. Non manco mai di fotografarla, di meravigliarmi dell'arditezza architettonica, di stupirmi del capriccio di far arrampicare le scale mobili per dodici piani (fino al giardino in cima), di ammirare la Kyoto Tower che si specchia sui vetri dell'Hotel Granvia.
Avevo già notato in passato che i fidanzatini giapponesi prediligessero la stazione di Kyoto per incontrarsi. Seduti fianco a fianco sui gradini, lo sguardo perso nel vuoto, spesso senza dire una parola. Di sera, le scalinate che affiancano le scale mobili sono appena illuminate e offrono degli angoli di intimità con vista panoramica; la vibrazione sommessa delle scale mobili pare un acuto lunghissimo di qualche coro angelico; la Torre, come Narciso, ammira rapita il proprio doppio frammentato.
Ecco, mi sono detta, se avessi sedici anni (escludendo che a 48 certe cose si facciano ancora) verrei certamente qui a limonare: bacetti gentili, visto che la veemenza orale non è cosa che appartenga alla cultura giapponese in ogni senso. Ho pensato, se fossi davvero una sentimentale, qui è il posto dove porterei il mio potenziale principe azzurro: dovremmo baciarci sulla scalinata della stazione di Kyoto e solo allora avrei la certezza che si tratti di Vero Amore.
Lascio ai Fedeli Lettori il compito di elaborare il calcolo delle probabilità che io incontri dunque il suddetto V.A. Forse dovrei abbassare l'asticella alle rampe mobili della Centrale di Milano - in stazione a Bologna, no, per favore, ho ricordi troppo funerei. Se la Stazione di Amsterdam fosse finalmente ristrutturata, perchè no? Ma meglio non fare le difficili. O, peggio, le illuse.

mercoledì 4 maggio 2011

Precipitando

Gli eventi si stanno accavallando, non riesco più starci dietro! Allenamento dalle 6,30 alle 7,30 (domani l'ultimo), più il Taikai da fare (ahimè, ho perso il mio combattimento, ma più guardo il video e più mi arrabbio), il Taikai da guardare (domani ottavi dan!!!), maestri con cui parlare, con cui cenare, da cui ricevere suggerimenti su cui lavorare almeno un anno.
In più, il Museo del Manga da visitare, i Soup Noodles da comprare per pranzo, le amiche di Osaka da rivedere , lo shopping da fare... cambiarsi, lavarsi, piegare l'hakama, rifare allenamento, poi incontare un amico e combattere ancora, visionare i video dei combattimenti propri e altrui, preparare i vestiti per il giorno dopo, distribuire i regali residui...
Adesso mi metto a dormire che domattina sveglia alle 5,30! (è mezzanotte)

lunedì 2 maggio 2011

Un giorno senza kendo?




Tutto secondo i piani: cambio, esami, Ryoanji. Poi un passaggino dall'hotel per un riposino prima di Lady Oscar. E lì il programma è saltato.
Intanto sono svenuta per quasi due ore: suonata la sveglia, il mio corpo si è rifiutato di obbedire. E per punizione, è partito l'Incubo.
Ci sono cose irrisolte che bruciano come la lava, che strisciano sottopelle come se scavassero cunicoli nella terra. E così, quando trovano una incrinatura, un punto di minor resistenza, ecco che ritrovano la luce. Un bel sogno pomeridiano, che può esserci di meglio, dopo una mattina passata per giardini Zen e non? E invece l'inconscio propone i suoi giuochi di ruolo, e porca miseria, se riesce a farmi incavolare. Niente che non sapessi già anche a livello conscio, ma sotto forma di accesa conversazione con il diretto interessato, alcune cose fanno davvero irritare. Non dico che mi sono svegliata per non piangere di rabbia, ma certo vicino ci sono andata.
E così mi sono calciata fuori per le strade di Kyoto, fra le luci di Gion, fra negozi che vendono carinerie alle quali è difficile resistere, solcando cortine di fumo di griglia, nuotando con la corrente umana che passa davanti alle vetrine. Kyoto non pare certo diversa dall'anno scorso, anche se certo una ricaduta pesante sul turismo estero ci deve essere stata.


Stamattina mi sono persa ad osservare una pupa in minigonna a balze che mostrava le culottes scozzesi, con tacchi alti e scaldamuscoli al ginocchio di lana rosa, decorati di ponpon. Lunghi capelli neri, una grande borsa alla moda, ma decorata di fiori farfalline fronzoli. Caracollava sui tacchi a Shijo Karasuma, dove mi sono fermata a cambiare gli euro. Straordinaria. Sul bus al pomeriggio, una signora di mezza età con jeans beige decorati da fiori dipinti a msno - camicia di pizzo accollata, liseuse di pizzo di lana, guanti a mezza mano, pure quelli di pizzo. Tutta sui toni del rosa. Impagabile.
La moda femminile giapponese sembra non vada oltre le dodicenni, salvo poi conciare le signore come Carla Fracci alla prima della Scala.
Riflettevo sugli stereotipi dell'attrazione maschile: in Italia, le Veline. In Olanda, le giocatrici di hockey su prato. In Giappone, le studentesse in divisa.
Qualcuno azzarda un'analisi?

domenica 1 maggio 2011

Kyoto

Due ore e mezzo di allenamento, regalini distribuiti, sono partita da Osaka e arrivata in hotel a Kyoto. Ho già fatto uno shopping minimo (beh, alla faccia, un obi da quattro metri) e ho provviste per colazione pranzo e cena.
L'Hotel delle Tre Sorelle dove mi trovo ora mi ha concesso una stanza più grande - di qui il prezzo maggiorato rispetto all'anno scorso. Comunque sia, il tatami è già tutto coperto di borse zaini e cazzilli diversi, ho svuotato la mia dotazione di regalini per fare un po' mente locale. Il wi-fi prende da Dio (ho il router giusto fuori dalla porta) e persino un PC in camera. Manca la TV però, che potrebbe fare compagnia, anche se la NHK non brilla per comprensibilità.
Nella mia perlustrazione minima dei dintorni sono già stata al Butokuden, la bella sala dove si terrà il Taikai. Era deserta (magari se ci ripassassi adesso ci sarebbe qulcuno che si picchia, ma oggi basta!), ho camminato sulle assi levigate, mi sono preparata al momento in cui sarà piena di gente e di rumore. E' un luogo pieno di energia, anche quando è vuota, niente da dire.
Programmino per domani: biglietto bus giornaliero comprato in hotel, via a vedere gli esami di 8o dan, poi a cercare una banca per cambiare dei soldini (sono alla frutta davvero con gli yen, per fortuna il cibo non mi manca), poi visita al tempio di Ryoanji e al famoso giardino Zen (unica attrazione di Kyoto che non ho visitato ancora), poi di corsa al Museo del Manga per una esposizione di disegni originali di Lady Oscar. Se tutto ve bene, riesco a stare un giorno senza kendo praticato (solo gli esami alla mattina, cosa che implica incontrare metà del mondo del kendo giapponese fra il pubblico o nelle giurie o fra i candidati). Ma se proprio non resisto, potrebbe saltare fuori un keikokai a tradimento, due mazzolatine tanto per non perdere l'abitudine.