lunedì 30 gennaio 2012

Un po' giù

Non so se sia solo un po'. Certamente sto usando le terapie pesanti.
Non parlo di Zerinol a vagoni per tenere giù la febbre e pastiglioni di Tantum Verde per gola e tosse... mi secca aver perso l'allenamento stasera, ma visto che sono rimasta a casa a lavorare per precauzione, proprio andare a fare kendo non ci stava, Il prossimo fine settimana devo essere pimpante per Bruxelles, non ci penso neanche a mollare. Anzi magari starò già bene per mercoledì ad Amsterdam... o per il drink fra Italian Professionals di giovedì.

Purtroppo il malanno che richiede interventi ben più pesanti è cronico, oserei dire quasi terminale, infatti mi restano giusto le cure palliative. Faccio il ragù (che è un rimedio potente), ascolto Diana Krall (difficile che fallisca) e scrivo (il rimedio per eccellenza). Potrei vedermi un DVD della mia riserva speciale, ma quello sarebbe già dichiararmi senza speranza.
Le mie botte di malinconia purtroppo sono solo mie. Se si diffondessero in ondate concentriche di telepatia, probabilmente i vicini comincerebbero a chiamare il 112, l'ANWB o il Leger des Heils... poi forse i miei amici lontani sarebbero presi da una inquietudine indefinibile che li spingerebbe a prendere il telefono e a chiamarmi, giusto per sapere come sto.
Ma io non sono telepatica: sono piuttosto come i gatti, mi nascondo sotto il letto, finchè non passa, mentre magari preferirei che qualcuno mi tenesse in braccio e mi facesse carezze lunghe dalle orecchie alla coda. Ma tant'è, i gatti non sanno parlare e fanno quello che possono.
Passerà, passerà, mi dico. E certamente avverrà così.

Della magia del ragu'


Prima di tutto il profumo del soffritto: non credo esista un effluvio più appetitoso al mondo. Sedanocarotacipolla che si rosolano insieme già sono pura poesia.
Un odore meraviglioso che riporta alla memoria tutti i soffritti della mia esistenza, come se si facesse un volo radente sulle mille pentole e sui mille ragù della mia vita: da quando ero bambina e il ragù lo facevano papà e la mamma (ma a me è sempre piaciuto di più quello della mamma, più dolce e più fino di quello un po' troppo maschio e saporito di papà), a quando feci il mio primo ragù di adulta (quando avevo trentanni ed ero in Germania - e non trovando il sedano lo feci con il sedano rapa - venne squisito comunque), ai ragù cucinati con Robi, e a quelli che cucino da sola oggi.
Il ragù è taumaturgico. E' una cosa buona di per sè. Il tempo dedicato a cucinare un buon ragù ci verrà sicuramente scontato dal purgatorio, perchè è un atto che avvicina al paradiso.
Vedere il trito di carne virare di colore, non appena lo si butta insieme agli odori già estenuati... poi sentirlo friggere rabbioso quando si aggiunge il vino, finchè non si acquieta... e poi l'apoteosi, l'aggiunta del sugo di pomodoro. Il bollore si ferma per un attimo e in quella stasi carica di tensione, il pomodoro sparisce fra le pieghe della carne e pare svanire... ma lasciando tutto sobbollire lentamente, ecco che il colore ritrova la superficie e il ragù comincia davvero a prendere vita. Il profumo ora è solo un comprimario della sinfonia di consistenze del tutto: il sugo che si restringe e diventa vellutato; la carne, che non ha più i contorni taglienti del trito: gli odori che riemergono a volte ancora riconoscibili, a volte trasfigurati dalla cottura...
Quanti piatti hanno il potere di trasportarci nel tempo? ma il ragù non è una semplice madeleine: il ragù è l'Eterno Famigliare che si fa sostanza, è la summa di tutti i deschi passati presenti e futuri. Un continuum di sapori che riunisce le anime disperse e disparate che abitano in me e finalmente, mi riunificano in un assaggio di quiete. Pace, infine.

sabato 28 gennaio 2012

Alea iacta est



Ebbene sì, ho comprato la mia prima auto - non la prima che ho scelto, perchè con tante aziendali, questa soddisfazione me la ero già tolta con la mia spettacolare Rover 75. Non la prima che ho posseduto (non in leasing), perchè la Citroen ZX di papà è stata mia, dopo che sua.
Questa volta sono la prima proprietaria dell'auto che ho scelto - nel mio 50° anno, non è male avere ancora cose da fare per la prima volta!
Ho scelto una Alfa Romeo MiTo 1.3 JTD, nera, con gli interni rossi, così, tanto per non farmi notare.
Ricordo ancora la prima volta che ne vidi una: arrivavo alla Malpensa vecchia e il parcheggio delle auto a noleggio era ancora giusto fuori il Terminal. Mi dissi, ohè, ma chi è questa bellezza? feci per girarle attorno e leggere il modello e rimasi di stucco: dove hanno messo l'altra metà?
Cosa mi aspetto da lei? che contenga comodamente due bougu e i bastoni da golf (non contemporaneamente, eh!), che consumi pochissimo, ma che abbia abbastanza fiato da portarmi in Italia un paio di volte l'anno e che non susciti le invidie dei bizzarri vicini olandesi, che hanno dimostrato in passato atteggiamenti da mafiosi di piccolo cabotaggio...
Il venditore mi ha detto, è un piacere fare business con lei - si vede che non gli ho chiesto uno sconto abbastanza alto. Qui gli Olandesi si attaccano ai 100 euro. Ma diamine, comprare un'auto è anche un atto d'amore, cosa avrei fatto, in alternativa, mi sarei mai potuta comprare una Yaris?

venerdì 27 gennaio 2012

Ma che razza di posto è?


Al di là di tutto quello che ho fatto, Dubai è un posto che fa riflettere. Sicuramente è diverso da qualunque altro luogo che io abbia mai visitato. Potrebbe ricordare Shanghai, per il lusso sfrenato, ma no, non è propio la stessa cosa.
Innanzitutto, Dubai ha una storia lunga appena 40 anni - quale forza straordinaria ha potuto far sorgere una città di grattacieli nel mezzo del deserto? un luogo che ricorda forse ogni altro luogo, perchè ne copia amplificandoli tutti gli aspetti più spettacolari... tutto a Dubai deve essere il massimo: un sogno arabo che si concretizzza, la frontiera della contemporaneità estrema...
Ho pensato, se un essere umano avesse a disposizione risorse illimitate, questo è quello che costruirebbe? una città meravigliosa, che ti lascia a bocca aperta continuamente. Ma che società vive in un luogo così splendido? Una congerie di comunità che non si amano, ma che convivono per interesse: arabi che guidano come pazzi per dimostrare che sono i padroni di casa, expats che raccolgono tutto il meglio del lusso, ma che non provano nessun amore per chi li ospita, indiani, filippini, iraniani che fanno funzionare un luogo che sembra non appartenere a nessuno.
Si costruiscono palazzi ovunque (Dubai è un grande cantiere), ma per chi? per chi costruisce i palazzi medesimi: sembra una spirale senza significato, fine a sè stessa.
A tratti sembra che questa società abbia reinventato la schiavitù - ma come osserva acutamente Hossam, gli schiavi veri non sono tanto i pakistani che puliscono le strade, quanto i professionisti come lui, che rendono il luogo attraente per il mondo, che guadagnano qui, ma che spendono qui. E Dubai dà ovviamnete dipendenza, non è facile uscire da questa bolla e mantenere lo stesso glamour, lo stesso stile di vita...
Di fatto, sembra di essere in una Disneyland per adulti, e con buona pace del fatto che si tratta di un paese arabo, negli hotel si trova tutto l'alcool che si vuole, le prostitute sono il meglio che la Grande Madre Russia può offrire e se si accetta la piccola vergogna di entrare nel reparto porno delle carni di maiale, i supermercati hanno tutti i salami che si desiderano.
Va reso merito comunque a chi ha sognato e realizzato tutto questo. Creare dal nulla non è cosa da tutti e il disegno che gli sceicchi di qui avevano in mente è sicuramente ammirevole. Sono riusciti a portare il mondo nel deserto, invece di prendere su ed andarsene armi e bagagli in un posto più ospitale. Hanno creato in questo scatolone di sabbia un fututo per i propri sudditi e i loro figli. Si può essere snob, ma non è stata una impresa insignificante, nè priva di una certa nobiltà.

Ci vivrei? non so. Certo se la stessa domanda me la fossi fatta dieci anni fa, avrei detto: al volo! per un lavoro iperpagato, per un certo status sociale, per il gusto della scoperta.
Oggi penso: abito in un paese che è già mio per scelta, non tanto per nascita. Ho tempo a disposizione e uno stipendio che mi permette il necessario e il lusso. In un'ora o poco più posso essere in qualunque paese d'Europa - e non c'è dubbio che l'Europa sia il mio posto, dove mi posso muovere come un pesce nel proprio fiume, ma mantenendo ancora la meraviglia per i luoghi e le persone e le usanze diverse.
Dubai - certamente ci potrei tornare con piacere per lavoro (o meglio ancora, per rivedere Giuseppe ed Adriana), ma no, non fa per me.

Compleanno!

Martedi’, il mio compleanno. Gia’ gli auguri di Dina arrivano alla mezzanotte dubaita: tre ore in anticipo, ma e’ pur vero che e’ il 24, per me! Messaggi, chat, amici FB, incomincia la rumba – e mi piace! Ma mi metto a dormire, perche’ il programma e’ gia’ ben definito.
Sveglia con comodo, colazione e preparazione dei bagagli. Checkout e via verso casa di Giuseppe ed Adriana. Io e lei partiamo direzione Jumeirah: l’hammam del Zabeel Saray ci aspetta. L’hotel si trova sul cerchio che circonda le fronde della palma ed e’ tutto in stile ottomano. Noi, come le due belle del Serraglio, ce ne andiamo a farci scorticare, massaggiare ed ungere nella Ottoman Spa. Che c’e’ di meglio, nel giorno del compleanno?



Incominciamo con un pochino di idromassaggio caldo, poi la masseuse ci spedisce nel bagno turco per una decina di minuti. Ci viene a prelevare e ci porta a sdraiarci sulla piattaforma centrale dell’hammam: sopra di noi una copola ottagonale decorata di scarlatto e di oro, marmi ed intarsi ovunque e il trattamento continua. Prima, brocche e brocche di acqua calda, per bagnarci per benino. Poi, via di guanto di loofah – non e’ difficile solidarizzare con i cavalli, quando si viene strofinati cosi’, La mia massaggiatrice, dal poco allettante nome di Asma, mi mostra tutta orgogliosa gli strati di pelle che si accumulano sul guanto.
Dopo tanto scorticare, viene il bello: Asma mi tampona il corpo con... un sacco pieno di schiuma! Sembra di essere accarezzati da una nuvola! Poi con la schiuma mi ricopre e comincia il massaggio. Ah, la meraviglia. Dopo mezzora, mi accompagna a sciacquarmi con abbondante acqua calda, mi lava i capelli, mi avvolge di asciugamani – non ho potuto fare a meno di dirle: non mi capitava da quando avevo dieci anni... Gran finale: essere cosparsa di miele, arricchito di aromi e di lavanda essicata. Mi lascia a decantare una decina di minuti – di nuovo mi risciacqua e poi (devo dire di essere effettivamente parecchio stordita) accompagna me ed Adriana in una delle alcove intorno al grande idromassaggio che occupala stanza accanto. Ci aspettano acqua fresca, yogurth con il sale, volendo datteri e mandorle. Ci riposiamo un po’ – sono cose che fiaccano – poi decidiamo di fare un altro passaggio nell’idromassaggio piu’ caldo e infine coroniamo con qualche vasca in piscina. Ci facciamo l’ultima doccia, ci asciughiamo i capelli e via. Ma che meraviglia. Altre telefonate di auguri (piu’ o meno inaspettate), messaggi, mail... la festa continua. Torniamo al Dubai Mall, prima un altro pranzetto libanese, che ci guastera’ definitivamente l’appetito per la serata – ma che buono! Adriana deve farsi stirare i capelli, io non so proprio che voglia dire, quindi mi faccio l’ultima passeggiata per il Mall. Quando lei finisce ci ricongiungiamo e camminamo insieme verso casa. Dobbiamo cambiarci: destinazione Hyatt Hotel.

Adriana ha alloggiato per talmente tanto tempo costa’ che e’ diventata una cliente VIP e come tale viene ancora trattata. Ha ricevuto (con Giuseppe) un invito per la cena del Capodanno cinese. Gentilmente sono stata integrata...
Anche l’Hyatt lascia sbalorditi – un giardino tropicale all’interno, sul soffitto chiglie di barche... siamo forse in fondo al mare? Ornamenti cinesi in rosso augurale... ed essendo l’anno del Drago, via alle danze! La danza del Dragone anticipa la cena sontuosa – e poi la mia torta di compleanno! Un’ottima torta al cioccolato, che altro? Una sola candelina, miserericordiosamente. Ma io sono contenta degli anni che ho e gia’ penso ad organizzare il prossimo compleanno.









G &A mi riportano a casa (c’e’ Flora, il loro neo-labrador che aspetta di essere portato a spasso), io mi cambio e poi si riparte verso l’aereoporto. Il mio volo e’ alle 2,40 del 25, quando in Italia il mio compleanno non e’ ancora terminato... altri messaggi, altre chiamate, altre mail: e’ davvero bello avere tanti amici e tante persone che ti pensano.



Saluto Giuseppe ed Adriana – sono CERTA che li rivedro’, e’ stata una tale gioia passare questo lungo fine settimana con loro! Hanno reso il mio compleanno speciale – e lo avrebbero fatto, sono sicura, anche se fossimo stati in un luogo meno glamour di Dubai.

giovedì 26 gennaio 2012

Abu Dhabi

Lunedì Giuseppe deve andare ad Abu Dhabi per lavoro e si propone di accompagnarmi, lasciarmi girovagare per la citta’ e poi riportarmi a casa. Non chiedo di meglio – e Adriana mi invia pure un sms con l’elenco delle cose imperdibili. Ci fermiamo all’ufficio di Guseppe per raccogliere il casco che gli serve in cantiere – dalla sua finestra si vede l’Emirates Golf Club, ma a questo giro non sara’ per me...


Prima tappa: Emirates Palace; un altro hotel dalle sale immense e dalle colonne ricoperte d’oro... ormai tutto questo lusso sovrabbondante comincia a soffocarmi... e allora scendo le scale, attirata come una falena dalla vista della spiaggia e del mare. Ho camminato a piedi nudi per almeno una mezzora, poi sono tornata all’hotel, attraversando il giardino, ho preso un taxi e sono andata al Marina Mall. Un centruzzo modesto, per gli standard dubaiti. Ho pranzato da Galler, che conoscevo per il negozio sulla Grand Place a Bruxelles: qui diventa ristorante e caffe’, oltre che maitre chocolatier. Fish and Chips e una fetta di All Chocolate cake. Rinfrancante, a dir poco. Dalla Marina mi sono fatta portare alla Grande Moschea.





Assolutamente da vedere: un monumentale edificio di marmo bianchissimo – si puo’ entrare anche essendo infedeli, ma le donne devono paludarsi da Belfagor, con camicione fino ai piedi (e oltre, nel mio caso) e velo nero sui capelli. Una esperienza gia’ di per se’...
Di nuovo, il decoro e le dimensioni sono sovrumane. Il grande cortile ha il pavimento di marmi bianco, ma qua e la’ ci sono enormi fiori di marmo colorato, intarsi giganteschi, che si ripropongono poi in scala minore anche all’interno. Da una Moschea e’ lecito aspettarsi tanta solennita’: lampadari smisurati, un unico enorme tappeto sul pavimento, le pareti bianche recano i 99 nomi di Allah, i capitelli sono ancora una volta dorati...













Comincio davvero a perdere il senso delle proporzioni. Non mi aiuta a ritrovarle la tappa successiva, il Yas Hotel, appollaiato sull’autodromo di Formula Uno di Abu Dhabi. Basta pagare e ti togli lo sfizio di un giro in monoposto. Un tempo sarei impazzita per un’opportunita’ del genere: oggi guardo chi ci prova, sento gli urli straziati del motore e i lamenti del cambio e mi dico: non e’ l’auto che fa il Niki Lauda.




Giuseppe viene a prendermi, passiamo di fronte al Ferrari World... un parco a tema, tutto incentrato sulla Ferrari, con tanto di roller coaster per provare l’ebbrezza della velocita’ in modo piu’ realistico che in un simulatore... ma questa gente sapra’ che le Ferrari si fanno a Maranello, Modena?
Torno in hotel, poi fuori di nuovo, per incontare Hossam, il mio ex-collega egiziano, anche lui ex-Oracle.
Da bravo egiziano (e’ lui stesso ad ammetterlo) e’ in ritardo marcio. Ma chi se ne frega, io sono in vacanza, non ho nemmeno fame e sono al Mall, dove non mancano luoghi dove oziare nell’attesa. Anzi, ne approfitto per osservare la folla. Turisti occidentali, expats, famigliuole saudite in gita di shopping (in Arabia Saudita c’e’ vacanza e quindi tutti a fare shopping a Dubai – papa’ pancione in camicione bianco, un frottarella di mogli paludate di nero, un esercito di bambini di diversa eta’), tutti colori del mondo: africani, filippini, indiani.





Quando finalmente Hossam arriva, ci sediamo nello stesso locale in cui avevo fatto colazione il primo giorno: Dal tavolo si intravvedono le fontane danzare, fuori, mentre una folla riprende con i telefonini. Le porzioni sono generosissime; chiedo una zuppa, mi arriva una vasca da bagno, Hossam ordina una tagine di pollo e ci portano carne, patate e riso per due.
Parliamo un po’ delle nostre vicende e di quanto delusi entrambi siamo rimasti da Oracle: in particolare dalla pochezza umana e manageriale dei nostri capi (e in alcuni casi, piu’ per Hossam, dei nostri colleghi). Ma io non ho intenzione di farmi il sangue amaro. Essere uscita dalla vicenda di Oracle a testa alta e’ stato uno dei grandi successi della mia vita – anche se sicuramente la fortuna ha giocato un ruolo, penso proprio di aver affrontato la cosa nel modo migliore e che mi ha lasciato i minori strascichi mentali. Mi faccio pat pat da sola sulla spalla.
Parliamo poi di Dubai e della sua strana societa’ in cui Hossam tutto sommato si trova bene: c’e’ ricchezza, c’e’ pace, ci sono opportunita’ per i suoi figli – e’ un paese musulmano, che per un osservante come Hossam e’ un fattore di non poca importanza. Ma certo lui guarda con grande interesse al suo paese di origine, l’Egitto, per cui non puo’ fare a meno di nutrire grandi speranze.
Abbiamo chiacchierato con vero piacere come ai tempi dei nostri incontri in Oracle (pochi in verita’). Ho sempre trovato Hossam una persona intelligente, cortese e sensibile, e’ stato bello rivederlo e riallacciare i rapporti de visu, oltre che grazie a Facebook.

Domenica sulla torre

Visto che la serata aveva in serbo un momento “forte”, sono tornata in taxi prima al Dubai Mall, poi in hotel. Alle otto e mezza, avevamo un tavolo prenotato all’Atmosphere: lounge bar al 122mo piano del Burj Khalifa. Dress code: smart elegant. Ho assemblato tutti gli strass che potevo e via. Giuseppe ha lavorato all’allestimento dell’ Armani Hotel che occupa parte della torre – tutto greige e legni nautici, luci soffuse e profumo discreto nell’aria – si entra al piano 0, lasciando l’auto al valet, che contemporaneamente si occupa di Ferrari e Mercedes e chi piu’ ne ha piu’ ne metta, si attraversa la lobby dell’hotel e ci si fa tappare le orecchie dagli ascensori superveloci.





La vista e’ vagamente straniante: i grattacieli che fanno da corona al Burj e che sembravano cosi’ alti sono solo villette monofamigliari laggiu’, verso il basso, dove le fontane danzano e lanciano getti d’acqua di decine di metri nell’aria. Le luci di Dubai si stendono sotto alle finestre, le macchie oscure sono gli appezzamenti di deserto ancora in via di sviluppo. Visto che l’Atmpshere compie un anno proprio a gennaio, ho diritto ad un bicchiere di bollicine... ma rimango comunque piacevolmente impressionata dal Martini Fragole e Aceto Balsamico che si trova sulla lista. Da provare a casa!
Bella gente, vista impareggiabile, ma per cena niente di meglio di un take away thailandese a casa di Giuseppe ed Adriana. Finisce anche la domenica, ma il programma del lunedi’…

Domenica sulla palma

Il programma della domenica, che comunque è un giorno lavorativo, me lo ha confezionato Adriana. Prima il Mall of Emirates, dove abbiamo incontrato Giuseppe. Un altro centro commerciale? Certo, attaccato ad un hotel Kempinski e con cinque piste da sci indoor. Seggiovia, slittini e sciatori in perfetta tenuta dietro alle vetrate. Si può sorseggiare un caffè nel Mall e osservare una titanica boule de neige vivente, seduti ad un tavolino al caldo. Già si comincia a percepire un certo senso di straniamento, come se il paradossale iniziasse a diventare normale.




 
Da lì, in taxi (da annotare il piglio di Adriana nel trattare con i tassisti: “My friend...” e giù strigliate tremende, che, ho notato, sono assolutamente necessarie – tassisti, vil razza dannata ovunque), siamo arrivate all'Atlantis: un enorme hotel, ma anche un arco di trionfo alla sommità della palma di Jumeirah. Vivendo in Olanda, non posso farmi impressionare dal fatto che a Dubai abbiano costruito nel mare un arcipelago a forma di palma e lo abbiano popolato di condomini ville ed alberghi. Ma le dimensioni! E il lusso dell'hotel! La modernità della metropolitana che arriva in monorotaia sopraelevata fino all'Atlantis, in una stazione luccicante di oro!... e altro oro nell'hotel, atrii dalle dimensioni degne di moschee o di cattedrali, vetri di Murano ai soffitti, viste straordinarie sul mare e sui giardini, un acquario nel quale sembra di poter entrare (si starebbe ore ad ammirare le razze, gli squali, le cernie...) e macchinette distributrici per l’oro (massi’, si ha bisogno immediato di un kruegerrand o di un lingottino da un’oncia? Basta pagare e la macchinetta te lo serve). La scala di tutto e’ impressionante.











E per rimanere in tema di scala e di dimensioni degne dei Giganti e dei Titani, in distanza ho avuto un’altra visione, il Burj Al Arab: una vela gonfia di vento nel mezzo del mare... si resta ancora a bocca aperta. Dopo la vista, e’ venuto il momento di imbarbagliare anche l’olfatto, con i profumi esotici del souk (tradizionale, ma nuovo di trinca) che si trova alla base del tronco della palma di Jumeirah.