giovedì 8 dicembre 2011

La sindrome di Lady Hawke

E cosi' io mi sveglio e gia' la giornata e' passata, si e' gia' oltre l'ora di pranzo - in un batterdocchio sono le sette di sera e ormai tutti sono andati a casa. Arrivo in hotel ed e' notte fonda. Quando torno dal ristorante, probabilmente tutti sono gia' in strada per andare a lavorare.
Otto ore di fuso di differenza sono un vero incubo - i ritmi fra America e Europa sono sfasati in un modo cosi' perverso che la distanza sembra ancora piu' grande. Niente di tutto cio' in Brasile o in Cile, che continuano a rimanermi piu' simpatici di questo paese a stelle e strisce, che davvero esercita su di me lo stesso fascino di un tupperware.
E cosi mi dibatto nella sindrome di Lady Hawke, condannata a essere me stessa quando quel bel fustacchione di Navarre diventa lupo, ed essere falco quando lui riprende forma umana. Ora, bei fustacchioni intorno non ce ne sono tanti, ma almeno quella compagnia che posso farmi i miei amichetti di Facebook, quella si' che viene a mancare di schianto!

In ufficio, Facebook non funziona. Per fortuna che c'e' Skype, per un saluto veloce alla Livia, per i mille messaggi di Dina o per le chiacchiere con Paolino (che a volte fa il furbo) - ma la finestra fra la notte e il giorno e' limitata e piu' in la' di un rapido scambio non si puo' andare.

Quindi in questi giorni in cui avrei bisogno di vigorose coccole almeno virtuali, ho intorno solo il mio capo (un altro tupperware) che perlomeno, va detto, ha cambiato drasticamente atteggiamento nei miei confronti - sembra quasi che il colloquio fatto con lui abbia avuto un esito positivo. Quanto durera', non lo so, ma adesso ho una chiave di lettura e so come raddrizzare la situazione, se dovesse riprendere una brutta piega.

Domani, ultimo giorno completo di lavoro: venerdi' abbiamo la riunione di wrap up e poi a mezzogiorno siamo liberi. Sabato, shopping. Domenica alle 14, Schiphol. Mi frego il fine settimana, ma e'  meglio che fregarsi tutta la settimana dopo!

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