sabato 30 aprile 2011

Ultima notte ad Osaka (notte insonne, la vendetta)

Nel mio letto, ascolto i ragazzi cinesi chiacchierare in corridoio. Chissà perché non possono semplicemente chiudersi in camera e fare meno casino. Ma è comunque presto per mettersi a dormire, siamo stati a cena di nuovo con gli studenti (un altro set di accompagnatori, il kendo club si dà i turni) e siamo tornati in taxi alla base. É presto, anche se il buio pesto fa sembrare la notte più fonda di quello che sia.
Ieri notte, dopo la cena a base di carne, sono stata malissimo. Probabilmente la botta di freddo all'uscita del ristorante – fatto sta che ho passato la notte nel bagno del secondo piano, per non disturbare nessuno. Stamattina mi sono alzata il più tardi possibile, ovvero a mezzogiorno, per cercare di recuperare un po'. Ho fatto allenamento un po' a scartamento ridotto, solo un'ora di combattimento libero, ma mi sono risparmiata gli esercizi di base prima e dopo. Mi sembrava di essere un sacco vuoto: niente cibo e poco sonno, bella grazia che sono rimasta in piedi.
Le ragazze spagnole sono partite alla volta di Kyoto nel pomeriggio – io ero ancora una volta a letto, tirando all'ora di cena. Ho mangiato gyoza (ravioli di carne grigliati) e una zuppetta all'uovo, adesso mi sembra di aver recuperato le forze, così almeno potrò salutare tutti con la giusta energia. Devo dire che mi turba più l'idea di ricomporre il bagaglio e di affrontare il viaggio verso Kyoto su e giù per i treni, ma in fondo sarà bello rimettersi on the road.
Questa vacanza è davvero una vacanza di kendo, non sto facendo alcuno sforzo per fare la turista, ma magari il 2 potrei cercare di vedere le poche attrazioni che non ho ancora visitato a Kyoto, prima di impelagarmi nel Taikai – tre giorni di kendo non stop. Il 3 ho il mio minuto e mezzo di shiai, vediamo se la pratica qui sarà servita a qualcosa.

Oggi pomeriggio mentre poltrivo sotto le coperte sentendomi un'ameba, ho deciso di aprire un altro blog. Ma sarà un blog “letterario”... un altro mondo, un'altra persona. Più per esercitarmi nello scrivere di qualcuno che non sia io, come se fossi qualcuno che non sono io (forse). Vedremo che forma prenderà questa cosa, per quanto io abbia già un buon inizio, una protagonista a cui sono affezionata e una storia triste da raccontare. Tutto sommato io conosco solo storie tristi, quindi non dovrebbe essere difficile entrare nella vicenda. Tristi forse non è giusto, malinconiche, ecco: tristi senza scivolare nel patetico (il sublime, quando cade, diventa patetico, diceva Sgarbi, il mio prof di Italiano del liceo – ma d'altra parte diceva anche che una donna incinta è una donna un po' triangolare). Scrivere è comunque terapeutico, anche se il nuovo blog non dovesse mai generare un seguito, poco importa. Non lascerò nessun indizio ai lettori di questo blog, nulla che potrà farvelo trovare e ricollegarlo a me! Così sarò libera di sperimentare e di esprimermi come se davvero fossi “un'altra”. Sorry, se ne nasce un best seller, ve lo dirò. Potete cominciare a fare surfing nella rete nel tentativo di riconoscermi, ma, ah, lo so già che non ce la farete!

59mo Campionato interprefetturale Osaka



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Bellissima giornata di sole, ma tutto il giorno a vedere i Campionati a Osaka. Non tantissimi volti noti, spero di recuperare con i saluti a Kyoto.
Non mi dilungo sulla cronaca di kendo: alla mattina la solita ora di combattimento libero, poi via in bus e poi in treno fino al palazzetto della gara. Risultato un po' deludente per Osaka, solo terza, ma con un Fighting Spirit Award assegnato proprio al Capitano, ovvero il Maestro Kanzaki.



Da segnalare i BUONISSIMI bignè alla crema e alla cioccolata di Hirota, nella stazione di Tennoji.
Siamo tornati alla Guest House, io, Lorenzo, Silvia e Teresa (da Valencia e Barcellona), per uscire di nuovo per la cena con gli studenti. Al nostro gruppo, 4 Europei, si sono uniti 6 studenti (rigorosamente 3 ragazzi e 3 ragazze, fra cui la mia kohai di quest'anno, Kimura, che mi segue come un'ombra ovunque nel dojo) e 4 visitatori da Shanghai, fra cui Samantha Du, conosciuta su Facebook, che sarà la mia “ospite” quando andrò in Cina a settembre, portandomi appresso un po' di attrezzatura. Il mondo è piccolo, quello del kendo, piccolissimo. Pensavamo ci saremmo incontrate per la prima volta in Cina, invece no, è successo a Osaka.





Le ragazze spagnole partiranno domani alla volta di Kyoto, mi hanno regalato una busta di jamon iberico che ho subito riposto in frigorifero (speriamo abbia resistito allo strapazzo), domani me lo sbrano senza pietà. Molto apprezzato.
Ma ora... ora vorrei avere un bell'uomo dalle mani forti che mi massaggiasse i piedi (nessuna conversazione necessaria, anzi se tacesse sarebbe anche meglio, potrebbe anche essere bello e idiota, non ho pretese)... prima dovrebbe accarezzarmi a lungo il dorso, che patisce per il tanto seiza... poi con i pollici delicatamente massaggiare le piante (ma senza farmi il solletico), le povere piante strapazzate sul parquet della palestra, sulle pantofole della Guest House, dentro e fuori dalla scarpe innumerevoli volte al giorno. Poi, passare dito per dito, con delicatezza... ah, che goduria al solo pensiero! I miei piedi non mi perdoneranno mai di aver scelto questo sport e questo Paese!
Domani due ore sole di allenamento dall'una alle tre. Tutto riposo oserei dire, si dorme! Poi si ricomincia a pensare ad impacchettare la valigia perchè domenica, dopo l'ultimo allenamento qui, a mezzogiorno si parte per Kyoto. Ho già un certo numero di appuntamenti di kendo o con amici del kendo, fra cui una cena con il Maestro Tani e con il mio amico Maruyama. Ma non ho fretta, mi godo tutto minuto per minuto, anche la stanchezza e i muscoli indolenziti. Sono cose vere, piene di senso, di valore, di autenticità.
Il kendo è l'unica costante della mia vita da 26 anni a questa parte (escludendo la famiglia e pochissimi amici). Mi è sempre stato vicino, mi preso tanto, ma tanto mi ha restituito. Quando faccio kendo sono me stessa, o forse sono il meglio di me stessa. Se ho un dubbio o un problema mi domando, cosa mi direi, essendo la Donatella che fa kendo, in questa situazione? Quasi sempre la risposta diventa chiara in un attimo. Poi è difficile essere sempre sesto dan anche nella vita, mi provarci è sempre meglio che lasciarsi vivere nelle proprie debolezze e nei propri difetti. Mi conosco, per questo so cosa posso pretendere da me IN MEGLIO. Conoscersi non può essere una scusa per continuare a sbagliare o per crogiuolarsi nei propri difetti. E questo la Donatella che fa kendo lo sa bene, e lo pretende anche dagli altri.

giovedì 28 aprile 2011

Giovedi`

Continuo ad avere difficolta` nel tenere traccia dei giorni della settimana. Mi ripeto, oggi e` giovedi`, ma il cervello non ritiene l`infomazione. So solo che oggi pomeriggio c`e` pratica e che quella di stamattina e` stata da dimenticare: troppi pensieri nella testa, la mano sinistra da reimpostare, le gambe che cominciano a fare fatica a recuperare fra un allenamento e l`altro. Le studentesse invece continuano ad avere venti anni e a correre come dei treni. Speriamo che di qui alle quattro l`acido lattico abbia preso la sua strada.
Stanotte ho dormito un po` meglio, forse il jisa, il jet lag, e` finalmente stato sconfitto. Ieri sera con Manami il mio cervello ha dovuto recuperare dai piu` riposti recessi tutto il mio giapponese: parola dopo parola, alla fine della serata ero un pochino piu` articolata. Cavolo, quante volte mi sono detta, vado in Giappone a studiare seriamente e vediamo fin dove arrivo. Ma adesso che mi sto focalizzando sull`Olandese e gia` mi rendo conto di quanto stia invecchiando, ormai ho perso ogni illusione di poter un di` esprimermi in una maniera decente che mi metta appena al di sopra del mero analfabetismo. Visto che l`ipotesi del fidanzato giapponese NON e` praticabile per una serie di motivi, dovro` forse aspettare la prossima vita (ma potendo evitare un altro giro di giostra, rinuncerei volentieri anche a saper leggere correntemente l`Asahi Shinbun).
Qui fa caldo, la pioggia di ieri sera e` un ricordo, i ritmi sono dettati dal keiko. La Guest House e` quieta, ho la doccia femminile tutta per me, il letto e` comodo. La vita non potrebbe essere piu` semplice. Tutto questo e` proprio quello che cercavo, anche se ho ancora evitabili pensieri ricorrenti che soprattutto alla mattina e alla sera si ripropongono. La collocazione mattina-sera e` piuttosto distubante - se solo riuscissi a dirottarli in altri momenti della giornata, sarei certa di poterli vincere. Ma passeranno, passeranno: non esiste fuoco che privo di alimento non receda, non si indebolisca e infine non si estingua.
Nella bella biblioteca in cui mi trovo, osservo gli studenti andare e venire. In tuta, di solito con i capelli tagliati in foggie improponibili, sono futuri insegnanti di educazione fisica, non tanto propensi alla cultura in generale, o curiosi del mondo oltre il Giappone. Le OL , le Office Ladies che prestano servizio qui, sono tutte carine e piuttosto truccate, camicia bianca e gilet nero, ridono un po` sciocchine con i professori e gli studenti anziani.
Fra poco, pranzo nella mensa universitaria, piu` tardi a recuperare un paio di visitatrici spagnole alla stazione di Kumatori. Magari un passaggio a riposare alla Guest House prima della pratica pomeridiana...
Domani, allenamento al mattino, ma poi...

Giorno tre: pieno di sorprese

Notte orribile. Sveglia non alle due, ma a MEZZANOTTE! Impossibile riprendere sonno. La lattina di Georgia bevuta alle sei del pomeriggio? Jet lag pernicioso? O forse il vento incessante che per ore ha ululato fuori dalla finestra?
L'allenamento del mattino è stato relativamente leggero, il Maestro Morioka ha voluto dedicare l'intera ora a dettagli della postura, molto utile per me come per le studentesse. Sapendo di avere solo un'oretta di sonno tormentato alle spalle, non potevo dispiacermi.


Ho resistito alla tentazione di fare un pisolo prima dell'arrivo di Manami, che alle 11 è venuta a prendermi per fare, vivaddio, un po' di turismo.
Siamo andate a Wakayama – prima tappa, il santuario delle bambole.
Scendiamo verso il mare, in un paesino di pescatori che pare deserto – e di questi tempi, non è che la cosa meravigli. Viene istintivo pensare, ma dovendo scappare via in fretta di qui, quanto ci si metterebbe?


Il cielo minaccia pioggia, parcheggiamo di fianco al tempio. Una sorta di cimitero delle bambole – non spettrale, ma piuttosto bizzarro: maneki neko tutti in fila, le danzatrici in kimono a destra dell'ingresso, le bambole dai lunghi capelli neri a sinistra. Le spose, sotto alla balconata. I tanuki, sotto un albero. Dietro, defilati, i Daruma. Tutti insieme aspettano il prossimo 3 di marzo, Festa delle Bambine, per essere portati al largo e buttati in mare. Uh, questi sì che suona un po' macabro. Un affogamento di massa per celebrare una festa... magari bambole che qualcuno ha amato – e di aspetto ancora ben conservate, alcune decisamente costose.






I Giapponesi non perdono mai quella abitudine al sacrificio umano, che faceva loro seppellire una malcapitata sotto al pilastro principale di un ponte in costruzione – hitobashira, il pilastro persona o la persona pilastro. Un termine indimenticabile, chissà se esiste una parola equivalente nel gergo della camorra o della 'ndrangheta che sicuramente non include cadaveri nel cemento armato (scadente) per portare buona fortuna alla Salerno - Reggio Calabria.
Dopo questo singolare tempio, ci dirigiamo alla volta del centro di Wakayama City, al castello. Alto su una collina, spazia sul fiume e sulla città. Ahimè, ricostruito in cemento, ma difficilmente un castello di legno in Giappone ha una vita tanto lunga.





Dopo una siesta di un paio d'ore a casa di Manami – e ne avevo davvero bisogno – siamo andate al suo dojo abituale. In un'ora giusto il tempo di 5 combattimenti, ma è stato singolare trovare una signora che non ricordavo di aver già incontrato, ma che subito mi ha citato il viaggio in Europa... una delle Magnifiche Dodici che vennero mandate al Campionato del Mondo di Parigi del 1994 nella squadra dimostrativa giapponese, prima che il Campionato Femminile diventasse prima semiufficiale e poi ufficiale (una delle mie battaglie da presidente di federazione – i Giapponesi ebbero bisogno di più di una pressione per concederci una forma di parità). Miyake Tomoko ebbe come avversaria proprio Jolanda Dekker da Amsterdam (mentre io ebbi Shinohara Mayumi e di lì cominciò un'amicizia con l'intera famiglia che dura tuttora). Ha più o meno la mia stessa età e parla bene inglese – abbiamo fatto una breve conversazione: un personaggio davvero particolare, niente affatto la signora giapponese convenzionale. Si domanda perchè mai ci siano Europei che facciano Kendo. Devono essere sicuramente un po' strani, conclude, ma per carità, massimo rispetto. Chissà se lo pensa davvero. Che tipo, mi piacerebbe rivederla, forse a Kyoto?
Una bella cena a base di tamago udon e poi via verso la Guest House, sotto la pioggia. Ma prima una foto insieme, io, Manami e sua figlia Aki, che pure fa kendo: in una specie di sala giochi, troviamo una cabina per foto molto singolare: a parte le luci sparatissime che rendono molto fresche e levigate, anche dopo un'ora di keiko, fatte le foto si può procedere alla elaborazione: cuoricini, animaletti, stelline. Incredibilmente Giapponese – molto kawaii !!!


Giorno due a Osaka Tai Dai

Terminato il giorno due, esito prima di mettermi a dormire, per timore dell'improvvida sveglia delle 2. Stavolta ho preso la melatonina prima, una bella doccia calda e via sotto la trapuntona. Oggi nel pomeriggio un altro allenamento, questa volta con aggiunta di combattimento con il Maestro Sakudo (un semidio), oltre che con replica con il Maestro Kanzaki. Oggi un po' meglio, ci siamo capiti su cosa si aspettava da me e io ho eseguito. Facile, tutto sommato.
Un terzo della palestra era riservato, come succede un paio di volte alla settimana, alle studentesse di naginata. Io mi incanto sempre a guardarle – in parte perchè sembrano essere sempre più snelle e carine delle kendoka (che forse si mettono il men per nascondere qualcosa? Domanda introspettiva...), ma in primis per l'aria di deliziosa ferocia che ispirano. Maneggiano le loro alabarde con precisa efficienza, sembra forse che danzino, ma le loro progenitrici tagliavano i garretti ai cavalli in corsa, difendevano la casa di famiglia dai nemici e spero che ogni tanto risolvessero con elegante sanguinarietà i piccoli screzi domestici. Questa aura di femminile crudeltà mi sembra che permanga anche intorno alle studentesse di oggi, che con gesti ampi e fluidi riescono a rendere bene le temibili potenzialità della loro arma. Estetica della decapitazione, coreografia dell'amputazione: la trovo adorabile, sebbene dia i brividi.
Cena a base di spiedini di pollo – petto di pollo, pelle di pollo, cosce di pollo, polpettine di pollo. Un locale minuscolo non lontano dalla stazione di Kumatori, pieno di personaggi da manga. Ma con le mani è facile indicare cosa si desidera e soprattutto basta sapere la magica parola: Nama Biru!La serata finisce in fretta, qui è buio già da ore e domattina ho un allenamento al femminile dalle 7,15 alle 8,15. Poi si vedrà.

mercoledì 27 aprile 2011

Abbiate pazienza...

Cari amici che avete la compiacenza di commentare i post e di farmi compagnia nelle mie peregrinazioni verbali e non, datemi tempo per pubblicare i vostri commenti, e' l'unica cosa che mi riesce difficile fare senza un pc, ovvero dal mio smart (si fa per dire) phone. Vi leggo comunque, poi vi pubblichero' en masse... Non desistete, mi fa piacere trovarvi!

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martedì 26 aprile 2011

Qui e` gia` martedi`

Stamattina allenamento dalle 7,15 alle 8,15. Sempre un bel modo di iniziare la giornata, per quanto combattere con un ottavo dan non generi un estremo senso di autostima. Le ragazze (alcune delle quali conosco gia` dall`anno scorso) sono sempre rinfrescanti e specialmente quelle piu` piccoline (di statura) hanno uno spiritaccio che rende il combattimento con loro davvero divertente - almeno, io lo trovo divertente.
Siamo (assieme a Lorenzo) nella biblioteca dell`Universita` - anche stanotte alle 2 gli occhi si sono aperti con matematica precisione (sono le sette del mattino in Olanda, ora di svegliarsi!) - quindi dopo un certo nmero di rotazioni e rivoluzioni nel letto sono riuscita a dormire un numero ridicolo di ore. Poco male, dopo pranzo c`e` spazio per la siesta, prima dell`allenamento del pomeriggio.
Domani mattina ci dovrebbe essere una pratica riservata alle ragazze (non so esattamente il contenuto, ma se posso partecipare ci saro`), poi alle 11 Manami (l`amica di Fumi che ho gia` incontrato due volte) dovrebbe passare a prendermi - un po` di turismo e allenamento alla sera in un dojo in citta`. Occasione da non perdere, anche se significhera` non fare la pratica del pomeriggio all`Universita`.

Primo giorno alla OUHS - Pasquetta

Nel mio lettuccio della Guest House della Osaka University of Health and Sport Science, sto per impegnrarmi a dormire e ad essere bella pimpante per la pratica di domani mattina alle 7. Il mondo fuori è ampiamente addormentato, non fosse per qualche cretinetto in scooter smarmittato che tutto sommato la statistica deve assegnare anche al Giappone.
Stamattina... non c'è stata nessuna stamattina, devo dire, perché mi sono svegliata (e solo perché Fumi mi ha svegliato) all'una passata. Un rapido pranzo (con l'unagi, Fumi si è ricordata quanto mi piace) e poi via in auto verso l'università. L'allenamento del pomeriggio dura un paio di ore e oggi, visto il tipo di esercizi che erano previsti anche io e Fumi abbiamo potuto partecipare in pieno insieme agli studenti. E' stato come al solito molto bello e molto corroborante – probabilmente un po' di muscoli e giunture del mio corpo dissentiranno fortemente, ma essendo il leit motiv di questo viaggio, di qualcosa bisogna pur morire, beh, cominciamo consumandoci un po'.
Dopo l'allenamento, Fumi è ripartita verso casa e io sono andata a cena con due maestri e un altro italiano che abitualmente viene ad allenarsi qui ogni anno. Cibo di Okinawa. Ad ogni boccone di alghe, ecco un po' di cesio, adesso giusto un pizzico di iodio radioattivo. Comunque era tutto molto gustoso, dovevano essere i millisievert.
Ho fatto la spesuccia per la colazione nel Lawson che si trova a un quarto d'ora di strada dalla Guest House. Ho il caffè freddo per domattina e un sacco di frittelle. Speriamo che non sappiano di formaggio, con la pasticceria giapponese non si sa mai!

lunedì 25 aprile 2011

A casa di Fumi - Pasqua

La giornatina è stata piena. In verità sto per collassare sulla tastiera e fare una lunga fila di ùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùùù.
Ho dormito a coriandoli sull'aereo. Ho visto Tron – assolutamente trascurabile. Ho cercato di vedere Eat Pray Love – non ce l'ho fatta. Alla fine, fra un coriandolo di sonno e l'altro, mi sono vista Burlesque e me lo sono pure goduto. Che altro si chiede ad un film da aereo, se non un po' di musica ed una fotografia che renda anche Cher levigata come una ventenne?
Avevo due posti a disposizione, avendo fatto uno scatto tattico subito dopo la fine dell'imbarco. Se non l'avessi fatto, mi sarei fatta dodici ore seduta accanto ad un energumeno che strabordava dal sedile. Gentile e piuttosto silenzioso, ma cielo, in certe occasioni le dimensioni contano. Buffissimo poi incontrare al controllo di sicurezza di CDG, giusto davanti a me, Akemi Van Rob, che dall'Olanda veniva a salutare i suoi genitori. Il mondo è piccolino.
Fumi era già ad aspettarmi, mi ha portato nella sua nuova casa, da cui si gode una gran bella vista su colline e pianure come se non si trovasse nella municipalità di Osaka. Il programma era bello che fatto, ho fatto un pisolino di un'oretta e via per due ore di allenamento.
Il Maestro Fujiwara lo avevo già incontrato, in verità è stato lui che mi ha dato l'opportunità di indossare un bellissimo kimono e di posare accanto a lui, nemmeno se stessimo per sposarci. La moglie due anni fa non solo mi vestì, con l'aiuto di una amica, ma pure mi suonò il koto e eseguì la cerimonia del the. Il Giappone pocket – tutta la cultura tradizionale in un pomeriggio.



Dopo due ore di allenamento, assieme a bambini inarrestabili e a cresciutelli dal coetaneo all'attempato, a casa per una doccia veloce e poi di corsa al ristorante. Fra la doccia e la cena, ho avuto modo di scambiare due parole con il marito di Fumi – appena tornato da una partita di golf, si stava guardando il golf in TV. La mia camera è infestata di libri sul golf, incluso un libro delle Regole illustrato come un manga. Sono circondata.



Ma sono nel posto dove desidero essere – dove peraltro tutti mi fanno i complimenti per non essere una di quei gaijin fifoni che hanno cancellato voli e viaggi di affari e di piacere a causa di quello che è successo e sta succedendo a 1000 km di qui. E io cosa posso dire? Non dico loro: di qualcosa bisogna pur morire, ma intanto penso che questo posto è un poco casa mia e non si può aver paura di casa propria.

sabato 23 aprile 2011

Nell'aereo per Parigi

Ok, mi perderanno i bagagli, adesso l'infido pilota francofono ci dira' che per colpa degli ultimi due passeggeri rincoglioniti saremo in ritardo, una tempesta solare tagliera' tutte le comunicazioni, una diga si rompera' e Schiphol e' casualmente il punto piu' basso d'Olanda... Con questi adorabili pensieri in capo, aspetto nel mio posticino la chiusura dei portelli e la partenza. Sono gia' in agitazione per via del cambio di posto sull'aereo per Osaka - si trattera' di discutere con le sussiegose hostess francesi al gate. Splende il sole. Un bel respiro, si dovrebbe partire fra poco...

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venerdì 22 aprile 2011

Meno uno

Domattina si parte. Bagagli chiusi, stasera un paio di birrette e un bel gelato di Roberto insieme a Fleur. La temperatura è ideale per uscire in bici e i caffè di Utrecht sono strapieni. Fleur è tesa per gli imminenti Campionati europei, io sono tesa per via della partenza. Dopo la seconda birra siamo tutte e due più allegre e rilassate, non c'è niente di meglio di una Weizen (o due). L'atmosfera prefestiva poi è palpabile, io vivo qui, mi dico, ma mi sembra già di essere in vacanza.
Domani sarò in vacanza sul serio, ma ovviamente prima c'è la prova del viaggio. Non ho mai volato Air France sul Giappone, speriamo di non avere sorprese, mi sentirò a posto quando sarò arrivata a Parigi e sarò a bordo della coincidenza.
Da domani so che la mia testa sarà tutta diretta al Giappone, ai miei amici laggiù, al kendo, alla mia gara. Non che il lavoro mi stressi, anzi, ma certo tornare alle basi aiuta sempre. Dal momento che io mi considero una kendoka che fa l'ingegnere e l'auditor, e non viceversa, si capisce perchè questo sciacquare i panni nel Kamo (il fiume di Kyoto) sia così importante per me: riportarmi a quello che è davvero parte di me mi aiuta a togliermi di dosso il superfluo, il posticcio, l'illusorio. Accidenti, mica poco.
What's in my backpack?

Test post via mail

Arriverà? Non arriverà?

giovedì 21 aprile 2011

Prendiamola come viene

Oggi ho avuto una riunione con il mio capo. Prima di tutto, io credevo di dover parlare della pianificazione dei nostri prossimi viaggi, un po' turbolenta a causa di una serie di modifiche incrociate. Invece no. Voleva parlare della mia valutazione annuale, che avevamo detto di finalizzare a maggio.
Sono rimasta piacevolmente sorpresa, sto arrivando dove devo arrivare, quindi la prospettiva si tinge sempre piu' di rosa - avro' ancora un altro po' di spazio, specialmente riguardo alla nostra societa' di architettura, che io adoro, ma che ho a malapena sfiorato.
Raccomandazioni, anche:
1) devo mostrarmi un po' meno entusiasta (a quanto pare, un auditor entusiasta del proprio lavoro non e' percepito bene dai potenziali auditandi)
2) devo mostrarmi un po' meno multitasking durante le riunioni o le interviste, anche quando non sono direttamente coinvolta. Non uno sguardo al telefono, non un tocco di mouse per risvegliare il PC. Assoluta totale indivisa attenzione. Sara' durissima, ma figuratevi se non posso farlo. Si tratta poi di un fatto di pura apparenza: lui sa benissimo che sono attenta, ma se secondo lui non SEMBRO attenta, questo non si addice all'immagine dell'auditor.
Se nell'ethos di Johan questo e' importante, per carita'!!! deve valutarmi e decidere sul mio aumento di stipendio futuro E retroattivo fino ad inizio anno. Figuratevi se mi permetto di dissentire.

Poggibonsi

Sull'aereo per New York, mi leggo l'International Herald Tribune. Mi imbatto in un articolo, piuttosto lungo, su una classica success story aziendale. Un nome italiano, Dallara! fanno chassis per auto da corsa, inevitabile che voglia leggere di più... anche perchè il nome fa suonare un campanello. Infatti, il giornalista intervista il CEO e GM dell'azienda: un certo Andrea Pontremoli... che casualmente è stato CEO di IBM Italia... oh, come ricordo la bella chiacchierata con lui, che tante speranze aveva acceso - salvo non portare proprio a nessun risultato, se non quello di fomentare l'ostilità della responsabile HR, che nemmeno mi conosceva, ma che probabilmente si era sentita scavalcata da chi aveva procurato l'incontro. Chissà se solo per un minuto mi avrà tenuto in considerazione, la simpatica signora, una Bieca Blu della più bell'acqua!
Il Nostro AP parla con entusiasmo dell'azienda, elogia il fondatore (ancora in attività, meglio essere gentili), si schermisce dicendo di non capire granchè di ingegneria (e per questo lo lasciano circolare anche nelle aree top secret della progettazione...). Eh, eh, non ha perso il tocco... chissà se fa ancora il DJ a tempo perso e se, soprattutto, ha cambiato barbiere.

http://addiozot.blogspot.com/

martedì 19 aprile 2011

Ipnotizzata

Oggi lavoro a casa, devo scrivere il report della review americana, devo partecipare ad una call in cui un numero imprecisato di IT managers globali cercano di mettersi globalmente d'accordo sul numero di policies globali da scrivere. Stasera, il detestato, ma anche sospirato, test finale di Olandese. Qualunque sia il risultato (peraltro intermedio e riconosciuto solo dalla Volksunversiteit), il corso e' finito e di certo non mi fregheranno per il prossimo. Cerchero' qualche corso di conversazione e puntero' di passare l'NT2 II, che e' invece un esame riconosciuto nazionalmente e che perlomeno e' un po' piu' challenging. Le cose facili: belle, belle, ma che noia! e poi mi domando perche' mi devo sempre rendere la vita difficile in qualche maniera: la risposta e' qui, chiara come il sole: la noia per il banale, lo scontato. il troppo semplice, il troppo comodo. Un'altra delle mie condanne.

Dovrei ripassare un po' e giuro che fra un attimo mi ci metto seriamente. ma intanto mi guardo il mio giardino al sole - un goccio d'acqua alle piante nuove, un'erbaccia da strappare qui, un vaso da spostare la'. Mi guardo e riguardo le foglie nuove degli aceri, una differente geometria e un diverso colore per ciascuno dei miei tre esemplari. Guardo preoccupata l'olivo gracilino che non ha ancora ripreso a buttare foglie, osservo l'espandersi della buglossa e dei suoi simil-non-ti-scordar-di-me, conto i fiori delle fragole. Sono ipnotizzata dalle mie piante, mi danno una quiete che assomiglia ad una rinfrenscante paralisi dello spirito per qualche decina di minuti... sono cose vive che hanno bisogno di attenzione - non c'e' nulla di piu' importante di loro, mentre sono in giardino. I pampini cominciano ad aprirsi, la passiflora sta iniziando ad arrampicarsi sul traliccio. Chissa' se le mie dalie single riusciranno a spuntare? e i tulipani pappagallo, quasi oscenamente aperti al sole del pomeriggio, sono una fiamma fra il verde delle fragole.
Ok, rientro a studiare - i miei venti minuti di ipnosi sono finiti. Fine della quiete.

lunedì 18 aprile 2011

Tecnologia amica

Ho comprato un netbook HP. Piccino, grazioso, leggero. Finalmente potro' portarmi dietro un po' di connettivita' quando andro' in giro non per lavoro (vedi, in Giappone). Non solo potro' scrivere sul blog, ma anche potro' scaricare subito le mie foto dalla scheda di memoria della macchina fotografica. E, dulcis in fundo, potro' scrivere per me o A me senza dovermi preoccupare del crampo dello scrittore e con l'agio di una bella tastiera italiana. Ale', e' giunto il momento di scrivere la mia grande opera. O, piu' semplicemente, di indulgere nella mia inveterata abitudine di mettere su carta quello che penso: per rileggerlo, per ricordarlo (aridaje), per vedere se fila. In un mondo che sfugge ad ogni logica, io mi incaponisco a fare ragionamenti sensati persino con me stessa. Possibilmente in buon italiano. E con le lettere accentate giuste.
E' la mia forma di resistenza contro questo mondo malamente ingegnerizzato, al quale mi sforzo di adeguarmi, ma che non comprendo e men che meno approvo. Saro' infantile, ma credo ancora che gli immeritevoli premiati o il bene ricambiato con il male siano storture di disegno e che una patch approssimativa come l'invenzione del karma non riesca affatto a renderle meno clamorose. Progetto sbagliato in partenza, dico io, ma tant'e', qui sono e qui devo restare, ancora per un po'.
Questa cosa di scriverMi, l'ho sempre fatta. La trovo assolutamente logica, come il fatto di continuare a parlarMi. Non posso credere che le altre persone non abbiano la stessa forma di dialogo nella testa - io avverto chiaramente che siamo due, entrambe portate alla dialettica, ahime', ma spesso e volentieri (anzi, direi SEMPRE) su posizioni opposte. Una piu' seria, l'altra piu' colorita, una ottimista per scelta, l'altra sprofondata in una nuvola nera, una razionale e l'altra insopportabilmente sentimentale. Una che sa qual e' la cosa giusta da fare e l'altra che tira per fare la piu' comoda o la piu' piacevole. Ma se non ci fosse questo tira e molla, come si potrebbe rivendicare il titolo di essere pensante? Ma sono certa che non sia per tutti cosi', anche se, ripeto, mi riesce difficile da credere. Gli esseri umani... quando mai si capisce con quale parte di loro si sta parlando?

Tecnologia infida

Ho dormito tre ore ieri notte. Mai bere un the alle undici di sera... dovendosi alzare alle 4,45 per andare in aeroporto! In aereo stranamente non ho dormito e ho conversato piacevolmente con una signora panamense che ha sposato un bolognese. In ufficio alle 8,30, comincio a configurare il mio netbook, scarico un Office open source, vediamo che roba sara', mi rifiuto di pagare un altro Office di Microsoft. Alle 10 riunione di reparto, fino a quasi le 13. Alle 13, nella Board Room al 24mo piano, un collega presenta le sue attivita', sono programmi molto interessanti sull'integrazione delle societa' operative del Gruppo. Nemmeno esco a pranzo, avevo comprato panini e succo di frutta all'aereoporto. Telefonata alla mamma. Alle 15, call con Baltimora, fino alle 16,30. Una mezzora di pausa per chattare con Paolo G. che mi fa arrabbiare, no, mi fa intristire fin quasi alle lacrime. Alle 17, call con Denver, quasi due ore. Ce l'ho quasi fatta, devo andare in palestra stasera, sverro' di fatica con la shinai in mano... e il vecchio cellulare Nokia comincia a ronzare squillare squittire, tutto allegro. Il compleanno. Il compleanno che volevo dimenticare piu' di ogni altro. Eccolo li', completo di torta e candeline. Doveva essere un giorno diverso, doveva essere un giorno da ricordare... e l'ho ricordato, si', per colpa del dannato, vecchio, fedele cellulare. Eraso da ogni altro supporto, si annidava ancora, in agguato, sulla sim.
Coraggio pure, domani e' un altro giorno. Un compleanno passato e' un compleanno che non esiste piu'. Un altro passo verso la fine dell'odiosa primavera.

venerdì 15 aprile 2011

Touch base




Più che toccare casa non si può dire, arrivata alle 7 a Schiphol, ci ritorno fra un'ora. Lasciata la valigina, fatta una conference call con la Repubblioca Ceca, riparto con il PC al seguito per entrare direttamente in ufficio lunedì mattina. Qui c'è il sole, i miei contatti mi dicono che a Bologna piove. Ma porca miseria! Quando mai potrò di nuovo godermi la bella stagione? Devo contare sulle lunghe sere di Kyoto, per prendere atto che prima o poi l'estate arriverà?
Faccio foto ai miei tulipani, soprattutto ai pappagalli, mostruosi e meravigliosi. I miei aceri sono uno spettacolo. Oh, quanto tempo passerà prima che possa pasticciare di nuovo in giardino?



Dunque, arrivo a Bo e mia sorella dovrebbe recuperarmi. Sorpresa alla mamma e poi farei meglio a dormire un po', visto che il volo è durato, sì, 6 ore, ma fra Wall Street 2 e The tourist, ho schiacciato giusto un pisolino. Sabato mattina una bella doccia, poi caffè con Paolo G., pomeriggio di shopping per il Giappone, alla sera cinema e gelato con la Donamat. Domenica a casa e speriamo che la Livia faccia un salto. Lunedì mattina, sveglia con le galline per l'aereo inumano alle 6. Oh, un bel programmino. Speriamo che funzioni...

giovedì 14 aprile 2011

Lounging

Lounge The Oasis a JFK. Divano comodo, uno strano ronzio nell’aria, un po’soporifero. Ottimo succo di pomodoro, tutti gli ingredienti a disposizione: limone, tabasco, Worcester sauce, sale e pepe. La qualita’ di una lounge si vede anche da questi dettagli. Un’oretta prima di imbarcare, il mio capo fa il download sull’iPad del suo quotidiano preferito, io scrivo per il mio blog.

Finalmente abbiamo visto un po’di luce. Abbiamo anche avvistato la skyline di Manhattan in distanza, mentre la limousine ci portava in aeroporto – so gia’ quali film vedere a bordo, sara’ una maratona perche’ abbiamo appena sei ore di volo.

La cena di ieri sera e’ stata davvero notevole: ed in verita’ avevo bisogno di consolazione. Siamo andati da Morton’s, un ristorante con una infinita’ di coperti, ma con una bella atmosfera. Ci avevano gia’ avvisato che il conto sarebbe stato salato, ma in fondo la cena la paga il mio capo: suo il budget, suo l’onore di scialacquarne un po’ anche per me. La cameriera recita una filastrocca incomprensibile, maneggiando al contempo tagli di carne e verdure, per far capire ingredienti e dimensioni – spero proprio che si tratti di repliche di cera, come si usano in Giappone. Comunque sia, se non ci mostrasse gli oggetti del desiderio, non capiremmo una parola di quello che va raccontando. Io comincio con un antipasto di Ostriche Rockefeller ed entrambi scegliamo un bel filet mignon – come accompagnamento, bucce di patata. Ebbene si’, pare che si tratti di una bizzarria irlandese: ti portano una patata tagliata a meta’ e praticamente del tutto svuotata della polpa, resa nera e cuoiosa dalla cottura. Le due meta’ vanno ricongiunte e mangiate (con notevole sforzo manducatorio) dopo essere state riempite di burro, panna acida e pancetta affumicata croccante. Un attentato alle coronarie: ironico, considerando che per legge, in tutti i ristoranti dello Stato di New York, devono essere indicate le calorie accanto ad ogni voce di menu. Americanate, lo so. Abbiamo innaffiato il tutto con un buon calice di Pinot Nero di Mondavi “Special selection”. Morbido, rotondo, piacevole – direi un po’sul ruffiano, ma ci stava. Per dessert, io una tarte tatin (ma fatta in cocotte e rovesciata), il mio capo un tortino tiepido di cioccolato, amaro e pesantuccio – ma delizioso.

Sono tornata in hotel piuttosto rinfrancata. Ebbene si’, pero’, ci sono ricascata: un po’di zapping e poi ho finito per indugiare sulle highlights dei Masters del 1986. In momenti cosi’, mi sembra quasi di sentire ringhiare e guaire la volpe che cerca di di scappare dal guinzaglio, il collo ormai scarnificato contro il cuoio del laccio, la bava alla bocca e lo sguardo spiritato. Ci prova, ci prova, ma alla fine rimane legata tanto quanto prima. Poverina, mi fa una pena infinita, chissa’ quanto tempo le ci vorra’.

Ho appena ricevuto una proposta. Ho una candidatura spontanea alla posizione di uomo oggetto: un toy boy da prendere e usare alla bisogna. Incredibile, l’era Berlusconi ha sdoganato le bestemmie, la prostituzione minorile e pure il ruolo del gigolo’. O tempora o mores. Beh, questa offerta almeno non prevede lo scambio di denaro. No, sorry, passiamo oltre. Non mi sembrava di aver fatto capire di cercare qualcuno per la suddetta posizione, ma deve esserci una parte della psiche maschile che recepisce strani segnali da parte mia. Forse dovrei cominciare a dire in giro che cerco un FIDANZATO, orrenda antiquata parola, ma che dovrebbe escludere ogni equivoco. Astenersi mariti altrui, singles scompensati e in generale promiscui fedifraghi. Gosh, ormai parlo proprio come Bridget Jones...

Ingombranti compagni di letto

Il Crowne Plaza White Plains e' un buon hotel, niente da dire. Ottima colazione, due letti matrimoniali per una stanza uso singola, asciugamani a gogo. Come al solito, anche guanciali a catafottere. Ne ho quattro. In passato li buttavo via, e la solerte cameriera me li ripiazzava, aggiungendo anche il quinto, quello rosso con il logo della catena. Ora mi sono rassegnata a dividere il letto. Io sto bravina bravina nella mia meta', loro spaziano nella loro. Mi rimane lo spazio di una lettiga, ma almeno non russano. Questo si dice vedere il lato positivo delle cose.

Fa freddo, spiovicchia, White Plains e' la morte civile. Potrei sgattaiolare al Westchester Mall e spendere qualche dollaro in oggetti che non mi servono e che non desidero. Invece no, sto qui in camera a prendere a gomitate un guanciale che sta cercando di allargarsi. Bastardo, sta' nella tua meta'! Mi guardo NHK World e mi avvicino almeno in ispirito al Giappone. Non vedo l'ora di essere la', il luogo dove mi sento piu' in pace al mondo. Saltello su ESPN per un po'di football americano. Evito come la peste Golf Channel.

Purtroppo in questo periodo mi arrabbio per un nonnulla. In verita' stamattina uno strascico del "18mo anniversario" mi ha fatto davvero scendere la catena. Se c'e' qualcosa che mi infastidisce, e' qualcuno che fa apprezzamenti sulla mia intelligenza. Se c'e' qualcosa che tira fuori la bestia in me, e' qualcuno che la mia intelligenza la offende. Mi ci e' voluta tutta la giornata e una serie di mail minatorie per tranquillizzarmi di nuovo. Ma e' evidente che non sono pari. Conto i giorni alla fine della primavera, con l'estate sicuramente staro' meglio.

Stasera bisteccona con Johan, nella migliore steak house di White Plains (a sentire i colleghi). Non e' certamente il cibo il bello degli Stati Uniti. I panini del pranzo hanno dimensioni inquietanti, mi terrorizzano. Il ristorante italiano di ieri sera, come era prevedibile, faceva proprio schifo. Io ODIO andare al ristorante italiano quando sono all'estero - e non so se mi fa piu' incavolare la tristezza del cibo o il fatto che quei fessi degli americani pensino che quella pasta insapore, affogata in ingredienti slegati e mal scolata, sia rappresentativa del modo in cui la pasta va mangiata. Insistete pure a mangiarla cosi': ve lo meritate di essere obesi e candidati a infarto e diabete - e' la vendetta della pasta maltrattata. E il CUCCHIAIO? il DANNATO CUCCHIAIO? perche' ti portano un maledetto cucchiaio per mangiare la pasta lunga? BESTIE, imparate a usare la forchetta, o mangiate la pasta corta! Si', lo so, sono ancora nervosa...

Ho passato la giornata a revisionare contratti. Dighe, fognature, desalinizzatori. Gran belle cose - a essere sul posto, con un bell'elmetto in testa. Invece noi anche oggi non abbiamo visto la luce del giorno. Non e' proprio il mio uffico preferito, via! Ho dichiarato che la prossima volta rimango il weekend e vado a Manhattan. Vediamo quando accadra' davvero. Invece per questa volta sono contenta di arrivare a Schiphol venerdi' alle 7,30 del mattino e ripartire per Bologna alle tre del pomeriggio. La mamma non lo sa, le faccio una sorpresa prima di partire per il Giappone e poi il Brasile e poi il Cile. E c'e' sempre qualche buon amico/a da incontrare a Bologna - e in questo periodo Dio solo sa quanto ho bisogno di amici.

martedì 12 aprile 2011

Compleanni e anniversari

Mi accorgo di stare scrivendo molto a proposito sul ricordare e sul dimenticare. Come mi ha insegnato Lidia, ricordare e dimenticare sono due cose su cui la mente conscia ha ben poco controllo. Si’, possiamo scrivere e prendere appunti, possiamo ripetere all’ínfinito una poesia o un numero di telefono, ma non abbiamo alcuna garanzia che il ricordo permanga inalterato nel tempo – potrebbe anche dispettosamente dileguarsi nel momento in cui davvero ci servirebbe o ricomparire deformato e sfumato, pressocche’ inutile.

Sul dimenticare, poi, non ne parliamo. Ho gia’ scritto abbastanza sulla mia condanna, e non vorrei aggiungere danno a danno, con l’elenco ormai assimilato delle definizioni da bogey, a birdie, a eagle fino a phoenix (ma questo e’ proprio raro!). Dannazione.

Parliamo di compleanni e anniversari, dunque. Questo mese devo dimenticare tre compleanni e con tutto l’ímpegno possibile, ci riusciro’. Perlomeno riusciro’ a comportarmi come se li avessi dimenticati sul serio – ma lo so che la mente correra’ alle persone associate alle date, inevitabilmente. Una perduta perche’ non c’e’ piu’ (e chi si ricordera’ del suo compleanno oltre a me? Nemmeno lei potra’ piu’, povera zia), un’altra cancellata perche’ all’improvviso mi sono resa conto che solo io ero rimasta a considerarla un’ amica (avendo realizzato che non era interessata piu’, e da tempo, ad essere amica mia), un’altra rimossa per principio, per quarantena, per autodifesa. E’ il pensiero che conta? Quindi a che vale fingere di dimenticare, quando non si dimentica affatto, immersi come si e’ nel dolore della perdita o nell’abisso della delusione? Io penso che i pensieri in fondo sono nulla, se non si traducono in azione conseguente – in tutti gli aspetti della vita. Ergo, se anche non dimentico, ma dal ricordo non nasce un’azione (una telefonata, una lettera, un saluto), beh, eccoci qua, nessuno potra’ mai dire che io abbia ricordato veramente. E quindi cosi’ mi regolero’.

Oggi qualcuno mi ha chiesto come intendo festeggiare “il nostro 18mo anniversario”. Ah. Ma guarda un po’ cosa mi viene a dire uno che ho espunto dalla mia vita. Che strana cosa, la memoria: ritiene vividamente un episodio di 18 anni fa, ma non i ripetuti benservito (con relative motivazioni, sempre uguali) successivi. Penso che questo rappresenti efficacemente il significato dell’espressione “memoria selettiva”. ..

lunedì 11 aprile 2011

L'invasione degli ultracorpi

Chi e’ Rory McIlroy e che accidenti ha a che fare con me? Perche’ mi deve interessare? Perche’ devo sapere che ha buttato via il primo posto ai Masters dopo essere stato costantemente in testa? Sapere che ha 21 anni, mi riguarda? E che la buca numero 10 del campo di Augusta e’ stata definita da Tiger Woods “ridicolmente difficile”? Perche’ devo sapere tutto cio’?

Una persona che frequentavo un tempo si occupava di neuroscienze e raccontava di un terribile scherzo che ci si poteva fare fra cultori della materia. Bastava presentarsi al malcapitato di turno e dirgli qualcosa di completamente inutile, ma indimenticabile. L’esempio era: “”Ma lo sai che Bruno Pizzul e’ nato a Montebelluna? E che a Montebelluna c’e’ il Museo dello Scarpone?” – detto cio’ si taceva per un attimo e poi si diceva, possibilmente sghignazzando, alla vittima perplessa: “Ti ho appena bruciato un miliardo di neuroni!” Lo scherzo, dunque, consisteva nel tarpare una parte della capacita’ mnemonica del poveretto, come fregargli una banconota dalla tasca o portargli via la merenda. La cosa mi e’ sempre sembrata di gran lunga piu’ crudele – come strappare un brandello di pelle o una ciocca di capelli – un pezzo del tuo cervello viene irrimediabilmente brasato, sottratto ad altre memorie piu’ utili e rilevanti... insomma, una vera carognata. Ora so che Bruno Pizzul e’ nato a Cormons (dove si trova il Vigneto della Pace), ma Montebelluna e il suo Museo dello Scarpone sono marcati indelebilmente nel mio cervello – come il fatto che i Molinari non abbiano fatto granche’ bene e che il vincitore dei Masters di quest’anno sia figlio di un un golfista a sua volta. Dio mio, come odio tutto cio’!

Sono a White Plains – mi hanno detto che fuori c’ e’ il sole. Sono contenta, nella mia stanzettina da auditor non ho il privilegio di una finestra, quindi mi accontento dell’informazione. Il mio capo non vorra’ di certo andare a Manhattan una di queste sere, quindi si prospetta una settimana di lavoro stolido e ininterrotto – e questo mi piace: meno neuroni da bruciare, in teoria. Purtroppo Johan si picca di commentare con i nostri colleghi su qualunque squadra newyorkese possibile: i Mets, I Knicks, I Red Socks e, se fosse stagione probabilmente anche i Jets ed i Giants. Neuroni e neuroni buttati nel vento. Stasera per fortuna cena in hotel, se sono fortunata, ognuno nella sua cameretta (invece che insieme al ristorante, voglio dire).
Il viaggio fin qui e’ stato ottimale, a parte il ritardo in partenza, due ore di lounge, per fortuna. A bordo mi sono vista Black Swan e The King’s Speech. Il primo piuttosto deludente: una storiella di ordinaria ossessione, in cui la protagonista ci fa sudare per un orgasmo fino a tre quarti del film e poi scivola nell’allucinazione. Certe donne dovrebbero effettivamente copulare piu’ spesso. The King’s Speech e’ semplicemente ben fatto – Colin, un grande, ma non e’ una novita’. Ho la casetta 44 della collezione KLM, ma il pranzo ingegnerizzato dal grande chef olandese e’ risultato, ahime’, una porcheria. Mmm, dovrei essere sorpresa? Comunque volare business mi fa bene, anche se la pelle si secca un po’.

Fantasmi del passato, come ultracorpi che escano dai loro baccelli, stimolati da questa stagionaccia che e’ la primavera (mi ripeto, lo so), stanno uscendo dalle ombre e si ripropongono con fastidiosa puntualita’ – chissa’ perche’ anche i vermi si affezionano a me, al punto da non volermi dimenticare? Ma di questi tempi sono contenta di avere qualcuno da maltrattare, lo trovo catartico.

Cosi' il piccolo principe addomestico' la volpe.
E quando l'ora della partenza fu vicina:
"Ah!" disse la volpe, "... piangero'".
"La colpa e' tua", disse il piccolo principe, "io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi..."
"E' vero", disse la volpe.
"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo", disse la volpe.
"Ma allora che ci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore dei campi da golf".

domenica 10 aprile 2011

5 hours from boarding into a world of bliss


Giornata splendida anche oggi - ma con la scusa di dover partire per Schiphol e poi, finalmente, per gli USA, non faccio nemmeno il gesto di uscire a fare un giro in bici. Polleggio estremo, dunque. Metterò un po' in ordine, cazzeggerò in giardino e mi godrò la luce gloriosa della mia casa.
Ho fatto due chiacchiere via Skype con la mia meravigliosa amica Anna, che ha sempre il dono di tirarmi su di morale: che donna incredibile, uno spirito indomabile, anche nei momenti più difficili - e ne ha avuti, negli ultimi anni. Ma è sempre una ispirazione: L'Universo ci protegge, dice, e se fa uscire qualcosa o qualcuno dalla nostra vita è perchè non vuole farci perdere del tempo inutilmente. Accidenti, bell'approccio, condivido in pieno, non ho più tempo di perdere con i giochetti, che invece sembrano riempire la vita di un sacco di gente. Spiacente, astenersi perditempo.
Avevo voglia di rivedermi Sotto il sole della Toscana, uno dei miei film totem. Ma mi sono fermata giusto in tempo: anche lì c'era un agguato nascosto dell'infido inconscio. Questa volta l'ho anticipato, ma il dannato è in gamba, sarà una battaglia lunga.
Valigia pronta, non ho potuto fare il checkin online a causa delle solite paranoie americane (chissà che altro vorranno chiedermi all'aereoporto), ma poco male, ho tutto l'agio - e poi potrò godermi tutti i film dell'ultima stagione, aggiungerò un'altra casetta olandese alla mia collezione (gli oggetti culto della business class KLM) e mi farò coccolare da steward complimentosi fra un drink e l'altro. Wow. Where are you from? I'm from here.

sabato 9 aprile 2011

Stessa spiaggia, stesso mare

Esco in direzione Wilheminapark: carne bianca ovunque, tutti sull'erba intorno allo stagno, a contendere lo spazio ai germani reali e alle oche canadesi che si aggirano contegnosi e un po' seccati fra frotte di studenti al sole. Le strade commerciali sono affollate, mi dirigo verso il centro. Il mercato dei fiori è come al solito uno spettacolo - ora è stagione di piante perenni e annuali, più che di fiori recisi. Qualcuno armeggia con una pianta di timo, il profumo si sparge intorno. Avrei voglia di comprare tutto, ma anche il mio giardino ha i suoi limiti di capacità! Decido di girare intorno al centro e di tornare attraverso il Museumkwartier, costeggiando il Singel. E' una passeggiata deliziosa, nel verde, lungo l'acqua. Volto verso l'Oudegracht: un tale, a bordo di una specie di tinozza (non può essere chiamata barca!) suona (molto bene) la tromba. Dal ponte la gente lo applaude. Mi dirigo verso casa - se Fleur e Patrick vengono a prendere il gelato, sarà bene fare un test della gelateria accanto al Jumbo. Si rivela un'ottima idea: il posto è triste, il gelataio è triste, il gelato è triste. Mica per niente il mio fornitore di riferimento è e rimane Roberto. Opto per una bella tarte tatin: vado a comprare gli ingredienti e vado a casa. Porta finestra spalancata, sbuccio le mele, con sottofondo di Pausini. No, non va bene. A fare attenzione ai testi, sembra che la povera Pausini sia stata piantata più volte di quanto si riesca a sopportare anche solo all'ascolto. Depressiva. Opto per una bella raccolta di canzoni italiane anni Sessanta: Sapore di sale, In ginocchio da te, Faceva il palo, Abbronzatissima. Adesso sì che ci siamo! Arrivano gli ospiti, la torta è nel forno, intanto ci godiamo il sole, un thè, un bicchierino di Porto... quello che ci vuole, per sentirsi il cuore di nuovo caldo.

Sto per calciarmi fuori di casa

Giornata fantastica, cielo azzurro e temperatura ideale per un giro in bici. Non so cosa mi tenga qui a guardare Tiger Woods che infierisce su una povera pallina ai Masters - solo perchè su BBC1 c'è il calcio e perchè il mio caffè è troppo caldo? ma comunque fra poco sarò fuori a pedalare. Finalmente ho attaccato la targa di ceramica con il numero civico, vediamo se regge fino a sera. Nel pomeriggio gelato con Fleur e Patrick, in giardino...

venerdì 8 aprile 2011

La disconnessione del telefono

Il titolo del post, per i lettori non camilleriani (ovvero, chiunque tranne la Ba), è un omaggio al più divertente dei romanzi del Nostro (giudizio brutalmente personale): La Concessione del Telefono. Consiglio caldamente la lettura.

Riflettevo su quanto sia cambiato il mio rapporto con il telefono in questi anni.
Ho avuto il mio primo cellulare nel 1999, quando ho cominciato a lavorare per la SIC. Era normale per me iniziare la giornata salendo in auto e telefonando agli amici già nel percorso verso l'ufficio: vista l'ora, se non erano la Donamat o Max, potevano essere colleghi che sapevo già in viaggio a loro volta. Dalle 9,00 in avanti, via con le chiamate di lavoro vere e proprie. Quasi ininterrottamente, certi giorni. Poi alla sera, nel tragitto verso casa, via con un altro giro di amici o colleghi che avevano finito la giornata di lavoro. Se viaggiavo di sera verso Genova o Trieste o Ravenna, c'era sempre qualcuno che mi teneva compagnia (o che mi teneva sveglia) - e ovviamente io mi impegnavo a ricambiare la cortesia.

Da quando sono venuta a vivere in Olanda, tutto questo è cambiato. Il telefono è stato una parte importante del mio modo di lavorare, nell'anno e mezzo in cui sono stata in Oracle, ma solo perchè i colleghi di progetto e i managers della mia business unit erano tutti "remoti", in più di un senso. Ricordo ancora benissimo certe imbarazzanti conference calls con il cliente e il mio team, in cui regolarmente qualcuno dei mezzi geni del MIT che lavoravano per me diceva qualche cosa di devastante: mezzi geni finchè vuoi, ma come senso del cliente stavano davvero a zero.

Molte frequentazioni telefoniche molto intense si sono ridotte pressocchè al nulla. Le telefonate verso l'Olanda costano? ma quasi tutti i miei interlocutori avevano cellulari aziendali, il costo non era necessariamente la motivazione. Forse, visto che non ero io più così assidua come in passato, loro si sentivano autorizzati a non chiamare proprio per niente?
Arrivato poi Facebook o Skype, è iniziata l'epoca dei contatti non solo a costo zero, ma per giunta a tempo zero: mentre si fa altro o mentre si "parla" con mille altri, allora ci sta una domanducola su come sto o su cosa faccio. E adesso mi sono proprio stufata anche di questo.
Siamo fatti di tempo: quanto di noi dedichiamo in esclusiva a qualcuno, lo misuriamo in minuti, ore o giorni - e sottolineo in esclusiva: parlando proprio a quella persona, dedicando qualche euro per telefonare proprio a quella persona, sacrificando qualcosa d'altro per avere una conversazione proprio con quella persona. Tutto il resto è rumore di fondo.

Tutti i giorni telefono a mia madre. Due minuti, per dirle che sì, sto bene, sì, non ho freddo, sì, ho mangiato. Se la mamma avesse qualche problema, lo saprei istantaneamente dai miei fratelli. La telefonata è per lei, per farla stare serena. Almeno, io dico che sia per lei. Ma in realtà, anche se il contenuto informativo rasenta lo zero, quelle telefonate sono una delle poche prove della mia esistenza in vita. Ho un testimone, qualcuno che assiste con continuità alla mia vita. Dunque, esisto. Di questi tempi, non è poco.

giovedì 7 aprile 2011

Oh, la'!

Nessun incubo, nessun retropensiero. Per giunta c'e' il sole e stasera si esce a bere con i colleghi. Oddio, stasera e' una parola grossa, si esce alle 17 e alle 18 tutti a casa, probabilmente. Ma per il modo in cui gli Olandesi interpretano il rapporto fra colleghi, wow, siamo gia' all'intimita'. Deve essere l'influsso di tutti questi Slovacchi, Turchi, Italiani, Brasiliani e chi piu' ne ha piu' ne metta, che stanno annacquando il puro sangue arancione della Capogruppo.
La pausa caffe' e' un altro punto dolente. Cielo, mi sono ridotta ad chiederne una ogni tanto in elemosina a Paul, uno dei vari consulenti che bazzicano l'ufficio Corporate. Allora, lui ci mette le capsule di Nespresso, e facciamo all'italiana: si va all'angolo cucina e ci si beve il caffe' chiacchierando. Tanto carini tutti, a portarti la broda alla scrivania, ma poi si rimane davanti allo schermo muti e solitari. Non e' mica una pausa caffe', e' un enteroclisma per bocca.
Domani, Arnhem, al vecchio ufficio nella Rijntoren - due riunioncelle, di cui una telefonica, poi scappo a casa a fare la valigia per l'America. Quindi corro a comprarmi il mastice per attaccare finalmente la targa di ceramica con il numero civico e per piazzare la mezzaluna con il nome della casa. Avro' anche io la mia Bramasole, alfine!



Ieri pomeriggio, uno strano numero sul cellulare: il maestro Tani mi chiamava dal Giappone (a mezzanotte), per dirmi che stava bene, lui, la famiglia, gli amici del clan, e per darmi le sue coordinate durante il mio soggiorno a Osaka e a Kyoto. Ci vederemo piu' volte, sono troppo felice! E credo che anche lui lo sia del fatto che non abbia cancellato il mio viaggio. Oggi, una mail del mio Maestro (con la maiuscola) Inoue, che pure mandava notizie e una foto dei ciliegi in fiore davanti al castello di Osaka. Kendo Danna-san, Kendo Chichi, o machi kudasai, mamonaku kimasu!!!

mercoledì 6 aprile 2011

Una perla

Ho appena scoperto di poter inserire una frase sul mio Office Communicator - uno slogan, un saluto, un aforisma: tutte le volte che qualcuno si connette con me, puo' leggere ed essere illuminato.
Ho ricordato che quando lavoravo in SIC avevo adottato un motto di Aristotele, che compariva in fondo ad ogni mail che inviavo. Sono andata dunque a ripescarlo. Chissa' perche', oggi mi tocca piu' del solito.

Siamo quello che facciamo ripetutamente. L'eccellenza non è dunque un atto, ma un'abitudine.

Forse saranno le lunghe chat con il mio amico Paolo G., che mi fanno riflettere e talvolta arrabbiare... oppure l'inconscio infido colpisce ancora.

Birichinate


Mi sto impegnando alla spasimo, ma il mio inconscio continua a fare il furbetto. Quanto piu' cerco distrazione, quanto piu' mi riporta dove il dente duole.
Scelgo un film che conosco bene per una serata serena, Lost in Translation. C'e' tanto Giappone, ed e' un film garbato, divertente, scorrevole (si', lo ammetto, anche un pochino malinconico). Una sola sequenza avevo dimenticato... un inserto, un omaggio, due minuti a sorpresa incastonati fra cento altri: una volta graditi, ora sufficienti per ricordarmi eventi persone situazioni da sciogliere nell'acido dell'oblio. Andiamo avanti cosi', facciamoci del male.
Niente incubo stamattina: sveglia 15 minuti prima, per gabbare l'infido. Mi sveglio tranquilla, l'ultimo sogno del mattino e' stato una piccola parodia del mio lavoro, inoffensiva, nulla di stravagante. Ma poi rifletto (e gia' mi stupisco di come mi ricordi bene questi sogni, io che stentavo a tenerli a mente solo pochi anni fa) e mi accorgo che quello spiritoso del mio inconscio ha colpito ancora. Il sogno si svolgeva in una regione d'Italia specifica (e ci si insisteva pure!), un altro riferimento chiaro come il sole ad eventi persone situazioni da scalpellare via con furia iconoclasta. E basta! insomma, se vuoi farmi capire che sei piu' furbo di me, ci sei riuscito, possiamo passare oltre?
In Italia c'e' il sole, cosi' mi riferiscono i miei contatti Skype. Qui snebbia. Non troppo freddo, ma certo non un giorno da maniche corte. Bene per il giardino, l'umidita' e' quella giusta, ormai non si va piu' sotto zero... sul Minstroom nuota una famigliola di svassi: il papa' pesca pesciolini, la mamma si porta in spalla uno dei piccoli striati, che di giorno in giorno cosi' piccoli non sono piu'. Gli altri due fratelli vociano e pigolano, aspettando i bocconcini che il padre riporta dal fondo. Mi incanto tutte le volte a guardarli. Amo le papere.

martedì 5 aprile 2011

L'inconscio insiste

Stamattina, come di consueto, poco prima che la sveglia suoni, un incubo. Scendo da un taxi su una stradina di montagna: devo separarmi dai miei compagni di viaggio, che proseguono il percorso. Estraggo i bagagli dal baule e l'auto riparte. Sono sull'Appennino ligure, so di dover arrivare al mare per prendere la strada di casa. Cerco scorciatorie lungo i tornanti, arrivo in un paesino che si chiama Glucagone (non devo piu' leggere libri sulla Zona, prima di mettermi a dormire) e scopro che lungo quel tratto di costa gli accessi al mare sono al massimo 4 o 5 - il resto e' falesia verticale. Sono bloccata. C'e' il sole e anche qualche turista molesto. Cerco gli occhiali da sole - e scopro con orrore che la borsa piu' importante e' rimasta sul taxi. Non ho soldi, non ho telefono, sono isolata da tutto e da tutti. Posso solo pensare di scroccare una telefonata e chiamare mia madre, ma poi? E quindi mi sveglio.
OK, forse e' meglio questo incubo che quello con l'orso, i vermi tricipiti e prima ancora, il compagno di universita' in gonna e autoreggenti. Magari domani andra' meglio.
Quindi uscire per le strade di Utrecht per andare a prendere il bus e il treno e' una opzione di sicuro effetto euforizzante. Il tempo e' cosi' cosi', i tepori di sabato scorso sono ormai un ricordo. In stazione intravvedo il mio capo, ma mi tengo prudentemente alla larga - non ho voglia di conversare e penso lui nemmeno. Abbiamo una intera giornata in ufficio per comunicare, se necessario. Il treno arriva, si svuota, si riempe di nuovo. Osservo i miei compagni di viaggio: cosi' olandesi... una totale mancanza di affettazione nei ragazzi, qualche tentativo di eleganza (tacchi troppo alti o troppo puntuti) nelle ragazze. Contemplo le chiatte lungo il canale: mastodonti silenziosi che scivolano sull'acqua. Si chiamano Antonia, Voluntas, nomi di donna o virtu' latine. Mi piacerebbe un giorno vedere l'Europa dalla prospettiva di una di queste navi.
Amsterdam Bijlmer ArenA - tanta gente scende qui, ci sono molti uffici. Il resto scende con me a Amsterdam Zuid. Un minuto attraverso la piazza: ritrovo il mio capo e Thea la segretaria agli ascensori. Un altro giorno comincia.

lunedì 4 aprile 2011

Primavera? se proprio non se ne può fare a meno...




Ho scritto in passato: odio l'estate. Non posso a questo punto dire: odio la primavera, perchè significherebbe odiare il 50% dell'anno. Non è uno stato d'animo in cui desidero cullarmi. D'altra parte non mi sentivo pronta per la primavera, quest'anno, come se avessi un vago presagio. Non è affatto iniziata bene, sono di cattivo umore e mi sveglio ogni mattina con un incubo diverso. L'altra mattina mi svegliavo e mi trovavo abbracciata ad un orso - dovevo sgattaiolare da quell'abbraccio pericoloso, mentre cumuli schiumosi di colla intorno mi impedivano la fuga. Stamattina risalivo gattonando un torrente schiumoso popolato di vermi tricipiti. No, la primavera non mi fa bene.
Tuttavia, il pruno del vicino è in fiore, i tulipani stanno spuntando e si aprono alle lunghe ore di luce. I narcisi, i muscari, le primule, le viole del pensiero... gli olandesi che popolano i caffè, tutti rivolti al pallido sole, come se fossero girasoli... non posso mica dire che tutto questo non mi piaccia! Quindi devo rassegnarmi, non ero pronta, ma la primavera è arrivata lo stesso. Mi metterò il cuore in pace.
A White Plains potrei trovare ancora la neve, per quello che hanno detto i colleghi costà. A Kyoto maggio è il più bello e dolce dei mesi - non vedo l'ora di godermi un paio di giorni di ozio (anche se sarà dura, avendo tante occasioni di pratica a portata di mano...), camminando per i parchi o per Pontocho. Mmm, vedi, basta trovare i giusti argomenti e anche questa primavera iniziata con così tanto cattivo gusto comincia a prendere un'altra piega. Ecco, andiamo avanti così.


domenica 3 aprile 2011

Una delle mie liste

Le cose che piacciono a me… Tutti insieme appassionatamente puo’ non essere necessariamente una scuola di vita, ma certamente offre un piccolo consiglio – quando il cane abbaia, quando l’ape punge, quando ti senti giu’, semplicemente ricorda le tue cose preferite e non ti sentirai cosi’ male. Oddio, forse non funziona proprio sempre cosi’, ma che male c’e’ a provare? Allora ho fatto uno dei miei elenchi (certamente non esaustivo):
• Le librerie (libri nuovi o libri vecchi)
• Le cartolerie (matite colorate, quaderni, album, penne, pennarelli)
• I garden centres (bulbi, semi, piante, attrezzi)
• L’acqua calda (le terme, gli onsen, i sentoo, le spa, la vasca in hotel)
• I materiali da disegno (godet di acquarello, tempere, acrilici, tele, carta di Fabriano)
• I quaderni nuovi (a quadretti, a righe di prima, di terza, di quinta, bianchi, con la carta millimetrata…)
• Il vino veramente buono
• Le cene squisite con persone interessanti
• I buoni ristoranti in cui ti raccontano a memoria la carta
• Gli allenamenti ben riusciti
• I massaggi alla schiena (e il Lulur con lo yogurt)
• I film antidepressivi, in generale, e le commedie romantiche, in particolare
• Gli attori belli e virili
• Gli uomini alti e con un bel naso importante
• Gli ufficiali in uniforme di gala
• I viaggi in posti mai visitati
• I gatti che dormono arrotolati
• I tulipani (specialmente quelli bianchi)
• I paesaggi bellissimi, come il golfo di Genova visto da sopra Camogli, o l’Enrosadira vista da Bellamonte, o la neve vista dalla sommita’ di una pista in un giorno di sole o la valle del Reno a maggio.
• Il profumo del bergamotto
• La crema per il viso, ma quando e’ tanta
• La Nutella mangiata con il cucchiaio
• I tortellini in brodo quando sono buoni e saporiti
• I guanti di pelle
• I gioielli etnici
• L’ebano
• Gli orologi di gran marca
• Le belle automobili italiane (Alfa Romeo, Ferrari, Lamborghini, Maserati) e inglesi (Jaguar, Aston Martin)
• Il mare d’inverno
• Fare il ragu’
• Lavorare in giardino (potare, seminare, piantare, raccogliere le erbacce)
• Dipingere con gli acquarelli
• Svegliarmi e sapere che posso restare ancora a letto
• Camminare sicura per strada di notte (solo in Giappone, oramai)

sabato 2 aprile 2011

Zonnig!

Mi sveglio alle 8 - non accendo nemmeno il PC, corro da Intratuin a comprare le ultime cose. Ecco, inizia la mia giornata di giardinaggio! Metto a dimora il ribes bianco, la nuova clematide, la nuova passiflora... trapianto l'ulivo, sistemo l'aiuola davanti (la yucca ha bisogno di un po' di manicure). Al garden centre ho ceduto colpevolmente al mio insopportabile sentimentalismo e mi sono comprata tre dalie: si chiamano: Happy Single Kiss, Happy Single Date e Happy Single Romeo. E' da vedere se riescono a fiorire nelle mie vicinanze! Sono fiori singoli, appunto, non i ponpon sgargianti che di solito si associano alle dalie. Fiori modesti, ma di questi tempi è bene non montarsi la testa! Persino Eric il vicino, che ama la giungla, si è dedicato un po' al giardinaggio... presto il suo lato sarà un intrico di erbacce, ma per ora si vedono tulipani e la gatta di tre colori (non posso fare a meno di ricordare la mia Miri...) si arrotola sull'erba e si gode il sole.
E' sorprendente come la giornata si sia allungata senza Facebook. Ho combinato di più in questi due giorni di quanto non abbia fatto nelle settimane scorse. Aggiungo che ho davanti a me ben due fine settimana olandesi: questo, fra giardino e allenamento centrale domani, e il prossimo, fra ozio e aereoporto, giusto sulla soglia della mia settimana a White Plains. Oh, avrò un sacco da fare con i colleghi costà! Adesso che conosco un po' il mestiere, non vedo l'ora di avere carne da mordere!
Oggi pomeriggio: pulizia delle shinai, un caffè da Jennie, un gelato da Roberto Lekkerijs... magari in serata mi rassegnerò ai compiti di olandese. Domani, 4 ore di allenamento, perfette prima del Giappone. Comincio a sentire aria di "casa".

venerdì 1 aprile 2011

E inizia il secondo Q

Metto in fila il programma: prima gli Stati Uniti, poi una scappata in Italia, giusto per vedere la mamma, poi il Giappone. Un giorno per cambiare le valigie e via per Brasile e Cile. Dopo, Atene e, a inizio giugno, Bologna. Due fine settimana consecutivi in Germania. Da decidere, Dublino. Infine Denver.

Mi sento meglio al solo pensiero. Aereoporti, stanze di albergo, la mia vita in una valigia, piu’ o meno grande. Cibo diverso, kendo a tutte le latitudini, amici vecchi e nuovi. Il perpetuo senso di estraneita’ che mi conforta. I luoghi sconosciuti o comunque alieni hanno una caratteristica straordinaria, che me li fa amare: sono bidimensionali – non hanno profondita’, non ancora, possono essere osservati con lo sguardo vergine, privo di giudizio. Sono interessanti di per se’, non per cio’ che implicano o per quello che si sospetta che implichino. I retroscena sono mirabilmente mascherati. Tutto e’ fresco e nuovo. Li si puo’ osservare con equanimita’, con distacco olimpico. Ahh, sento gia’ il refrigerio!

Caelum non animum mutant qui trans mare currunt. E’ un dato di fatto, ma e’ una maledizione o una benedizione? L’immobilita’ emotiva e la coerenza sono due facce della stessa medaglia? Per ora mi accontento di cambiare cielo il piu’spesso possibile. Un tale che lavorava per me amava citare, molto spesso a sproposito, un motto di un progettista di auto: Speed makes form perfect. Quanto piu’ velocemente cambio cielo, quanto meno sovrastrutture mi devo portare dietro, come se fossi in una galleria del vento. Solo gli oggetti che davvero servono nella valigia, solo i libri che davvero voglio leggere, solo le persone con cui davvero voglio restare in contatto, solo i sentimenti che davvero valgono. Finche’ sono in moto perpetuo, solo le cose vere rimangono in sincrono con me e mi stanno vicine, il resto si perde spazzato dalla corrente, via, come le chiome di Berenice che si staccano dalla punta delle ali dell’aereo.

Mi domando, come puo’ qualcuno di nuovo entrare nella mia vita, se la prima cosa che deve imparare a memoria e' la mia agenda? Le nuove relazioni sono fragili, diafane, il detto e il non detto sono ugualmente importanti. Come si puo’ pretendere una pervicacia come quella che invece mi aspetto? Eh, beh, vorra’ dire che per un po’non ci saranno persone nuove nella mia vita. Per citare le immortali parole di Audrey Hepburn in Charade: I'm afraid I already know a great many people. Until one of them dies I couldn't possibly meet anyone else. E se penso che nel film lei lo dice per (momentaneamente) togliersi di torno Cary Grant, mi sembra una frase da tenere da conto.