sabato 19 luglio 2014

La Legge di Murphy

Il gomito del tennista sta recedendo, grazie alla pomata di Voltaren che Dina mi ha lasciato. Nonostante la mia poca fede, quel pochino di principio attivo deve aver fatto effetto perchè adesso il braccio va decisamente meglio. Sono invero passati già diversi mesi, più o meno l'epicondilite finisce per risolversi da sè (trascuriamo il fatto che non mi sono mai fermata per riposarmi, ma solo ho variato un pochino il mio uso del braccio destro).
In compenso, mi è venuto mal di denti. Prima una sensibilità esagerata, ma adesso siamo passati al dolore sordo. Ieri sera all'aperitivo italiano è bastato un biscottino secco per mozzarmi il fiato per dieci minuti. Comunque sia, niente panico. Roxana (magica!) mi ha passato l'indirizzo del suo dentista, che ha il buon gusto di stare aperto fino alle 20. Mi sto informando per l'assicurazione (quella olandese dovrebbe coprirmi), sono andata intanto a comprarmi una scatola di ipubrofene in caso il dolore passasse la mia già alta soglia di sopportazione.
Ho davanti una settimana pienissima - domani vado a trovare il mio collega Shodo - e a visitare il tempio Zen dove suo padre è abate.  Sarà una esperienza unica, non sarà uno stupido dente a fermarmi.

mercoledì 16 luglio 2014

L'odore del napalm, al mattino

E' pressocchè impossibile dormire oltre le 5. Un po' è il caldo, un po' la luce, un po' le tante cose che frullano per la testa.
Sto cercando di non perdere di vista il fatto che fra poco dovrò cominciare ad impacchettare le mie cose. Dopo undici mesi la routine in qualche modo mi spinge ad andare avanti come se nulla fosse - ma so già che mi metterò le mani nei capelli quando dovrò ridurre tutto il mio patrimonio materiale in due trolley ed uno zaino.
Ho una lista lunghissima di cose interessanti davanti a me: incontrare Amy per il film sul Kendo, ad esempio.
Ieri ho poi avuto la sorpresa di sapere che il mio datore di lavoro realizzerà un mio progetto - come potrei spiegarlo ai non addetti ai lavori? E' come se io lavorassi per Giorgio Armani e lui mi venisse a chiedere di disegnare il MIO abito. Vedremo, vedremo - il disegno ce l'hanno già, è la fase di realizzazione che potrà riservare delle sorprese!
Venerdì aperitivo alla camera di Commercio di Osaka, giusto per vedere Ale (e un branco di Italiani misti, spero anche Renato). Sabato avrei un paio di inviti confliggenti. Domenica Kendo, sul pavimento meraviglioso della Polizia di Kawabata.
In questi giorni siamo in pieno Gion Matsuri - ieri sera ero a spasso in una Kyoto affollatissima, piena di gente in kimono, tutti a mangiare street food e a fare foto delle straordinarie costruzioni che verranno tirate a braccia in giro per la città nel corso della sfilata di domani. Non fa nemmeno notizia il fatto che tutti i flussi fossero ordinatissimi e che non ci fossero cartacce ovunque: servizio d'ordine e di nettezza urbana alla giapponese.
Del dopo Giappone non parlo ancora, perchè vorrei concentrarmi sull'OGGI, straordinario ed eccitante come è.

domenica 6 luglio 2014

Un po' di foto arretrate, con la Donamat

Quasi senza parole.

Dentro a Shiramine Jingu, il santuario dei giochi con la palla, a fare da cavia per gli studenti che DEVONO parlare inglese.


Nijojo




Kyoto Tower

Concerto di marching bands studentesche in stazione



La pagoda di Toji








Bando Tamasaburo - un uomo bellissimo


Cena con Donamat, Roxana e Sara (missing in action)

Fushimi Inari Jinja






Dessertone da Mother Pot (dentro a Loft)

Il tempio per la meditazione Zen



Con Renato!

A Kurama





sabato 5 luglio 2014

Il senso dei Giapponesi per le file

No, non mi riferisco al fatto che i Giapponesi si mettono in fila per qualunque cosa, perchè ci sono altri popoli che lo fanno. Rimasi scioccata a Londra, all'epoca dei miei diciotto anni, perchè effettivamente gli Inglesi facevano quello che avevo letto sui libri di testo. Fanno la fila gli Olandesi, anche per prendere il gelato del mio amico Roberto Lekkerijs - e questa cosa mi offendo profondamente, perchè saper ordinare il gelato al bancone - SENZA FARE LA FILA, ma affollandosi in apparente caos - è un'arte che si impara, come quella di leccare il cono senza sporcarsi. Un'arte che gli Italiani apprendono da bambini e che fa un tutt'uno con la suprema padronanza della tecnologia della Carpigiani.

Le file a cui mi riferisco, sono quelle che faccio in palestra, quando vado a fare allenamento con i diversi gruppi che mi ospitano qui a Kyoto. Il Kendo si fa in due, come il tango, quindi è necessario mettersi a coppie, in lunghe file lungo la palestra.
Orbene, l'arte di allinearsi i Giapponesi la imparano da bambini, a scuola in primo luogo. Tutti sanno a che punto stanno della fila e hanno la buona grazia di verificare distanza e corretta disposizione tutte le volte: se ci si allinea su più ordini, chi sta dietro si mette esattamente alle spalle di chi sta davanti e tutto risulta più bello e ordinato.
Questo talento lo avevo già osservato molte volte e ho sempre ripetuto ai miei allievi in Europa, che regolarmente si disponevano a serpentone anche quando erano in tre, che avrebbero dovuto prendere esempio. Tuttavia, gli Europei sembrano non  dare così tanta importanza alla cosa, e questo mi snerva, ma non tanto quanto quello che sanno fare i Giapponesi con me.
C'è da mettersi a coppie? se siamo dispari, io sono sempre quella che rimane da sola. Non importa quanto io sia preparata al fenomeno (una volta potevo avere la scusa di non capire le istruzioni o di reagire troppo lentamente), nemmeno conta che io non sia più esattamente una estranea e che la maggior parte dei praticanti mi abbiano visto in più di una occasione negli ultimi dieci mesi. Se c'è da mettersi a due ad due, i Giapponesi in un baleno si sistemano fra di loro e io sono la dispari.
Un'altro talento - e davvero mi sono messa a ridere, certe volte - è quello in base al quale non importa quanto sicura io sia di essere nel posto giusto - ad esempio, perfettamente allineata con la persona davanti a me - qualcuno riuscirà con un solo passo a mettermi completamente fuori posto, come se tutti, con una sola mente, seguissero un disegno predefinito per farmi sempre essere la dispari del momento. Un po' come le barzellette in cui il capitano cerca un volontario e tutta la compagnia fa un passo indietro lasciando il malcapitato di turno nel mezzo del guado.
Questo fenomeno ormai si ripete con tale regolarità che quasi quasi mi meraviglio se non accade e se riesco a mantenere la mia incospicuità in mezzo al gruppo. Io la prendo in ridere, è un'altra delle idosincrasie di questo popolo, ma sono abbastanza certa che qualche gaijin possa avere reazioni avverse, alla lunga...

Concludo con una nota editoriale. Grande libro, che consiglio a tutti coloro che bazzicano il Giappone: KATA: the key to understanding & dealing with the Japanese ! Il sottotitolo è piuttosto enfatico e verboso, ma è la prima volta che compro un libro non per quello che mi insegna, ma perchè ci ritrovo già tutto quello che ho imparato.