domenica 17 giugno 2012

Dell'arte perduta dell'epistola

Io scrivevo lettere, un tempo. Ho cominciato alle elementari, con la pen pal in Sicilia. Poi ho fondato il Club Amiche di Niki Lauda e in seguito ho trovato compagni di penna in Giappone. Ho scritto per anni a Judith. Conservo ancora tutte le lettere che mi sono mai state scritte, sembra incredibile, ma è vero. Le lettere della Ba sono archiviate cronologicamente in faldoni enormi, le lettere delle Amiche di Niki Lauda in una vecchia scatola, quelle di Judith in uno scrigno di cartone, assieme ad altri piccoli memorabilia (inclusa la palla da golf che raccolsi a Leeds Castle tanti, tanti anni fa). Ho ancora le lettere di Foster, di Thomas, di Robi, alcune lettere sparse di altri personaggi che hanno attraversato la mia vita.
Per aiutarmi a chiudere con una persona, mi scrissi una lettera da sola, falsificando la sua firma e spiegandomi (indubbiamente molto meglio di come sarebbe stato capace lui) perchè non poteva funzionare fra di noi. Me la imbucai e me la lessi con interesse quando mi fu recapitata.

Le lettere di carta hanno fatto il loro tempo, ma con le mail ho lo stesso rapporto. Non ho mai cancellato mail di nessuno, le ho archiviate piuttosto, ognuno ha la sua cartella. Ovviamente mi riferisco a lettere di qualcuno che in qualche modo significasse qualcosa per me. Un amico o una amica molto cari, una persona che è stata importante per me, qualcuno che è transitato nella mia vita e mi ha lasciato qualche rimpianto o qualche ricordo. Non le leggo mai, ma sapere che sono lì mi conforta. Sono tranci della mia vita e li conservo, anche se spesso rappresentano un passato finito e, come tale, malinconico, perduto, disperso.

Una nuova tendenza invece è quella di conservare le lettere che ho scritto e non ho mai spedito. Sono letterine con un capo e una coda. Spiegano passaggi cruciali del mio modo di ragionare a qualcuno - ovviamente qualcuno a cui mi interessava RACCONTARE, RIVELARE, ESPORRE. Qualcuno a cui volevo fare domande o dare risposte. Qualcuno che mi incuriosiva e mi intrigava. Qualcuno che mi aveva stupito e meravigliato o che mi aveva fatto arrabbiare o soffrire. Poi, evidentemente, qualcosa è successo: ad un tratto in me è ESPLOSA la certezza che l'altra persona non fosse affatto interessata quanto me ad avere o a dare spiegazioni. Ad un tratto quelle lettere sono diventate inutili - solo l'espressione di una grande frustrazione. Non le spedirò mai. Non le leggo, come faccio con tutte le altre, ma non perchè mi confortino con la sola loro presenza. Se lo facessi, tutte le domande inespresse e le risposte mai ricevute mi balzerebbero davanti agli occhi di nuovo, in un ballo grottesco di spettri e fantasmi che farei fatica a richiudere in un archivio.
Tale è il potere delle cose incompiute.

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