venerdì 10 gennaio 2014

Rush

No, non è una foto d'epoca - ma lo si capisce solo perchè c'è Vincent Riotta...




Non ho potuto aspettare fino a febbraio per vederlo al cinema in Giappone. Andrò sicuramente a rivederlo sul grande schermo, ma durante il volo da Helsinki a Nagoya, Rush era disponibile e l'ho guardato.
Non riesco ancora a staccare la testa e il cuore da questo film, sul quale si può dire qualunque cosa, ma che mi ha riportato indietro nel tempo e nelle emozioni in un modo che mi ha quasi scioccato.
La prima osservazione è che mi duole immensamente per chi non lo avesse visto nella versione originale non doppiata. L'attore che interpreta Niki è talmente straordinario anche nel replicare la postura, la voce e l'inflessione da far pensare a una reincarnazione. L'accento purtroppo sparisce completamente nel doppiaggio italiano  (sì, ne ho visto anche un pezzetto nella versione italiana, per farmi un'idea). Immagino che per le generazioni che non hanno respirato aria e Ferrari come me il dettaglio dell'accento sia secondario, ma per me invece è parte integrante di questo tuffo nel passato, non solo storico, ma anche emotivo.
Sono rimasta allibita nel sentire risorgere inalterate le stesse emozioni - cielo, io c'ero, negli anni Settanta, e ho vissuto gli eventi narrati nel film come se non esistesse nient'altro che la Formula Uno, la Ferrari e Niki Lauda nella mia vita.
La forza dell'antipatia, o forse è più corretto dire proprio ODIO, che nutrivo nei confronti di James Hunt e della MacLaren mi ha ripreso alla gola come se non fosse passato un solo giorno. L'angoscia per Niki in ospedale, la gioia selvaggia per il suo ritorno a Monza e l'abissale tristezza per il suo ritiro al Fuji si sono riproposte intatte. Non dimenticherò mai quella levataccia per vedere il Gran Premio del Giappone.
Avevo quasi paura di guardare, per timore proprio di rimanere squarciata dalla ricostruzione (fedele o infedele che fosse) di quegli eventi che hanno contato così tanto per me. Il risultato mi ha sorpreso in positivo, anche se si potrebbero muovere degli appunti su alcune scelte di Ron Howard. La parte della storia che ha voluto raccontare l'ha raccontata divinamente: forse io avrei voluto che fosse espansa, ma più per la brama di rivivere quei giorni, che non per l'economia della vicenda. Un po' di italiano broccolino in meno avrebbe giovato, ma sono solo sprazzi qua e là, nel complesso si sente anche qualche frase sensata in italiano autentico.
La ricostruzione è davvero vicina alla perfezione: il casting è straordinario: Marlene, il Drake - manca Forghieri, sostituito da un appesantito Vincent Riotta: amo l'attore, ma non capisco chi volesse essere. Montezemolo è troppo alto nel film, e fortunatamente quasi muto. La fotografia è azzeccatissima, i costumi impeccabili (fino all'ultimo patch degli sponsor)... e le auto, mio Dio, le auto! Le divine 312 T2, le Tyrrell a sei ruote, le Lotus nella livrea JPS, la March arancione di Brambilla... Risentire poi tutti i nomi e rivedere i caschi, i cui colori conoscevo a memoria... un crepacuore continuo.)
D'altra parte un film è solo un film, anche se in casi come questi fa risuonare in me molto, molto di più.



1 commento:

LadyJack ha detto...

Oh sì... altri tempi.
Noi abbiamo vissuto la Ferrari degli anni Settanta; abbiamo tifato per Niki e penato per lui; VEDEMMO James Hunt dal vivo al motor Show. E questo nessuno ce lo può togliere.