martedì 1 maggio 2012

I luoghi dell'anima - parte seconda

Ho definito più volte il Giappone il luogo della mia pace. Certamente, sono sempre venuta qui in vacanza, a fare una cosa che amo molto e che significa tantissimo per me, ma davvero la prima volta che misi piede qui, non fu proprio così - anzi, le prime 4 settimane nel lontano 1995 mi lasciarono così disgustata e satura, che preferii non unirmi alla Nazionale per i Mondiali di Kyoto del 1997. Semplicemente l'idea di tornare in Giappone di inorridiva. Ci sono voluti 10 anni infatti, da quella prima volta, prima che mi decidessi a tornare - quasi obtorto collo - per provare il sesto dan a Kitamoto. Non passai l'esame e per giunta mi organizzai per rimanere in Giappone il minimo indispensabile, prima di passare in Corea con Valentina: ma l'esperienza fu così folgorante in senso positivo che mi dissi: "ma perchè mai non ci sono mai più voluta venire?". Dal 2005, non ho più mancato un anno, quindi questa è la mia 9a visita.
Quello che mi stramazzò durante la prima scorribanda del 1995 (che peraltro ebbe momenti positivi e memorabili) fu un atroce mal di schiena che continuò ad azzannarmi per la maggior parte delle 4 settimane. Diedi la colpa alla corvè di pulizie a Kitamoto - più probabilmente fu il lungo volo nell'immobilità e la pratica quotidiana piuttosto dura. Oggi mi ritrovo un po' nella stessa situazione, dopo un bel colpetto della strega che mi ha semiparalizzato sabato pomeriggio scorso, ma certamente lo spirito è diverso.
Prima di tutto, ho avuto intorno un sacco di amici (in particolare Fumi) che mi hanno aiutato in tutti i modi. Poi una bella scorta di naprossene sodico ha fatto il resto. Infine, mi sono rassegnata a un pochino di riposo - che se da un lato mi frustra, dall'altro male non può poi farmi. Accidenti, se il corpo ti parla, prima o poi bisogna pure ascoltare. Oggi sto molto meglio, ma anche per domani cercherò di fare la turista e mi limiterò ad osservare gli esami degli ottavi dan.

Il luogo della mia pace, dicevo: essere fra amici che capiscono la mia passione, assorbire il Kendo nella sua forma più energica e tecnica, assieme agli studenti dei Maestri Sakudo e Kanzaki dell'università di Osaka, o nella forma più sociale e amichevole, con il clan di Takasaki del Maestro Tani e la cerchia di Fumi; che cosa chiedere di più? in più ci sono tempi di recupero fra gli allenamenti che sono forzatamente di riposo e di riflessione. Infine, Kyoto in maggio è di solito tiepida e piena di gente: una gioia da attraversare in taxi o a piedi. Nei prossimi giorni incontrerò altri amici, sarà una festa. Come non essere in pace con il mondo?

In verità, io mi ricarico durante questi soggiorni, come se respirassi e mi nutrissi di questa energia che sento solo qui. Forse perchè il Kendo tira fuori il meglio di me e qui se ne fa e se ne parla tanto, forse perchè gli amici che si fanno attraverso il Kendo hanno una qualità particolare: la trasparenza. Qui mi sento benvenuta e sono certa che le espressioni di gentilezza che ricevo qui sono vere e non di maniera, perchè tramite il Kendo posso verificare direttamente il cuore delle persone. Qui mi sento accettata e accolta con affetto e interesse, qui anche io emano qualcosa che vedo rispecchiato negli occhi di chi mi sta intorno. Qui ho delle conferme, di essere un essere umano che ha qualcosa di positivo da dare. Qui non può esserci finzione o tornaconto: tutti i dubbi che ho su me stessa altrove, qui non hanno spazio.  Ci sono scambi veri, preziosi, e certamente ne ho bisogno come l'aria, dopo aver perso così tanto di me, buttando energia e tempo in relazioni fittizie e melmose, piene di silenzi pesanti come bugie, solo travestite di una reciprocità simulata.
Qui non devo più domandarmi, "ma valgo così poco, da dovermi aspettare così poca verità, così poco interesse, così poca vicinanza, così poco amore, nel senso più lato della parola?".
Non c'è da meravigliarsi se per me tornare qui è come tornare a casa. 



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