domenica 12 febbraio 2012

A rebours

Questa Bologna sepolta sotto la neve, dove I cumuli ai bordi delle strade sono alti come auto (inevitabile pensare al Commendator Alboino del mio Marcovaldo), dove i suoni si attutiscono e le luci si amplificano, ha forse qualcosa di proustiano? E’ una osservazione banale, in fondo: cosi’ tanti luoghi, situazioni, persone mi riportano al passato, che e’ inevitabile che mi senta riportata giu’ per la china che invece con tanta fatica ho percorso negli anni. E mi pare ironico, in un momento in cui parole, sentimenti, momenti vicini sarebbero da dimenticare sopire cancellare, che invece il passato si riproponga continuamente, in una forma di revisionismo storico che a tratti mi disturba un po’.
Ceno  con un amico che sta attraversando un momento complicato – ma per fortuna sembra stia gia’ risalendo la marea – e ripenso a quando eravamo entrambi pieni di progetti ed idee, intrisi di infinita potenzialita’ e soprattutto ignari di tante cose che avrebbero drasticamente cambiato la nostra vita. Riporto alla mente le chiacchiere di stasera e penso alle rinunce o alle scelte che abbiamo fatto in nome di quelli che ritenevamo ideali, ma che, riguardando bene, erano solamente figmenti della nostra immaginazione: lui vissuto nella convizione di avere l’amore, io di avere la carriera (non esclusivamente, per entrambi), ci troviamo a interrogarci su quello a cui si e’ rinunciato in nome di una donna indegna e dove ha portato una idea arbitraria di progressione. Quello che abbiamo fatto, quello che NON abbiamo fatto, in nome di cosa, in nome di chi?
Le risposte, il mio amico, ahilui, le dovra’ trovare da solo – e son contenta che almeno una parte della sua vita stia per riaccendersi dopo tanto appannamento. Le mie risposte, per una volta sono piu’ chiare.
So di avere fatto tanto perche’ sono stata programmata (talvolta involontariamente) a farlo. Bene. Ho soddisfatto una pulsione. Ma poi? Se avessi una chance, rifarei tutto uguale? Ma certo che no. Tuttavia, nell’esaminare la mia biografia sintetica, vedo un filo conduttore, vedo una sequenza di concatenamenti – come nel gioco del Bersaglio della Settimana Enigmistica, ogni passo si connette bizzarramente al precedente, in un balletto che tutto sommato non giudico nemmeno esteticamente spiacevole.
Mi piace pensare di non avere rimpianti – di aver sempre fatto la scelta che in quel momento, per le conoscenze che avevo e per la mia capacita’ di comprensione, tuttora giudicherei sensata... significa forse che dal momento ti con zero ad oggi ci sia stato una sorta di percorso obbligato? Una catena inevitabile di causa ed effetto? In un certo senso si’, inevitabile per la Donatella che ero:  d’altra parte non si puo’ essere fuori di se’  stessi.... o perlomeno, questo e' un talento che mi manca.
Lo ammetto, questo pensiero mi da’ non poco conforto – come se, invece di un tunnel  oscuro come il cunicolo di una miniera, dietro di me si allungasse un luminoso corridoio, dalle pareti levigate color pastello. Non temo mostri che mi sbuchino alle spalle. Eppure, l’origine di questa situazione confortante e’ anche la radice di tante mie inquietudini.  Io ho sempre scelto per me e solo per me. Mai ho dovuto edulcorare le mie decisioni per includere qualcuno – con una specie di fissazione adamantina, ho proseguito per la mia via, perdendo talvolta gli accompagnatori che non riuscivano a stare al passo. E questo l’ho superato senza un’ombra di rimorso, certa come ero di quello che andava fatto. Mi accorgo di quanto spaventosa sia stata questa determinazione per chiunque mi si avvicinasse. E probabilmente e’ lo stesso spettro che mi aleggia sulle spalle ora e che mi isola dall’unica cosa che veramente desidero – condividere, trovare un’anima  gemella nel senso piu’ ampio, avere un interlocutore.
E se potessi davvero imbarcarmi in questo viaggio a ritroso, da quando questa aura ha cominciato ad avvolgermi? Esiste un punto ti in cui qualcosa mi ha cambiato? Da quando ho cominciato a fare paura?
Mi torna in mente un momento topico, che sicuramente apparteneva all’era in cui ero “altro”. Un ragazzo che mi piaceva moltissimo (nei lontani anni Ottanta) mi disse: “Vuoi diventare la mia Principessa Leia?”. Io ero di certo persa di lui, ma perche’ potesse avere il coraggio di farmi una proposta in termini cosi’ sconcertanti, non doveva temermi di sicuro. Oggi lo avrei seppellito sotto una risata, ma allora fui istantaneamente conquistata.
Va detto, per la cronaca, che fra noi duro’ pochissimo.

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