mercoledì 14 settembre 2011
Life is not a game of perfect
Diciamo che sto un po' estendendo l'ambito del libro... Golf is not a game of perfect del Dottor Bob Rotella è un piccolo libro pieno di sano buon senso. Non avevo mai letto un testo di uno psicologo dello sport, anche se dopo 26 anni di kendo a tutti i livelli (competitrice, arbitro, insegnante) una idea sull'argomento credo di essermela fatta. Certo fa parte di questo trend tutto nuovo il fatto che abbia cominciato con il libro di un "allarga-cervelli" per giocatori professionisti di golf.
Il nostro Rotella inizia con una sparata un po' americana: Una persona con grandi sogni può ottenere grandi cose. OK, bello, ma che altro potrà dire sullo stesso tono nelle restanti 200 pagine? Entra in contatto con il campione che c'è in te o altre platitudini del genere? Fortunatamente il Rotella (che per altro ha un incredibile successo nel proprio lavoro) distilla dalla sua lunga serie di casi clinici una serie di consigli molto meno esotici e molto più pratici ed evita le vette perigliose del misticismo golfistico (che mi fa piuttosto accapponare la pelle).
Il golf non è un gioco di perfezione, se così si può tradurre il titolo. Il Nostro definisce macho l'atteggiamento di chi pensa che sparare la pallina il più lontano possibile dal tee sia l'unica vera virtù, elogia il libero arbitrio di chi non accetta di farsi condizionare per un intero round solo dalle prime buche fallite e indica, con ammirevole, semplice concretezza, la strada per sviluppare la giusta confidenza nelle proprie capacità .
Non c'è da stupirsi che il primo istinto sia stato quello di cercare dei punti di contatto e di applicazione al kendo, di cui sono assai più competente come coach di quanto non possa esserlo come neofita nel golf: mutatis mutandis, visto che nel kendo l'avversario esterno scompiglia le carte in tavola. Ma rimane una verità irrefutabile che non esistano i cosiddetti momenti di grazia di un atleta, ma che chi esegue un colpo (o una tecnica) di alta classe lo fa perchè "ce l'ha dentro" e il lavoro è proprio quello di tirarlo fuori con costanza, come dico sempre ai miei allievi - e su questo io e il Rotella siamo allineati.
Di qui tracciando paralleli, ho pensato che dal kendo io non faccio altro che trarre spunti per la mia vita - in un contesto semplificato è molto più facile individuare le dinamiche e trasferirle a mo' di guida nel caos senza regole della vita fuori dal dojo. Penso che questo sia un esercizio utile, quindi anche il Dottor Rotella ha delle chances di entrare nella mia lista di eminenze grigie. D'altra parte, come negare che le persone in gran parte diventano quello che pensano di sé stesse?
Ma il concetto che è più rimasto con me è stato quello della Memoria Selettiva, che deve essere breve per i fallimenti, lunga per i successi. Un'idea che giustifica il trasferimento sul caddie di turno della rabbia per un colpo malriuscito, per non fissare nel ricordo, con troppa pervicacia, la delusione di una esecuzione scadente.
Il campione si deve difendere dai cattivi pensieri, per rimanere all'altezza del proprio potenziale. Mmm, un concetto del genere, per una come me, tormentata dalla propria incapacità di dimenticare, non poteva non toccare qualche corda... ci penserò, non è detto che ci riesca, ma forse mi aiuterà a capire chi, con la memoria selettiva, ha grande dimestichezza.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento