Questo fine settimana si festeggia il Setsubun - ovvero l'ultimo giorno prima della Primavera, che secondo il calendario lunare inizia il 4 febbraio. Sembra incredibile, ma qui è primavera davvero. La temperatura è salita in modo sensibile ed io sono già preoccupata di non avere (di nuovo) i vestiti adatti.
Essendo Setsubun, si va nei santuari Shinto a farsi buttare i fagioli. Vengono gettati sulla gente dai sacerdoti e acchiapparli al volo è un obiettivo molto ambito. Giusto perchè siamo in Giappone, queste situazioni non si trasformano in bagni di sangue: tutti sono molto composti - oppure, come me, si comprano una bustina di fagioli e un biglietto della lotteria per 200 o 300 modici yen.
Ho voluto fare le cose per bene e come al solito ho passato la giornata camminando - non esattamente riposante, dopo un sabato di kendo intensivo.
Alle 13, danza delle maiko allo Yasaka Jinja, giù a Gion. Prima la danza tradizionale, poi sacerdoti e maiko buttano i fagioli (che servono a scacciare la sfortuna) sugli astanti.
Come al solito, il mio primo obiettivo è l'osservazione dei Giapponesi, quindi, non contenta, mi sono fatta prima una lunga passeggiata fino al mercato coperto di Nishiki Dori, solo per il gusto di accodarmi alla folla della domenica pomeriggio. Mi sono ricomprata le gelatine al the verde che si erano autodistrutte nel bagaglio a mano durante il volo di ritorno natalizio. Me ne sono mangiate alcune subito, per non correre rischi analoghi. Buone, non irresistibili, ma buone. Continuo nel mio tentativo di recuperare il rapporto con la pasticceria giapponese, impresa che ritengo disperata, ma che almeno mi ha regalato i mitarashi dango.
Per completare la giornata, sono andata anche allo Yoshida Jinja, vicino all'università. Cielo, la scala è diversa, soprattutto per l'infinita teoria di stand gastronomici che prosegue in quadruplice fila fin dentro al santuario. Mercanti nel tempio? I Giapponesi non moraleggiano in merito.
Non ho ceduto alla tentazione, più per principio (non sono una, per dirla come avrebbe detto papà, "con il becco sempre aperto") che per altro. Fuori pasto non mangio e per giunta una certa Sindrome da Asino di Buridano mi ha un po' paralizzato: la scelta era impressionante: ramen, yakitori, salsiccie tedesce, kebab turchi, hamburger monumentali, okonomiyaki, takoyaki, yakisoba, yakiudon, pescetti alla griglia, mele e fragole candite sullo stecco e certe imbarazzanti banane ricoperte di cioccolato rosa (ehm...), punteggiate di granelline dolci... profumi deliziosi e prezzi più o meno oltraggiosi - naturalmente folla strabocchevole, che mi ha costretto ad avanzare fino al santuario a passo di formica.
Una volta arrivata ho comprato i miei fagioli in bustina, ho ammirato la danza rituale di una miko che consacrava frecce-amuleto per i fedeli (solamente 3000 yen l'una), ho guardato distrattamente i premi della lotteria monstre di cui mi è stato consegnato un biglietto, insieme ai fagioli, mi sono arrampicata un po' per i sentieri e le scalinate del santuario e poi me ne sono tornata, lentamente, a casa.
Stanca morta.
Essendo Setsubun, si va nei santuari Shinto a farsi buttare i fagioli. Vengono gettati sulla gente dai sacerdoti e acchiapparli al volo è un obiettivo molto ambito. Giusto perchè siamo in Giappone, queste situazioni non si trasformano in bagni di sangue: tutti sono molto composti - oppure, come me, si comprano una bustina di fagioli e un biglietto della lotteria per 200 o 300 modici yen.
Ho voluto fare le cose per bene e come al solito ho passato la giornata camminando - non esattamente riposante, dopo un sabato di kendo intensivo.
Alle 13, danza delle maiko allo Yasaka Jinja, giù a Gion. Prima la danza tradizionale, poi sacerdoti e maiko buttano i fagioli (che servono a scacciare la sfortuna) sugli astanti.
Come al solito, il mio primo obiettivo è l'osservazione dei Giapponesi, quindi, non contenta, mi sono fatta prima una lunga passeggiata fino al mercato coperto di Nishiki Dori, solo per il gusto di accodarmi alla folla della domenica pomeriggio. Mi sono ricomprata le gelatine al the verde che si erano autodistrutte nel bagaglio a mano durante il volo di ritorno natalizio. Me ne sono mangiate alcune subito, per non correre rischi analoghi. Buone, non irresistibili, ma buone. Continuo nel mio tentativo di recuperare il rapporto con la pasticceria giapponese, impresa che ritengo disperata, ma che almeno mi ha regalato i mitarashi dango.
Per completare la giornata, sono andata anche allo Yoshida Jinja, vicino all'università. Cielo, la scala è diversa, soprattutto per l'infinita teoria di stand gastronomici che prosegue in quadruplice fila fin dentro al santuario. Mercanti nel tempio? I Giapponesi non moraleggiano in merito.
Non ho ceduto alla tentazione, più per principio (non sono una, per dirla come avrebbe detto papà, "con il becco sempre aperto") che per altro. Fuori pasto non mangio e per giunta una certa Sindrome da Asino di Buridano mi ha un po' paralizzato: la scelta era impressionante: ramen, yakitori, salsiccie tedesce, kebab turchi, hamburger monumentali, okonomiyaki, takoyaki, yakisoba, yakiudon, pescetti alla griglia, mele e fragole candite sullo stecco e certe imbarazzanti banane ricoperte di cioccolato rosa (ehm...), punteggiate di granelline dolci... profumi deliziosi e prezzi più o meno oltraggiosi - naturalmente folla strabocchevole, che mi ha costretto ad avanzare fino al santuario a passo di formica.
Una volta arrivata ho comprato i miei fagioli in bustina, ho ammirato la danza rituale di una miko che consacrava frecce-amuleto per i fedeli (solamente 3000 yen l'una), ho guardato distrattamente i premi della lotteria monstre di cui mi è stato consegnato un biglietto, insieme ai fagioli, mi sono arrampicata un po' per i sentieri e le scalinate del santuario e poi me ne sono tornata, lentamente, a casa.
Stanca morta.
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