Effettivamente, conoscere se' stessi e' un lavoro duro.
Ovviamente, per definizione, non sappiamo come reagiremo di fronte ad ogni circostanza, solo avendo estrapolato un trend dalle serie storiche precedenti.
Mi spiego: se io so di avere poca tolleranza, che so, per la puzza di fumo stantio sugli abiti, so per certo che anche la prossima volta che mi trovero' ad annusare quell'indescrivibile olezzo di lercio che puo' essere generato da un oggetto apparentemente cosi' piccino come una sigaretta, avro' un moto di disgusto e di rifiuto: le serie storiche me lo dicono. Quello che non mi dicono, pero', e' quanto l'intolleranza si accentui ogni volta che il fenomeno si ripete.
Mi stupisco, dunque, di come situazioni che una volta mi avrebbero lasciato quasi indifferente o blandamente infastidita, ora provochino impennate di rifiuto al limite dell'esistenziale.
Si dice (e io ci credo) che invecchiando si peggiori. E' la motivazione per cui le persone della mia eta' provano disapprovazione per i cosiddetti "giovani d'oggi". Tutti sapranno rapidamente elencare una ventina di ottime ragioni per cui i "giovani d'oggi" sono effettivamente degni di riprovazione: ma dal momento che ogni generazione ha sempre avuto lo stesso tipo di atteggiamento nei confronti della propria rispettiva occorrenza di "giovani d'oggi", c'e' da pensare che una parte della responsabilita' di questo giudizio severo sia nello stesso inevitabile sgretolamento della tolleranza che io sto sperimentando.
Non sopporto piu' tanto bene dover fare cose contro la mia volonta'. Non sopporto stare in compagnie che non ho scelto, senza facolta' di lasciare la compagnia medesima quando lo desidero. Non sopporto che la cameriera dell'hotel tocchi il mio pigiama. Non sopporto che qualcuno, in modo implicito od esplicito prenda decisioni per me. Non sopporto chi spreca il mio tempo o la mia attenzione chiedendo consigli che poi non segue. Non sopporto dover essere materna e comprensiva e politically correct e sorridente anche quando non ne ho affatto voglia. E via di questo passo.
Conoscersi, dunque, e' cruciale.
Rifletto spesso sulla mia solitudine: ma vedendo tutto quello che non sopporto, piu' che una iattura, e' il marginale downside della sublime liberta' di cui godo.
Dopo aver per incidente sfiorato il disagio e il malessere di chi e' veramente malato di mente, mi sono detta che le mie ossessioni e i miei malumori sono acqua fresca.
Probabilmente e' solo un altro modo di contare i miei blessings, ma piu' il tempo passa piu' mi dico che, viste la realistiche aspettative che la vita puo' offrire, il mio score e' decisamente above par.
Ovviamente, per definizione, non sappiamo come reagiremo di fronte ad ogni circostanza, solo avendo estrapolato un trend dalle serie storiche precedenti.
Mi spiego: se io so di avere poca tolleranza, che so, per la puzza di fumo stantio sugli abiti, so per certo che anche la prossima volta che mi trovero' ad annusare quell'indescrivibile olezzo di lercio che puo' essere generato da un oggetto apparentemente cosi' piccino come una sigaretta, avro' un moto di disgusto e di rifiuto: le serie storiche me lo dicono. Quello che non mi dicono, pero', e' quanto l'intolleranza si accentui ogni volta che il fenomeno si ripete.
Mi stupisco, dunque, di come situazioni che una volta mi avrebbero lasciato quasi indifferente o blandamente infastidita, ora provochino impennate di rifiuto al limite dell'esistenziale.
Si dice (e io ci credo) che invecchiando si peggiori. E' la motivazione per cui le persone della mia eta' provano disapprovazione per i cosiddetti "giovani d'oggi". Tutti sapranno rapidamente elencare una ventina di ottime ragioni per cui i "giovani d'oggi" sono effettivamente degni di riprovazione: ma dal momento che ogni generazione ha sempre avuto lo stesso tipo di atteggiamento nei confronti della propria rispettiva occorrenza di "giovani d'oggi", c'e' da pensare che una parte della responsabilita' di questo giudizio severo sia nello stesso inevitabile sgretolamento della tolleranza che io sto sperimentando.
Non sopporto piu' tanto bene dover fare cose contro la mia volonta'. Non sopporto stare in compagnie che non ho scelto, senza facolta' di lasciare la compagnia medesima quando lo desidero. Non sopporto che la cameriera dell'hotel tocchi il mio pigiama. Non sopporto che qualcuno, in modo implicito od esplicito prenda decisioni per me. Non sopporto chi spreca il mio tempo o la mia attenzione chiedendo consigli che poi non segue. Non sopporto dover essere materna e comprensiva e politically correct e sorridente anche quando non ne ho affatto voglia. E via di questo passo.
Conoscersi, dunque, e' cruciale.
Rifletto spesso sulla mia solitudine: ma vedendo tutto quello che non sopporto, piu' che una iattura, e' il marginale downside della sublime liberta' di cui godo.
Dopo aver per incidente sfiorato il disagio e il malessere di chi e' veramente malato di mente, mi sono detta che le mie ossessioni e i miei malumori sono acqua fresca.
Probabilmente e' solo un altro modo di contare i miei blessings, ma piu' il tempo passa piu' mi dico che, viste la realistiche aspettative che la vita puo' offrire, il mio score e' decisamente above par.
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