Sveglia alle 4,30, l'aereo parte alle 6 e 10. Decolliamo dal Marconi, fra le mani un libro. No, non un libro, IL Libro, la Sacra Gita, ma mascherato da romanzo. Ogni pagina parla di golf, di colpi eccezionali, di giganti dello swing, ma in realtà allude al campo di battaglia di Kurukshetra, al Divino Auriga ed al nobile Arciere figlio di Pandu.
Voliamo verso nord, nell'aurora. La Pianura Padana è una sagoma nera, un tappeto che si sfrangia verso l'Adriatico. Il mare è un foglio d'argento, e d'argento è il fiume, che si snoda luminoso verso il Delta: la sagoma è inconfondibile, le Valli si allungano parallele alla costa sottile, i rami terminali del Po si dipartono, netti nel contrasto fra la terra oscura e l'acqua argentea. Una grande mappa in silhouette, ritagliata con certosina precisione. Più in alto ecco le isole della Laguna di Venezia, nette, distinte, emergono oscure dal mare. Ad un tratto, sul panorama in nero-argento, giusto sul bordo di uno strato di nuvole altrettanto nero, si accende un punto di fuoco: il sole sta sorgendo, in tutta la sua gloria, del medesimo rosso di un hinomaru su una bandiera. Ascende veloce, si libera delle nuvole, il cielo si trasforma, mentre la terra scorre verso le Alpi, il mare è svanito e con esso il suo argento.
Che altro avrebbe dovuto mostrare il Signore Krishna, Syamasundara, bello e nero come le nubi cariche di pioggia, al suo devoto Arjuna, per convincerlo della sua divinità?
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