martedì 1 giugno 2010

Up in the air



Eccomi qua, nel paradiso dei frequent travellers – la business class, quella vera, non quella dell’upgrade a sorpresa, quella strapagata, quella definitiva.
Prima di tutto euforia. Tutti ti chiedono come stai, ti augurano un buon volo, ti salutano, ti omaggiano, ti riempiono di gadgets, ti offrono da bere in continuazione. E tovagliette di lino e bicchieri di vetro e il menu a scelta. Posti come piazze d’armi, schermi piu’ grandi coperte piu’ morbide, cuscini con le federe.
Poi ti rendi conto che in prevalenza i viaggiatori di business sono uomini di vescica debole. Orridi piscioni che riducono la toilette come quella di un accelerato di terza classe sulla tratta Bisceglie-Monopoli. E poi la business class da’ assuefazione. Bastano due ore e ti domandi come hai fatto a viaggiare in un altro modo – con le ginocchia al petto, con i vicini di vescica debole che invece di sfilarti a fianco ti costringono ad alzarti e a fare due passi per ingannare l’attesa e con le hostesses che ti tollerano appena.
E poi, adesso sono Privium – mi hanno scannerizzato le iridi, sono diventata un pezzo del sistema aeroporto, scivolero’ dentro a Schiphol come un collo di merce, saltero’ le file, guardero’ gli altri poveri mortali dall’alto della mia corsia preferenziale.
Non capisco perche’ tutto questo mi esalti. O forse lo so bene. Un sogno, un miracolo, qualcosa che doveva accadere con naturalezza e invece non e’ accaduto mai – qualcosa di sfiorato appena, ma che doveva essere parte della mia vita normale. E ora ce l’ho. Il mio capo mi ha confermato (sai che sorpresa), questa vita andra’ avanti. Le miglia si accumuleranno, potro’ viaggiare di linea, le lounges di business saranno mie per sempre. Se tutto questo riesce ad andare avanti per qualche anno (e qualche idiota maniaco dei costi non me lo strappa domani) potro’dire di aver realizzato uno dei miei sogni. Ho talmente tanto che sto approssimando la felicita’ – sto tendendoci asintoticamente. E mi dico di tenere giu’ la testa, per far si’ che gli dei non se ne accorgano.

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