La mia vita qui a Kyoto è piena di sorprese. Credevo di aver firmato un contratto di affitto fino al 7 ottobre, no, mi chiedono di trasferirmi in un altra weekly mansion entro una settimana, per rimanerci fino al 15 novembre. Va bene, mi limito a dire al padrone di casa che sia gentile quando ricalcola l'affitto del prossimo mese. Mi aiuterà con il trasloco, non che abbia tanto: due trolley, uno zaino, il sacco del bougu e qualche sacchetto, ma meglio andarci con una macchina piuttosto che a piedi. Ancora non so cosa succederà il 15 novembre: notare che quel giorno andrò sparata a Nagoya, perchè il giorno dopo avrò l'esame, men che meno avrò tempo per un trasloco. La Provvidenza aggiusterà le cose
Stamattina, bella giornata di sole. Non devo fare le pulizie questa settimana, ma arrivo lo stesso in anticipo in bicicletta. Salgo in ufficio tutta contenta, ho messo una T-shirt coreana per fare un po' festa alla ragazza coreana che mi sta insegnando un po' le cose. No, non va bene, dice il Capo, scusandosi di non avermelo detto prima. La T-shirt non si addice al dressing code dell'ufficio. Non ho ancora timbrato il cartellino, scendo, prendo la bici, in tre minuti vado a casa, mi cambio e torno. Nessun problema. Anzi, queste cose mi fanno un po' ridere. Mi fa ridere anche il fatto che non mi fanno nè caldo, nè freddo, mentre avverto lo sfrigolio dei nervi scoperti dei miei senpai. E' un ambiente senza la minima flessibilità - se le regole vanno bene, bene, altrimenti non stento a credere che uno presto si senta fuori posto. Il mio giovane collega giapponese prende quotidianamente shampate interminabili dal Capo. Lo si vede che è tesissimo - gli manca l'esperienza del lavoro con i clienti, e pazienza. Ma a quanto pare a lui si richiede un livello di cortesia nell'espressione che sta stentando a maturare. Di qui, le interminabili prediche. Lui in piedi con la faccia contrita, il Capo che parla e parla, per fortuna in Giapponese. Oggi è venuto al lavoro raffreddato. Al secondo colpo di tosse, il Capo lo ha spedito a mettersi la mascherina. Mi sento a volte come Alice davanti alla Regina: un po' ci credo, un po' no.
Tuttavia provo un certo piacere in quello che faccio - in primis perchè addentrandomi in un mondo nuovo, quello del retail via internet. Non ci sono scoperte copernicane, ma è interessante vedere il quadro dal lato della parete.
Le persone poi che si rapportano al Customer Service poi mi danno un utile insegnamento di umiltà. Shoshinsa no kokoro, lo spirito del principiante, sempre buona cosa ricordarlo, specialmente quando sento emergere da dentro certe rispostine taglienti che somministrerei volentieri a certi presuntuosi e maleducati kohai che dovrebbero praticare e sudare di più invece che preoccuparsi del ricamo sulla propria hakama. Zitta e lavora, grazie per la preferenza accordataci, cordiali saluti, avanti il prossimo.
Kyoto certamente fa battere il cuore. Ho scoperto un piccolo giardino/tempio/parco giochi a pochi passi dall'ufficio. Vado al supermercato davanti all'ufficio (si chiama Life, beh, raifu...), mi compro sandwiches o onegiri e la pausa pranzo (autoridotta) la passo sulla panchina. Il vento fa suonare una campanella appesa chissaddove. Passa il furgoncino che raccoglie il cartone, l'altoparlante suona una canzoncina malinconica. La ginko sta cominciando a perdere qualche foglia, ma io tengo d'occhio l'acero, che fra qualche tempo comincerà a virare al rosso infiammato per cui gli autunni di Kyoto vanno famosi. Mangio e torno in ufficio, devo essere dentro esattamente all'una, quindi cerco sempre di tornare anche prima. Via, fino alle sei davanti allo schermo. E' una vita molto semplice, già si complicherà la settimana prossima con la scuola, ma ho fretta di imparare tante cose anche al lavoro, e questo mi entusiasma.
Chissà quando riuscirò a vedere Rush di Ron Howard? già solo vedere le foto di scena o il trailer vado in agitazione. Sì, certo, è la storia (romanzata) di Niki Lauda e James Hunt, ma, accidenti, sono parte della MIA storia. Mi batte il cuore in un modo che non ricordavo da tanto tempo. Non so come spiegarlo. Forse solo chi mi ha conosciuto nei miei anni della Formula Uno può capirlo.
Stamattina, bella giornata di sole. Non devo fare le pulizie questa settimana, ma arrivo lo stesso in anticipo in bicicletta. Salgo in ufficio tutta contenta, ho messo una T-shirt coreana per fare un po' festa alla ragazza coreana che mi sta insegnando un po' le cose. No, non va bene, dice il Capo, scusandosi di non avermelo detto prima. La T-shirt non si addice al dressing code dell'ufficio. Non ho ancora timbrato il cartellino, scendo, prendo la bici, in tre minuti vado a casa, mi cambio e torno. Nessun problema. Anzi, queste cose mi fanno un po' ridere. Mi fa ridere anche il fatto che non mi fanno nè caldo, nè freddo, mentre avverto lo sfrigolio dei nervi scoperti dei miei senpai. E' un ambiente senza la minima flessibilità - se le regole vanno bene, bene, altrimenti non stento a credere che uno presto si senta fuori posto. Il mio giovane collega giapponese prende quotidianamente shampate interminabili dal Capo. Lo si vede che è tesissimo - gli manca l'esperienza del lavoro con i clienti, e pazienza. Ma a quanto pare a lui si richiede un livello di cortesia nell'espressione che sta stentando a maturare. Di qui, le interminabili prediche. Lui in piedi con la faccia contrita, il Capo che parla e parla, per fortuna in Giapponese. Oggi è venuto al lavoro raffreddato. Al secondo colpo di tosse, il Capo lo ha spedito a mettersi la mascherina. Mi sento a volte come Alice davanti alla Regina: un po' ci credo, un po' no.
Tuttavia provo un certo piacere in quello che faccio - in primis perchè addentrandomi in un mondo nuovo, quello del retail via internet. Non ci sono scoperte copernicane, ma è interessante vedere il quadro dal lato della parete.
Le persone poi che si rapportano al Customer Service poi mi danno un utile insegnamento di umiltà. Shoshinsa no kokoro, lo spirito del principiante, sempre buona cosa ricordarlo, specialmente quando sento emergere da dentro certe rispostine taglienti che somministrerei volentieri a certi presuntuosi e maleducati kohai che dovrebbero praticare e sudare di più invece che preoccuparsi del ricamo sulla propria hakama. Zitta e lavora, grazie per la preferenza accordataci, cordiali saluti, avanti il prossimo.
Kyoto certamente fa battere il cuore. Ho scoperto un piccolo giardino/tempio/parco giochi a pochi passi dall'ufficio. Vado al supermercato davanti all'ufficio (si chiama Life, beh, raifu...), mi compro sandwiches o onegiri e la pausa pranzo (autoridotta) la passo sulla panchina. Il vento fa suonare una campanella appesa chissaddove. Passa il furgoncino che raccoglie il cartone, l'altoparlante suona una canzoncina malinconica. La ginko sta cominciando a perdere qualche foglia, ma io tengo d'occhio l'acero, che fra qualche tempo comincerà a virare al rosso infiammato per cui gli autunni di Kyoto vanno famosi. Mangio e torno in ufficio, devo essere dentro esattamente all'una, quindi cerco sempre di tornare anche prima. Via, fino alle sei davanti allo schermo. E' una vita molto semplice, già si complicherà la settimana prossima con la scuola, ma ho fretta di imparare tante cose anche al lavoro, e questo mi entusiasma.
Chissà quando riuscirò a vedere Rush di Ron Howard? già solo vedere le foto di scena o il trailer vado in agitazione. Sì, certo, è la storia (romanzata) di Niki Lauda e James Hunt, ma, accidenti, sono parte della MIA storia. Mi batte il cuore in un modo che non ricordavo da tanto tempo. Non so come spiegarlo. Forse solo chi mi ha conosciuto nei miei anni della Formula Uno può capirlo.
1 commento:
Per ciò che riguarda la tua nuova vita giapponese, non posso che farti i miei auguri, con un po' di stupore (ma mica poi tanto...) per il modo in cui riesci continuamente ad adattarti alle situazioni che ti si presentano.
Per ciò che riguarda "Rush" invece capisco ciò che vuoi dire: ricordo ancora quando vedemmo James Hunt dal vivo al Motor Show... altri tempi ed altre cose, ma non si dimenticano.
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