Mi sono accorta di aver avuto un altro periodo di letargo... dal compleanno non ho scritto piu’ niente, eppure di cose ne sono accadute, alcune importanti, tante un po’ meno. Ho viaggiato ancora e, come dice il mio alter ego in Up in the Air, moving is living. In realta’ il mio lavoro mi ha portato solamente a Praga – e gia’ sto esagerando, perche’ il sobborgo di Barrandov difficilmente ricorda il Ponte Carlo o la Panna Maria (mi piace questa cosa, a Praga tutte le cose hanno un nome di persona...). I viaggi di lavoro cominceranno ad aprile, e se aggiungiamo due settimane in Giappone...
Il Giappone, appunto. Una delle cose importanti di questi ultimi due mesi. Dall’11 marzo, il giorno del terremoto e dello tsunami, non ho passato un giorno senza pensare agli amici – prima per cercarli ed essere rassicurata sulla loro esistenza in vita (!!!), poi per cercare di avere segni della loro quotidianita’... passa la grande tragedia e anche un disastro nucleare sembra un evento marginale. La gente, se non e’ colpita da vicino, ha una limitata capacita’ di sofferenza: si simpatizza per un po’, poi si dimentica.
Io non sono brava a dimenticare – la mia fortuna e la mia maledizione. A volte la sindrome di Alzheimer non pare una cosa cosi’ brutta, quando parole eventi immagini continuano a mulinare nella testa, freschi come nell’ístante in cui li ho registrati. E se c’e’ qualcosa che davvero mi ferisce, e’ l’incoerenza. Le persone dicono cose, o ne fanno, e poi si contraddicono nello stesso fiato. Io che ho fatto della lealta’ e della fedelta’ una bandiera, sono in un certo senso obbligata a ricordare (o forse, la troppa memoria mi ha spinto su questa strada?). Quanto mi stramazza vedere il voltafaccia o, peggio ancora, il sottile decadere! Giorno per giorno annoto i piccoli indizi che segnalano un inizio di abbandono o di dimenticanza, il mio clock interno avverte i ritardi nelle reazioni, il mio termometro sente la temperatura delle anime abbassarsi. E li’ mi dico: ecco, adesso arriva la fine. Di un rapporto, di un’amicizia o solamente di una corrispondenza. Quanto e’ fastidioso riuscire a proiettare esattamente su una linea temporale il momento in cui una persona smettera’ di essere vicina o semplicemente blandamente interessata... ma questo e’ il mio talento, nelle persone vedo meglio che nella palla di cristallo. Purtroppo, non ho ancora elaborato un modo di comportarmi di conseguenza e anche se ho imparato a tagliare con un solo colpo di spada le relazioni moribonde, non ne traggo certo piacere, perche’ i residui rimangono attivi in me piu’a lungo di quanto le barre di plutonio continuino ad essere radioattive. A volte una parola, un gesto, una emozione sbucano dall’archivio, estratte dalla mano invisibile del mio inconscio e io mi ritrovo di nuovo a meta’ del guado. Ma tant’e’: funziono cosi’, se mi conosco so anche come trovare rimedi, piu’ o meno eleganti.
I primi tre mesi dell’anno richiedevano un sacrificio. In quest’anno che sara’ speciale (in bene o in male), meglio cominciare a mettersi avanti con i piccoli dolori, magari gli dei saranno generosi e compenseranno con le grandi gioie. Chi conosce la storia di Policrate di Samo, come la racconta Erodoto? Il mio anello prezioso e’ stato nel primo trimestre dell’anno la cioccolata... ma gli dei mi hanno fatto ripescare l’anello nel ventre del pesce, perche’questo primo trimestre ha portato alcuni brucianti dispiaceri e delusioni. Allora, bisognera’ rincarare la dose, ho pensato: nel secondo trimestre, niente Facebook. Ecco un bel modo di sacrificare qualcosa: in cambio di qualche chiacchiera superficiale o di qualche sbirciata di frodo nelle vite degli altri, ecco che mi riprendo il tempo per scrivere o per comunicare in un modo veramente significativo: uno a uno, i shin den shin, fra persone che vogliono essere individuate e che davvero vogliono parlare con ME, con Donatella, con la persona che sono e non con quella che FB mi fa sembrare. Intendiamoci, io non ho pregiudizali contro Facebook. E’ un buono strumento – ma non va confuso con la vita. Serve a trasmettere un pensiero a tanti, ma solo per un breve istante, come se si scrivesse in cielo con il fumo. Io che voglio ricordare ed essere ricordata (non in senso assoluto, non voglio passare alla storia) mi sento fuori posto, anche se e’ bello tenersi in contatto. Serve reciprocita’, pero’. Ho bisogno di avere conferma che anche gli altri ascoltano me come io ascolto loro – diversamente, ci sarebbe spazio solo per la frustrazione. E direi di averne abbastanza, di frustrazione, per quest’anno.
Il black out durera’ per il secondo quarter dell’anno. Magari alla fine tornera’ tutto come prima – o magari mi accorgero’ di non aver perso nulla. O meglio ancora, gli amici mi cercheranno piu’spesso in vivo. Passeranno tre mesi e vedremo se gli dei avranno accettato il mio sacrificio.
Su Policrate di Samo:
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